L’Università di Padova compie 800 anni: ripercorriamo brevemente otto secoli d’insegnamento dalla sua fondazione, nel 1222, fino a oggi, soffermandoci sugli eventi e i personaggi più importanti legati alla sua storia.
A dispetto del non felice contesto pandemico, il 28 settembre 2021 la Rettrice Daniela Mapelli ha ufficialmente inaugurato le celebrazioni per gli otto secoli dell’Ateneo patavino, omaggiato anche da speciali emissioni filateliche e numismatiche, in coincidenza con l’annuale celebrazione dei moti studenteschi dell’8 febbraio 1848.
Appare quindi giusto offrire il nostro piccolo contributo all’evento, ricordando che gli 800 anni del “Gymnasium omnium disciplinarum” sono altresì otto secoli di ininterrotto insegnamento delle scienze giuridiche, iniziato quando al principio del XIII secolo un gruppo di scolari e maestri bolognesi si trasferì tra la Brenta e il Bacchiglione alla ricerca di quella libertà d’indagine che nella città felsinea mancava.
Si veniva a costituire, non per promozione cesarea, regia o pontificia, ma per spontaneo moto dei legisti, una universitas scholarium, che nel solco della tradizione corporativa medievale diveniva non solo luogo di condivisione del sapere, ma anche di mutua assistenza e difesa.
Proprio la spontaneità di questa aggregazione non ha consentito l’individuazione di uno strumento formale costitutivo del sodalizio anche se, a rendere degna di fede la tradizione che nel 1222 colloca l’evento, sta la trasmissione agli scolari patavini, avvenuta nel 1226, delle decretali di Onorio III, raccolte nell’ultima delle quinque compilationes antiquae. Un fatto, questo, che dimostra come una scuola giuridica padovana dovesse essere ormai attiva da qualche anno e dotata già di un prestigio tale da attirare l’attenzione della Curia romana.
Costantemente protetto dall’autorità comunale e dalla signoria Carrarese, che ne rispettarono sempre l’autonomia pur esercitando un sempre maggiore influsso nella chiamata dei Maestri (tra i quali lo stesso Baldo), lo Studio si sviluppò nel corso del secolo successivo, conservando una evidente preminenza degli studi giuridici, cui l’insegnamento delle arti liberali era visto come propedeutico.
Infatti solo nel 1399, grazie al sapiente contributo di Francesco II da Carrara si giungerà all’equiparazione di queste ai primi, con la suddivisione dello Studio nelle due universitates, iuristarum ed artistarum, ciascuna con un proprio rettore, che verrà conservata anche sotto il dominio veneziano, iniziato nel 1405, e che nel sigillo dell’Ateneo, effigiante Santa Caterina e il Cristo risorto, rispettivi patroni, viene ancor oggi ricordata.
Contrariamente a quanto sarebbe stato lecito attendersi dalla fine dell’autonomia politica padovana, proprio la conquista veneziana darà il via all’epoca aurea dell’Ateneo patavino, che aveva ottenuto dal Senato, il 31 aprile 1407, l’affidamento monopolistico degli studi universitari per tutto il territorio della Serenissima. Questi, già dal 1493, verranno concentrati nell’Hospitium Bovis (vulgo “Palazzo del Bo” anche solo “Il Bo”), ancora oggi sede non solo del rettorato ma anche della Scuola di Giurisprudenza
Questa liberale tutela, affidata all’apposita magistratura dei “riformatori dello Studio di Padova”, si concreterà nella chiamata presso l’Ateneo dei più illustri maestri del mos italicus e, al di fuori del campo giuridico, nello sviluppo del metodo scientifico, che vide in Galileo Galilei il proprio alfiere.
Per tutta la prima età moderna l’università di Padova, continuò a richiamare studenti da ogni contrada, tra loro suddivisi in nationes secondo la provenienza geografica, i quali godevano di grandi privilegi e di una sostanziale immunità. Questo favor del governo veneto, evidentemente volto a non disperdere l’afflusso di studenti stranieri, è testimoniato tra gli altri dallo stesso Giacomo Casanova che della scuola giuridica fu discepolo, conseguendo a suo dire il dottorato con la tesi in diritto civile “de testamentis” e quella in diritto canonico “Utrum haebraei possint construere novas synagogas”.
Il crollo della Serenissima e le successive conquiste francese ed austriaca, se da un lato portarono l’Ateneo a vedersi per la prima volta “declassato” dal centro alla periferia, dall’altro gli consentirono di dotarsi di un’organizzazione secondo il modello illuministico che è ancor oggi sostanzialmente rispettata.
Pur lontana dai fasti del passato, l’ormai “facoltà” giuridica dell’”Imperial-Regia Università”, riuscì a raggiungere un nuovo primato quando, nel 1857, vide costituita la prima cattedra autonoma di storia del diritto, affidata ad Antonio Pertile.
Sarà però l’Unità d’Italia a dare nuovo slancio alla Facoltà di Giurisprudenza, fino a giungere, con il XX secolo, ad un periodo di forse massimo splendore, illuminato dal magistero di Vittorio Polacco, Francesco Santoro Passarelli, Luigi Carraro e Alberto Trabucchi nel diritto civile, di Luigi Luzzatti, Donato Donati, Enrico Guicciardi, Vezio Crisafulli e Livio Paladin nel diritto pubblico e costituzionale, di Francesco Carnelutti, Salvatore Satta, Enrico Allorio e Aldo Attardi nel diritto processuale, Vincenzo Manzini, Giuseppe Bettiol e Alessandro Calvi nel diritto criminale, Alberto Asquini, Walter Bigiavi e Tullio Ascarelli nel diritto commerciale, Nino Tamassia, Aldo Checchini e Adriano Cavanna nella storia del diritto italiano, Adolfo Ravà, Norberto Bobbio, Giuseppe Capograssi, Enrico Opocher e Francesco Gentile nella filosofia del diritto, Pasquale Voci, Giambattista Impallomeni ed Alberto Burdese nel diritto romano, Mario Ferraboschi e Guido Saraceni nel diritto ecclesiastico e canonico.
In conclusione non possiamo che augurare alla scuola giuridica patavina di poter giungere al prossimo centenario in perfetta continuità con l’insegnamento di questi grandi Maestri, che dalla loro talvolta grande diversità di opinioni, seppero trarre armonia e fare onore a quel motto che dell’Ateneo è il manifesto: “universa universis patavina libertas”.
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