Luglio 1892. Siamo in Sicilia e, anche se allora non c’era il riscaldamento globale, si sa che in estate in Sicilia fa caldo. Il luogo è la Corte di Cassazione di Palermo. Vi ricordate che prima che Mussolini le riunisse tutte a Roma nel 1923 in Italia c’erano cinque corti di cassazione? Palermo era una di queste. Qua il discorso a lutto letto in occasione della sua chiusura.
In udienza di fronte alla Corte, il 9 di luglio del menzionato anno, stava la Signora Giuseppa Seminara che ben oltre dieci anni prima, nel 1879, aveva acquistato un terreno fra la strada pubblica e il mare, tra le località di Tonnarazza e Acqua dei Corsari, sempre nel Comune di Palermo.
Già l’anno successivo la Signora aveva iniziato la costruzione di un muro su quel terreno, ma venne immediatamente bloccata dagli ufficiali comunali, i quali vedevano nella costruzione un abuso, una occupazione di suolo pubblico. Tutto venne sospeso in attesa di un giudizio civile e a questo fine la Seminara nel 1882 citò in giudizio il Sindaco di Palermo, l’Intendente di Finanza e il Capitano del Porto per definire a chi appartenesse quel terreno e come gli appartenesse.
La Signora vantava di averne piena proprietà e che non si potesse rinvenire alcuna usurpazione di suolo pubblico in quanto il terreno era il limite estremo di un ex feudo regolato dal capitolo 491 degli articoli di Alfonso I il Magnanimo risalenti al XIV secolo (ma comunque riconfermato per rescritto del 23 febbraio 1853 da Ferdinando II di Borbone-Due Sicilie).
Il caso alla fine approdò alla Cassazione di Palermo circa dieci anni dopo. I processi civili non sono mai stati rapidi. Nello specifico, tutto procedeva a rilento anche perché non era chiaro quale fosse il diritto da applicarsi, tanto che in primo grado il tribunale ordinò una perizia a proposito. La faccenda comunque in terzo grado non era ancora chiarita.
Prima di tutto bisogna distinguire la spiaggia dal lido: questo è, sulla base del diritto romano, il limite massimo fin dove arriva la marea invernale. La spiaggia è lo spazio di prossimo al mare e che per gli usi marittimi, pubblica sicurezza e difesa militare si ordinò fossero libere da ingombri e per questo appartenenti al pubblico demanio.
In Sicilia, secondo innumerevoli documenti, già dal 1200 i Sovrani emanavano concessioni feudali lungo il mare riservandosi una estensione di terra come di regio demanio «in quan tum a mari infra terrain per jactum balistae pro tenduntur». Ossia un uomo armato di balestra si doveva mettere sulla riva del mare e scagliare una freccia: fin dove sarebbe arrivata era terra del Re.
E le concessioni feudali così determinate in Sicilia rimasero valide e vennero confermate fino alla termine del Regno delle Due Sicilie.
Ma la fine di quel Regno e la successiva unificazione legislativa nazionale andavano a intralciare i desideri di costruire della Seminara. Infatti nel 1863 venne estesa anche alle province siciliane la legge sarda sulle opere pubbliche, la quale prevedeva all’art. 161 un divieto di qualsiasi occupazione permanente fino a 65 metri dal lido. La stessa estensione venne poi confermata nel Codice di Marina Mercantile del 24 ottobre 1877.
Di conseguenza fu così che la Corte di Cassazione di Palermo stabilì che la determinazione del limite demaniale per jactum balistae era cessata dopo circa sei secoli per essere sostituito dal limite fisso di 65 metri stabilito dalla leggi unitarie.
Non c’è quindi bisogno di dire che la Signora Seminara perse il ricorso e dovette abbattere il muro costruito oltre dieci anni prima.
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