Il 18 novembre 1935 entrarono in vigore le sanzioni economiche votate dalla Società delle Nazioni contro l’Italia per l’attacco all’Etiopia. Il Governo fece affiggere sui muri del Comuni del Regno una lapide che documentasse “nei secoli l’enorme ingiustizia”. Mi sono imbattuto, ignaro, in una di queste lapidi e vi racconto con gli occhi del passante distratto di come ne ho ricostruito la storia.
Anzitutto, confesso la mia ignoranza. Pur essendo molto attratto dai relitti fascisti ancora disseminati nelle nostre città sopravvissuti al luglio ’43, siano essi pudicamente occultati o per pigrizia ancora in bella mostra, c’era una cosa che mi mancava e che ora vi racconto.
La scorsa estate ero a San Donato di Ninea, un paesino montano in provincia di Cosenza, ove mi trovavo per sbrigare certi affari. Su alcune delle facciate del paese ci sono ancora le famose scritte propagandistiche del ventennio (“credere obbedire combattere” “viva l’impero”, etc.), alcune sbiadite, altre un po’ goffamente restaurate a nuovo da nostalgici di casa. Non ho nulla contro queste scritte, sinceramente non mi indignano, le prendo come interessanti documenti storici e cerco sempre di saperne di più. Così ho fatto anche a San Donato.
Indagando, mi sono persino accorto che su altri muri del paesino, che si arrovella tra parapetti e strade ripidissime fino a un cucuzzolo che sembra non arrivare mai mentre perdi il fiato, era rimasta qualche traccia appena percettibile del referendum del 2 giugno 1946, con la propaganda pro-monarchia e pro-repubblica in colori diversi. Mi mortifica non avere foto degne.
La mia soddisfazione è stata però frustrata quando all’altezza di uno slargo, poco sopra un fontanile pubblico, ho trovato una lapide che non avevo mai visto.
Ora, io non so se sapete, ma non c’è nulla che più mi piaccia delle lapidi commemorative in giro per la città, tipo che se mi regalaste una lapide commemorativa io sarei molto felice e la incastonerei sopra il divano.
Comunque questa lapide, di dichiarata matrice fascista, aveva un testo strano.
18 – NOVEMBRE – 1935 – XIV
A RICORDO DELL’ASSEDIO PERCHÉ RESTI DOCUMENTATA NEI SECOLI L’ENORME INGIUSTIZIA CONSUMATA CONTRO L’ITALIA
ALLA QUALE TANTO DEVE LA CIVILTÁ
DI TUTTI I CONTINENTI
Ho provato a lungo a rimuginare su quella data per capire a cosa si riferisse, ma ero troppo distratto dalla parola “assedio”. A quale assedio si stava riferendo? Deluso dalla mia ignoranza ho lasciato perdere.
Sono poi passato davanti a quella per me così misteriosa lapide per altri tre giorni di fila, con il fiato distrutto dalla scalinata immane. Finché mi sono arreso e ho interrogato il più noto motore di ricerca online, nemmeno il tempo di finire di digitare la richiesta e… Ma certo! L’embargo!
Sì, quella lapide era lì per “commemorare” le sanzioni deliberate dalla Società delle Nazioni a seguito dell’attacco dell’offensiva bellica dell’Italia all’Etiopia. Consisterono nell’embargo all’importazione ed esportazione di materiale bellico e restarono restò in vigore dal 18 novembre 1935 al luglio 1936.
Le sanzioni, le prime votate dalla SN contro un paese membro, furono a dire il vero del tutto inefficaci, dato che la maggior parte dei paesi continuò a intrattenere rapporti commerciali con l’Italia. Ma furono una ghiotta occasione per far fare un balzo in avanti nella propaganda contro i regimi demoplutocratici.
Già due giorni prima del 18 novembre, il Gran Consiglio aveva stabilito che sulle case di tutti i comuni del Regno fosse murata una pietra ricordo dell’assedio economico. L’organizzazione fu sopraffina. Già a febbraio tutti i comuni avevano ricevuto disposizioni dalle rispettive prefetture. Il Duce in persona aveva scelto il materiale, marmo bianco di Carrara della Società Generale Marmi e Pietre d’Italia di Viareggio. Ma non solo: dettagli minuziosi erano state date anche sul formato della targa, che cambiava a seconda della importanza del comune. Da quella 2 metri x 1, con spessore di 20 centimetri (del costo di 1650 lire), alla più sobria 1,6 metri x 80 cm con spessore 12,5 cm (per sole 850 lire), spese di spedizione escluse.
Naturalmente, le installazioni in tutti i comuni della lapide fu eseguita in pompa magna il 18 novembre 1936, cioè l’anno successivo, quando le sanzioni erano ormai state revocate.
La maggior parte delle lapidi fu abbattuta dopo il 25 luglio ’43, o solo scheggiata per rimuovere i fasci littori che campeggiavano guardiani sui lati.
Non in tutti i paesi, però. Alcune fanno ancora timida mostra di sé, anche se non tutti ricordano perché. Naturalmente, da quel giorno, l’ho notata molte altre volte, una volta addirittura due in un colpo solo, abbandonate e dimesse nel giardino interno di un locale che ogni tanto dalle mie parti frequento.
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