Baratteria, s.f.
Il mondo dei reati degli esponenti della pubblica amministrazione si è allargato nel corso nei secoli, conquistando e facendo propri termini d’imputazione che vanno oltre la semplice accezione di “corruzione”, al fine di dettagliare maggiormente ogni casistica.
Di “baratteria”, Nomen Omen di questa settimana, avevamo già discusso presentandovi un altro di questi reati: Concussione. In quell’occasione avevamo chiamato al banco degli imputati nientemeno che Dante, riprendendo le carte della sua condanna. Tra i capi d’accusa che avevano portato alla condanna d’esilio e interdizione dai pubblici uffici, figura anche la baratteria:
Aver commesso frode e baratterie nel danaro e nelle cose del Comune.
Baratteria: il reato compiuto da un pubblico funzionario che sceglie deliberatamente la via della corruzione nell’attuazione delle proprie mansioni, per danaro o altra forma di ricompensa. Una frode nei confronti dell’istituzione che rappresenta e anche del popolo stesso.
Ma non solo. Il termine è familiare al diritto navale quale danno del comandante di una nave nei confronti del proprio equipaggio, della nave stessa o del suo carico.
Come descrisse il Regio Prof. Carrara:
Tutte quelle male arti con le quali i capitani di mare abusino dell’altrui fiducia per farsi ricchi ingiustamente con inganno e pregiudizio di chi contrattò seco loro.
Uscendo invece dall’ambito del diritto e approdando a quello più gagliardo dei giochi d’azzardo, troviamo “baratteria” come significante del luogo in cui avvenivano i “giochi di piazza” almeno per l’alto medioevo, esercitati dai “barattieri”, individui “professanti mestieri turpi o spregiati”.
Tante definizioni per un unico termine, con un’unica etimologia. Ma quale?
A prima vista sembra cugino di primo grado di “barattare” e “baratto” – meno di “batteria” anche se ci piace l’idea – ed in effetti potrebbe essere così.
Potrebbe perché le reali radici del termine sono tutt’oggi incerte. Tuttavia, ci piace sognare ed eccovi quindi l’ipotesi ad oggi più acclamata.
Sappiamo, o è plausibile ritenere, che al volgare italiano prese forma come *prattare, giunta attraverso l’antico provenzale baratar, “agire, condurre”; trova corrispondenza nell’antico inglese barratrie che aveva anche connotazione negativa, “creare rivolta, ingannare”.
La radice è probabilmente rintracciabile nel greco antico, ΠΡᾱ́ΤΤΩ, prā́ttō, “agire”, dal Proto Indo Europeo *per(h₂)-, “attraversare, portare avanti”.
Etimologicamente parlando quindi, la baratteria è il fare, è la pratica concreta per eccellenza, alla quale va aggiunta la “cattiva intenzione” dell’essere umano che decide di compierla. Una metonimia lessicale simile a quella che abbiamo visto per ebbrezza: dal bere al misfatto del non saper da che parte si è girati, il passo è breve (o quasi) in linguistica storica.
Il termine trova riscontro con il significato di illecito a danno della cosa pubblica già negli Statuti della seconda metà del 1200, mentre la prima codificazione in linguaggio giuridico (“giuridichese” per gli amici) è rintracciabile tra i Commentaria trecenteschi di Bartolo da Sassoferrato, dove viene introdotto come:
Novum nomen delicti, et novam speciem, ut puta, quia imponit falsitati nomen, barataria, seu mogobellum, tunc accusat accusatione descendente ex statuto, et damnatus non efficietis infamis, quia non est damnatus publico iudicio.
Saltando di qualche secolo giungiamo al 1500, e bussiamo alla porta dell’amico Giovan Battista De Luca che nel suo Dottor Volgare dedica un paragrafo esplicativo del termine:
Questo nome, o vocabolo, non è conosciuto dalle leggi civili de’ Romani, nemmeno dagli antichi scrittori della lingua latina, che però viene stimato un vocabolo barbaro, come significante ogni ribalderia, & ogni cosa malfatta; E suol significare diversi delitti; Cioè quello che si commette da i marinari, e da i naviganti (…) Et ancora suole significare la corrottela de’ giudici, & degli altri oficiali publici, li quali ne sogliono essere imputati nel sindacato. E significa ancora quegli inganni li quali si fanno ne’ giuochi (…).
Dandoci conferma dei tre ambiti d’opera della “baratteria”, anticipati all’inizio del nostro viaggio. Dare una data d’inizio a tutte e tre gli utilizzi è ardua cosa, ma possiamo affermare con audace certezza che dal provenzale al volgare il significato di mala intenzione di bari e malefici barattieri fosse già cosa nota, naturale quindi l’adozione negli statuti trecenteschi quale reato; ne troviamo appena dopo l’approdo sulla spiaggia di un proto-diritto penale alto-medievale negli stessi panni, vedendolo infine salpare, per i lidi del diritto mercantile a partire, almeno, dal Quattrocento.
Bibliografia
Baratteria, Barattiere, Barattare in TLIO, Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (accessibile online).
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Liddell & Scott, A Greek–English Lexicon, Oxford: Clarendon Press, 1940.
Baratteria, a c. di Cagetti Dino Filippo, in Enciclopedia del Diritto, V, Milano, Giuffré Editore, 1959.
Bartoli a Saxoferrato omnium iuris intepretum antesignani commentaria, VI (Commentaria in secundam digesti novi partem), Luca Antonio Giunta, Venezia, 1602, n. 15, p. 138v.
G.B. De Luca, Il dottor volgare, overo Il compendio di tutta la legge civile, canonica, feudale, e municipale, nelle cose piu ricevute in pratica; moralizato in lingua italiana per istruzione, e comodità maggiore di questa provincia. Da Gio. Battista De Luca, Roma, Giuseppe Corvo, 1673.
Marco P. Geri, Baratterìa: vicende e fortune di un termine dal “senso non buono”, in Historia et Ius 12 (dec 2017) (accessibile online).
G. Rossi, Bartolo da Sassoferrato, in Il Contributo italiano alla storia del Pensiero – Diritto, Treccani, 2012 (accessibile online).
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Photo Credits: dettaglio da Bartoli a Saxoferrato omnium iuris intepretum antesignani commentaria, VI (Commentaria in secundam digesti novi partem), Luca Antonio Giunta, Venezia, 1602, n. 15, p. 138v.
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