Amnistia, s.f.
“Gesù o Barabba?” disse Pilato. E il popolo fece la propria scelta.
Le fonti storiche non riportano prove che i Romani, in occasione della Pasqua ebraica, avessero l’usanza di liberare i prigionieri del popolo sottomesso. Il riferimento non è presente in tutti e quattro i Vangeli Sinottici. Non è nemmeno chiaro che Barabba fosse un brigante, un insorto o un omicida. A parte la veridicità storica, è interessante notare come si sia qui di fronte ad un caso di amnistia referendaria.
Il termine deriva dal greco ἀμνηστία, “oblio, dimenticanza”, che è un composto dalla particella privativa ἀ- e μιμνήσκω, “ricordare”. Quindi letteralmente “senza ricordo”. Una cancellazione dalla memoria che in ambito giuridico si traduce, appunto, con l’annullamento di una condanna.
La prima attestazione nell’italiano volgare scritto la dobbiamo al giudice fiorentino Bono Giamboni, che nel suo volgarizzamento più importante del Delle storie contra i pagani di Paolo Orosio (1292); in una nota moderna al testo leggiamo:
Questa voce, di greca origine, oggidì pure nell’uso, sebbene prevalga il dire amnistia, mancava nella Crusca. Essendo ella riportata ora nei più moderni Vocabolari, ed interpretandosi nel senso istesso qui dichiarato di privazione di memoria, o dimenticamento, viene però avvertito che al presente si adopra soltanto per indicare perdonanza, o indulto a favore dei rei di delitto contra il principe, o contra lo stato.
Il passo in questione descrive gli avvenimenti nell’Atene del 403 a.C., quando, caduti i Trenta e cessata la tirannia, democratici e sostenitori dell’oligarchia concordarono l’amnistia per tutti i rei condannati sotto il precedente governo.
Nel panorama legislativo italiano l’amnistia è rimasta a lungo l’atto di grazia emesso dal sovrano a propria discrezione. L’eco dell’abolitio del diritto romano risuona chiara: che tu sia assolto, ma solo secondo la mia volontà, e soprattutto se c’è una festività di mezzo.
L’attuale regolamentazione italiana dell’amnistia risale al 19 ottobre 1930, quando, per Regio Decreto, l’amnistia diviene l’atto con cui “estinguere il reato” e, in caso di condanna, fa cessare l’esecuzione della stessa e di tutte le pene accessorie.
Di amnistie celebri, il nostro Paese, ne ha viste diverse. Una su tutte, quella che oggi viene amichevolmente definita “Amnistia Togliatti”, dal nome dell’allora Ministro di Grazia e Giustizia. Nel 1946, a guerra finita e con un paese ridotto a brandelli non solo dalla II Guerra Mondiale ma anche da quella civile, su sollecito del Re di Maggio, Umberto II, venne concessa l’amnistia per “reati comuni, politici e militari” escludendo solo quelli concernenti “sevizie particolarmente efferate”. Le reazioni e le conseguenze furono molteplici: colpo di spugna per i reati del fascismo, o mossa elettorale dei monarchici in vista del Referendum? Questa è comunque un’altra storia.
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Bibliografia
Amnistia in Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, Milano, Sonzogno
Amnistia, Amnestia in TLIO, Tesoro della Lingua Italiana delle Origini
Regio Decreto 19 ottobre 1930 n.1398, art. 151, accessibile su https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1930-10-19;1398
Decreto Presidenziale 22 giugno 1946, n. 4, accessibile su https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.presidenziale:1946-06-22;4
Paoli, Ugo Enrico, AMNISTIA in Enciclopedia Italiana, (1929)
D’Amelio, Mariano, Amnistia, in Enciclopedia Italiana – II Appendice, (1948)
A c. di Tassi, Francesco, Delle storie contra i pagani di Paolo Orosio libri sette volgarizzamento di Bono Giamboni, Baracchi, Firenze, 1849
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