Donne in prima linea tra Resistenza e Parlamento: chi furono le Madri Costituenti della Repubblica Italiana, elette nel 1946?
Quando il 2 giugno 1946 le donne italiane entrarono per la prima volta nella cabina elettorale, qualcosa di profondo cambiò. Quel giorno non si scelse soltanto tra Monarchia e Repubblica, ma si sancì un principio che avrebbe ridisegnato la vita del Paese: le donne avevano finalmente voce e volto nella politica italiana (vi abbiamo già raccontato delle prime elette sindache).
Ventuno di loro entrarono all’Assemblea Costituente. Ventuno donne diversissime tra loro — comuniste, socialiste, democristiane, qualunquiste — ma unite da una missione: dare forma a una Costituzione che non dimenticasse le donne.
C’erano donne coraggiose come Adele Bei, condannata a diciotto anni di carcere per antifascismo e poi in prima linea nella difesa delle lavoratrici e delle madri.
C’era Bianca Bianchi, che sfidò il paternalismo con oratoria brillante e passione per la scuola, denunciando le discriminazioni contro i figli naturali.
C’era Laura Bianchini, che fece dell’educazione la sua missione, battendosi per una scuola pluralista e inclusiva.
E ancora Elisabetta Conci, che unì fede cattolica e diritti civili.
Filomena Delli Castelli, attenta ai temi della famiglia e della maternità.
Maria Federici, impegnata nell’associazionismo e nella cooperazione.
Nadia Gallico Spano, protagonista della lotta contro le discriminazioni.
Angela Gotelli, che sostenne la presenza femminile nella Democrazia Cristiana.
Angela Maria Guidi Cingolani, la prima donna a parlare in Parlamento.
Nilde Iotti, giovane e brillante comunista, destinata a diventare la prima donna Presidente della Camera.
Maria De Unterrichter Jervolino, che trasformò la scuola in uno spazio di democrazia.
Teresa Mattei, la più giovane, partigiana e combattiva.
Angelina Merlin, futura madre della legge che abolì le case di tolleranza.
Angiola Minella Molinari, impegnata per i diritti delle donne e dei bambini.
Rita Montagnana, tra le fondatrici del PCI e dell’UDI.
Maria Nicotra, interprete sensibile del cattolicesimo sociale.
Teresa Noce, sindacalista e partigiana, voce delle operaie.
Ottavia Penna Buscemi, unica donna candidata alla Presidenza della Repubblica nella prima votazione del 1946.
Elettra Pollastrini, deportata politica e comunista.
Maria Maddalena Rossi, instancabile nella battaglia contro le discriminazioni di genere.
E Vittoria Titomanlio, maestra e figura chiave per l’istruzione e il riscatto delle donne nel Mezzogiorno.
Insieme, con storie e visioni diverse, seppero essere unite nella sfida più grande: scrivere una Costituzione che parlasse davvero a tutte e tutti.

Grazie alla loro tenacia, articoli fondamentali della Costituzione portano il segno delle Madri Costituenti: il diritto al lavoro (art. 37), la parità giuridica e sociale (art. 3), la parità politica (art. 48 e 51) e la protezione della famiglia e dell’infanzia (art. 29, 30 e 31).
Eppure, non tutto fu facile. Dovettero lottare contro i pregiudizi dentro e fuori l’Aula, respingere battute sessiste, affrontare il paternalismo che le voleva solo silenziose testimoni. Ma non si arresero. Erano lì per cambiare le cose. E lo fecero.
Oggi il loro esempio ci parla ancora. Non solo come simbolo della conquista di diritti, ma anche come modello di un modo diverso di fare politica: concreto, inclusivo, vicino alle persone.
Le Madri della Repubblica hanno lasciato un’eredità preziosa. Sta a noi non dimenticarla e continuare la loro battaglia ogni giorno, dentro e fuori le istituzioni.
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