Angelina Merlin, Lina, era nata a Pozzonovo, in provincia di Padova.
Il padre, segretario comunale a Chioggia, la madre, maestra.
Come lei anche Lina iniziò presto a lavorare come maestra a Padova. Dopo poco ottenne anche un attestato che le avrebbe permesso di insegnare francese alle scuole medie.
Nonostante questo la ragazza scelse di continuare ad insegnare alle elementari, dove sarebbe rimasta fino al 1926, quando, rifiutatasi di prestare giuramento al fascismo, dovette abbandonare la cattedra.
Lei, in famiglia chiamata “pacefondaia”, già da qualche anno era iscritta al PSI, con cui condivideva il rifiuto per l’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale, nella quale aveva peraltro perso i suoi due fratelli.
Fu in quegli anni che iniziò anche a collaborare col periodico “La difesa delle lavoratrici”, del quale poi divenne anche direttrice, e col settimanale socialista padovano “L’Eco dei lavoratori”.
Parte attiva nella vita del partito, alle riunioni si distingueva per il carattere battagliero, per le idee chiare e la tenacia di perseguirle. Si impegnava per il partito e per le sue campagne. Fu lei a stilare il dettagliato rapporto delle violenze e illegalità compiute dagli squadristi cui Giacomo Matteotti si ispirò per scrivere il documento che avrebbe poi letto in Parlamento, quando venne rapito e assassinato.
Lina dal canto suo, già schedata dal casellario politico centrale nel 1926, lasciò Padova e si trasferì a Milano, nel tentativo di sfuggire alla repressione. Venne però trovata, arrestata, e condannata dal tribunale speciale a cinque anni di confino in Sardegna.
Con l’8 settembre 1943 Lina entrò poi nella Resistenza, organizzando anche i “Gruppi di difesa della Donna”.
Nel 1946 fu una delle ventuno costituenti e proprio a lei si deve l’introduzione dell’espressione “di sesso” nell’articolo 3, tra i criteri di distinzione che non possono determinare discriminazioni di trattamento.
Nel 1948 fu eletta al Senato, insieme con tre altre donne, mentre nel 1953, alla sua seconda legislatura, sempre al Senato, fu invece l’unica donna.
“Si diceva che il Senato avesse una donna sola, ma una di troppo”, diceva.
Nella sua attività politica dedicò tutti i propri sforzi al miglioramento della condizione femminile. Celebre è non a caso la legge 75/1958, che abolì la regolamentazione statale della prostituzione e dispose sanzioni nei confronti dello sfruttamento e del favoreggiamento della prostituzione.
“E chi pretendeva di abolire la prostituzione? Io?! La mia legge mirava solo a impedire la complicità dello Stato”.