Vaccino, s.m.
Per il Nomen Omen di questa settimana vogliamo uscire dal locus amoenus della storia del diritto per addentrarci in quella terra selvaggia ed impervia che è l’attualità.
Da un anno a questa parte, inutile dirlo, molte delle nostre abitudini si sono adattate al cambiamento esterno. Anche il nostro vocabolario quotidiano, ovviamente, ha visto hits mai immaginate prima; un esempio degno di nota è il famigerato “lievito di birra”, che nei supermercati i più fino alla scorsa primavera, probabilmente, avrebbero cercato invano nell’isola “vino, birra e alcolici”.
Un altro termine che ci ronza ormai in testa da mesi, peggio di “Musica leggerissima” e senz’altro meno gaio, è senz’altro Vaccino. Anche Mr Google conferma l’impennata nei trend di ricerca per una parola che fino a febbraio 2020 era ben lontana dall’essere l’oggetto del desiderio di Italiani e non, un po’ come il posto fisso o la le 10 lire del 1946.
Entrato ormai anche nel Parnaso delle muse ispiratrici di musicisti, scrittori e poeti, singolare è l’omaggio fatto dalla leggenda del Country Dolly Parton, con la cover vaccinata di uno dei suoi successi più grandi: Jolene:
Vaccine, vaccine, vaccine, vaccine, I’m begging of you, please don’t hesitate.
Vaccine, vaccine, vaccine, vaccine, because once you’re dead, then that’s a bit too late.
Ma torniamo all’ambito linguistico.
Anche i più distratti avranno notato, almeno una volta, la sintonia del termine “vaccino” con l’ambito agricolo e, in particolare, con bovini e vacche. Non è un caso di sinonimia, ma semplice storia della medicina moderna.
Vaccino deriva dal latino VACCINUS, “della /derivato dalla vacca”, composto di VACCA, del tutto identico all’italiano odierno, e da -INUS, suffisso che indica relazione, origine, derivazione da qualcosa.
La VACCA del latino trova la propria genesi etimologica nel Proto Indo Europeo *woḱéh₂, sempre designante il bovino femminile, mentre il suffisso deriva dall’antenato *-iHnos, che aggiunto alla fine di un termine, ne creava un aggettivo: pensiamo al greco -ινος, che mantenne la stessa funzione, e che è tutt’oggi contenuto in termini come Bizantino.
Che c’entrano vacche e vaccini, si chiederà qualcuno.
A giudicare dalle notizie che hanno invaso le ardite penne virtuali degli addetti all’informazione e degli studenti dell’Università di Facebook, il parallelismo potrebbe essere di facile intuizione, ma non è quello cui ci riferiamo storicamente.
Facciamo un salto temporale nel 1796, alla fine di un secolo dove un virus terribile come il vaiolo uccise circa 400.000 persone ogni anno. Già dalla prima metà del secolo si ricorreva alla variolizzazione, cioè l’inoculamento di materiale infetto di Variola minor in un soggetto da immunizzare. I risultati ottenuti, tuttavia, furono meno efficaci del previsto.
Edward Jenner esercitava come medico a Londra in quel periodo, e aveva già da tempo osservato come le persone che avessero contratto il vaiolo bovino, il “cow-pox” (variolae vaccinae), avevano meno probabilità di contrarre lo “smallpox” (Variola vera), la più pericolosa variante umana dello stesso.
Le analisi e gli esperimenti di Jenner andarono in questa direzione, avendo compreso come le due varianti fossero collegate tra loro, e unite al metodo già in uso della variolizzazione, riuscì ad ottenere l’immunizzazione dei primi individui a cavallo tra il 1796 e il 1798. La pratica testata dal medico londinese sancì le basi delle teorie vaccinali in vigore tutt’oggi: iniettando una parte di materia infetta di vaiolo umano in uno stesso individuo precedentemente infettato con vaiolo vaccino, il soggetto riuscita a sopravvivere senza conseguenze mortali.
Il materiale iniettato nei soggetti era definito da Jenner vaccine proprio per l’origine data dal cow-pox, il variolae vaccinae che colpiva i bovini.
Ovviamente, ci volle tempo prima che questo metodo rivoluzionario venisse accettato dai luminari della medicina del tempo (gli antenati dei contemporanei no-vax) ma l’evidenza scientifica ebbe la meglio.
Nel 1798 Jenner pubblicò An Inquiry Into Causes and Effects of the Variolæ Vaccinæ, dove illustrò, dati alla mano, la tecnica che aveva messo a punto e i risultati ottenuti. Nel giro di un ventennio, il vaccino arrivò in tutto il Mondo, contribuendo in maniera decisiva alla battaglia contro il vaiolo.
In seguito, circa ottant’anni dopo, fu Louis Pasteur a riutilizzare il termine coniato da Jenner durante i suoi studi sul colera dei polli, chiamando “vaccino” la coltura batterica ottenuta durante i suoi studi sui batteri che colpivano i simpatici volatili.
Un connubio animale – uomo che non ci suona poi così nuovo.
Da lì in poi il vaccino si fece strada nel Mondo, affrontando gli antagonisti a testa alta – o bassa, come farebbe un vero bovino. E se non vi è mai capitato di essere rincorsi da una mucca, provare per credere.
Bibliografia
Vaccinus, in Charlton T. Lewis and Charles Short, A Latin Dictionary, Oxford, Clarendon Press. 1879.
« Vacca » (par P. Carpentier, 1766), dans du Cange, et al., Glossarium mediae et infimae latinitatis, éd. augm., Niort : L. Favre, 1883‑1887, t. 8, col. 224c. http://ducange.enc.sorbonne.fr/VACCA2.
-ινος in Liddell & Scott, A Greek–English Lexicon, Oxford: Clarendon Press, 1940.
W. L. Langer, L’immunizzazione contro il vaiolo prima di Jenner, in Le Scienze, n. 97, 1976, pp. 62-70.
R. A. Bernabeo, G. M. Pontieri, G. B. Scarano, Elementi di storia della medicina, Padova: Piccin, 1993.
Link di riferimento:
Vaccino, su GDLI, UTET.
Edward Jenner, su Enciclopedia Britannica.
Louis Pasteur, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
Vaccine, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica.
Dolly Parton gets first dose of Covid vaccine she helped fund, su TheGuardian.com, pubblicato il 03/03/2021.
Image credits: Ernest Board, Dr Jenner performing his first vaccination, 1796
Milano, 1988. UX Designer e Project manager, dottoressa in Filologia Moderna. Appassionata di vino, cose vecchie e storia della lingua.