Campione, s.m.
Per il Nomen Omen di questa settimana, ribaltiamo i piani e improvvisiamo sulla scia dell’aria di fiesta azzurra partita la sera dell’undici luglio, e che ancora non accenna ad arrestarsi.
Abbiamo in più di un’occasione narrato del binomio “calcio e diritto” qui su Massime dal Passato, e qual miglior occasione se non questa per farlo anche in Nomen Omen.
Oggi ci concentriamo su un termine di comune utilizzo, che molto ha a che fare con l’ambito sportivo e, come ben sanno gli addetti ai lavori, anche con quello del diritto.
Ebbene sì: anche la giurisprudenza ha i suoi campioni. Che non sono quelli che riescono a non andare fuori corso, bensì elementi del Codice Civile che vedremo a breve.
Partiamo dalle basi: l’etimologia. Da dove deriva il termine campione?
L’origine è rintracciabile nel latino tardo CAMPIO, “gladiatore, combattente sul campo”, derivato a sua volta da CAMPUS, “campo (di combattimento)”.
Il significato di “combattente di valore”, ma anche di atleta eccelso, in rappresentanza di una terza parte specifica, ha origini in età antica e ci viene narrato ampiamente nell’Epica: dici campione e dici Ettore, o Aiace, a seconda da che parte stiate.
Ne troviamo traccia anche nell’antico francese del XII secolo sotto forma di champion, così come nel volgare italico del XIII secolo come campion; la prima attestazione resta attribuita ad Uguccione da Lodi:
Encontra T[i] fui forte campïon, / né no [au]dì’ toa predicacïon: / de mi ensteso faeva traïson, / ond eu me tegno molto fol e bricon.
Questo significato di rappresentanza sarà fondamentale per una, di poco, successiva evoluzione del termine: non solo campioni in battaglia o nello sport, ma anche nelle merci, nelle misure e nel ben meno bellicoso mondo della finanza.
Ne troviamo alcune testimonianze negli statuti dell’area Toscana, verso la metà del XIV secolo:
La podestà e ‘l capetanio siano tenute tutte le mesure del comun de Peroscia far tenere e oservare de quilla medesma capacità, secondo cho’ essere deggono, fatta la mesuratione con gle campione e mesure de pietra d’esso comuno, overo de ramo.
Ed è qui che entra in gioco anche il diritto: quali sono i campioni per i togati?
Elementare: una parte dell’oggetto di un contratto, avente tutte le proprietà qualitative della merce oggetto del contratto stesso. Se ne parla ad esempio nel Codice Civile, all’art. 1522:
Se la vendita è fatta su campione, s’intende che questo deve servire come esclusivo paragone per la qualità della merce, e in tal caso qualsiasi difformità attribuisce al compratore il diritto alla risoluzione del contratto.
E nell’art. 1788:
Il depositante ha diritto d’ispezionare le merci depositate e di ritirare i campioni d’uso.
Dunque, niente a che vedere con campioni d’Europa, o in rappresentanza di Troia, ma pur sempre campioni pericolossissimi se sottovalutati o peggio, se difformi.
Bibliografia:
Campione, in GDLI, UTET (accessibile online).
Campione, in TLIO, Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (accessibile online).
Campio, (par P. Carpentier, 1766), dans du Cange, et al., Glossarium mediae et infimae latinitatis, éd. augm., Niort : L. Favre, 1883‑1887, t. 2, col. 061a. http://ducange.enc.sorbonne.fr/CAMPIO2
Art. 1522 Codice Civile – Vendita su campione e su tipo di campione
Art. 1788 Codice Civile – Diritti del depositante