Proscioglimento, s.m.
L’elemento affascinante dell’etimologia è che riesce a chiarire convergenze che altrimenti si spiegherebbero solo in superficie. È il caso, ad esempio, dell’aderenza di alcuni termini del linguaggio tecnico giuridico e di quello religioso, ed oggi ne scopriremo un esempio con il termine proscioglimento.
Ci vengono quindi d’aiuto per iniziare le parole del Padre Gesuita Gian Paolo Oliva, pronunciate dal pulpito del Palazzo Apostolico in occasione della festività dell’Immacolata Concezione, e sul finire del XVII secolo:
Vostri sono i Giubilei, vostre le indulgenze, vostre le visite de’ Santuarij. Chi non entra in Roma o per ottenere proscioglimento da colpe o per riportarne esemplari di virtù non vi entri. Né si opponga ai miei giusti protesti.
E per contro, un estratto da un romanzo di Giuseppe Antonio Borgese, Rubè, ambientato proprio nell’ambiente forense durante la I Guerra Mondiale:
Siccome era convinto dell’innocenza di Filippo, trasfuse questa convinzione, documentandola, nei suoi colleghi di Intra e di Pallanza e nei molti conoscenti che aveva sul lago, e s’industriava a combinare quella “vox populi” che a suo modo di vedere doveva diroccare l’edificio nascente dell’accusa e costringere l’autorità al proscioglimento dell’indiziato.
In entrambi i passi lo stesso significante viene utilizzato con toni e sfumature diverse, ma la base è la stessa: liberare, sciogliere qualcuno da qualcosa, che sia un peccato spirituale o una colpa da appurare in tribunale – divino o terreno poco importa.
L’etimologia di proscioglimento infatti parla chiaro: derivato dal verbo prosciogliere, che a sua volta deriva dal latino PERSOLVERE, “sciogliere, scontare una pena”, composto dalla particella intensiva PER-, ad indicare completezza, e SOLVERE, “sciogliere, liberare”.
SOLVERE necessita di un ulteriore approfondimento. Composto dalla particella SE- (mutata in SO-), con significato di separazione da qualcosa, e il verbo LUERE, “pagare, fare ammenda”, significa propriamente l’atto di divincolarsi da un debito di natura pecuniaria o prestazionale. Il termine trova radice, scavando ulteriormente, nel Proto Indo Europeo *-lhu, “tagliare, rilasciare”, che è alla base tra le altre cose, di una serie di termini che nel ceppo Germanico prenderanno significato di “falce”.
Ecco quindi che proscioglimento ha in sé il germe del divincolarsi da un fardello. Come accennato all’inizio, lo troviamo in uso in altri ambiti da quello giuridico. Se ne è fatto largo uso in quello religioso ma anche laico e scolastico: basti pensare all’esame di proscioglimento, in vigore nel vecchio ordinamento scolastico e previsto alla fine della terza elementare per assolvere gli studenti dall’obbligo scolastico:
Avevo fatto la seconda classe elementare (rivelazione prima delle virtù civiche del carrettiere!) e avevo pensato di fare nel mese di novembre gli esami di proscioglimento, per passare alla quarta saltando la terza classe: ero persuaso di essere capace di tanto, ma quando mi presentai al direttore didattico per presentargli la domanda protocollare, mi sentii fare a bruciapelo la domanda: «Ma conosci gli 84 articoli dello Statuto?». Non ci avevo neanche pensato a questi articoli: mi ero limitato a studiare le nozioni di «diritti e doveri del cittadino» contenute nel libro di testo.
Scriveva Gramsci nel 1928 in una lettera a Tania, Tatiana Schucht, sorella della moglie Giulia.
Nell’ambito del diritto il termine, nei codici post-unitari, trova somiglianza semantica con l’assoluzione e la decisione di non procedere a processo per un certo imputato.
Nel 1913 si aprì un dibattito circa l’esigenza di chiarire maggiormente le informazioni della sentenza di assoluzione “se ogni motivo di proscioglimento potesse essere previsto dal legislatore e tipizzato in modo da riprodurne tutte le possibili sfaccettature, o se il compito di comporre la formula specifica nel dispositivo dovesse essere lasciato al giudice”1. L’esito confluito nel Codice Penale promulgato lo stesso anno comprendeva entrambe le possibilità: il proscioglimento poteva contenere sia l’atto di assoluzione, che l’atto di “non doversi procedere”.
Traendo le conclusioni, il proscioglimento è liberazione fisica e spirituale: emancipazione per l’oppresso, ma attenti ad andare a Roma solo per ragioni di perdizione, i Gesuiti potrebbero scriverci molte altre prediche.
1 F.Morelli, Le formule di proscioglimento: uno studio introduttivo, Giappichelli, Torino, 2010, p.75
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Bibliografia
Proscioglimento, Prosciogliere, in GDLI, UTET (http://www.gdli.it/pdf_viewer/Scripts/pdf.js/web/viewer.asp?file=/PDF/GDLI14/GDLI_14_ocr_697.pdf&parola=prosci%C3%B2gliere)
Persolutor, (par les Bénédictins de St. Maur, 1733–1736), dans du Cange, et al., Glossarium mediae et infimae latinitatis, éd. augm., Niort : L. Favre, 1883‑1887, t. 6, col. 283b. http://ducange.enc.sorbonne.fr/PERSOLUTOR
*lhu-, in DIACL, Diachronic Atlas of Comparative Linguistics (https://diacl.ht.lu.se/Lexeme/Details/76673)
Proscioglimento, in Enciclopedia del diritto a cura di A. Falzea, p. Grossi E. Cheli, R. Costi, Giuffrè 2007, p.894
Oliva, Gian Paolo, Prediche dette nel palazzo apostolico da Gio. Paolo Oliva della Compagnia di Giesu, Volume 3, Roma, alle spese d’Ignatio de’ Lazari, 1674
Borgese, Giuseppe Antonio, Rubè, Milano, Fratelli Treves, 1921
Gramsci, Antonio, Fiabe dei fratelli Grimm, apologhi e raccontini torinesi, di Ghilarza e del carcere, Racconti per grandi e piccini dalla penna di Antonio Gramsci, Cagliari, Ales, 1891
F.Morelli, Le formule di proscioglimento: uno studio introduttivo, Giappichelli, Torino, 2010
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