Renzi si sfila dal Conte II lasciando aperti vari scenari sulle soluzioni. Intanto Conte incontra Mattarella per uno scambio di idee sulla soluzione della imminente crisi di governo. Quali le probabili future mosse e opzioni a disposizione dei giocatori di questa delicata partita?
L’annuncio da parte di Matteo Renzi delle dimissioni dei membri dell’esecutivo afferenti ad Italia Viva del 13 gennaio 2021 rappresenta il completamento di un “cerimoniale”, preliminare alla prossima apertura della crisi di governo e in cui faccio rientrare anche l’incontro tra il Premier Conte il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, al Quirinale (prassi consolidata negli ultimi anni dalla seconda Presidenza Napolitano, in cui il Premier che affronterà la crisi e il Capo dello Stato discutono della procedimentalizzazione dei futuri passaggi parlamentari e non e in cui al e dal Presidente della Repubblica vengono forniti i primi rilievi in una sorta di consultazione preventiva).
L’apertura ufficiale della crisi e i suoi sviluppi potranno meglio comprendersi guardando le carte a disposizione dei tre protagonisti: Renzi, Conte e Mattarella.
Il primo, Matteo Renzi, solo in apparenza utilizza la via dello strappo per indurre Conte allo scontro alle Camere, ma lascia aperta la via dell’appoggio esterno (o del rimpasto) e del dialogo sui provvedimenti per far fronte alla pandemia, ribadendo la sua distanza dai “pieni poteri” chiesti da Salvini nell’estate 2019 e se verranno considerati tre punti da lui enunciati in conferenza stampa (decisivo il ricorso al MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità, per le spese sulla sanità).
Quanto al premier, Giuseppe Conte potrebbe da subito dimettersi e attendere il re-incarico da Mattarella o potrebbe tentare la via dei negoziati a oltranza senza passare per una sanguinosa ed imprevedibile conta in Aula, vista la non netta chiusura di Renzi sul tema dell’appoggio esterno all’esecutivo. Al Premier, quindi, la prima mossa che determinerà, poi, le intenzioni del Capo dello Stato.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha già fatto filtrare dagli ambienti quirinalizi (v. Marzio Breda sul Corriere della Sera del 12 e del 13 gennaio 2021) il proprio “scandalo”: parole che risuonano di monito se non di minaccia, qualora la via del dialogo responsabile dovesse prendere una brutta piega. Il Capo dello Stato è, infatti, il cliente più duro per chi nella politica italiana ha portato l’alta tensione politica al Quirinale, avendo mostrato di saper ben vestire i panni dell’artificiere e del ragno tessitore (il caso Savona su tutti).
Come emerso dalle prime ricostruzioni quirinaliste, l’obiettivo di Mattarella è di risolvere tutto nel brevissimo periodo tramite Conte: da qui l’idea del re-incarico (prassi consolidatissima fino al 2008) immediato al Premier nel caso quest’ultimo optasse per la decisione più “paternalistica” di dimettersi subito e aspettare che sia Mattarella a rilegittimarlo.
Se Conte non dovesse trovare una soluzione da solo e in tempi rapidi, Mattarella, probabilmente, allungherà i tempi della crisi per provare a spegnere l’alta tensione che si è creata negli ultimi giorni: come accennato un po’ artificiere e un po’ ragno tessitore.
Tramite l’allungamento dei tempi Mattarella potrà:
1) concedere un supplemento di negoziati alle forze politiche con consultazioni a calendario concentrato per i partiti con intervalli di tempo più lunghi per far sì che il dialogo possa procedere senza pressing inutile;
2) una parlamentarizzazione (ipotesi rischiosa ma comunque praticabile) della crisi a margine del progetto di Recovery Plan e dei successivi provvedimenti per l’emergenza pandemica.
Obiettivo finale, oltre che la ricucitura degli strappi per un nuovo patto di governo, accertare, soprattutto, la permanenza o meno della volontà di PD e M5S di continuare insieme solo con Conte o con un altro nome. In questo modo il Quirinale legittimerebbe il suo intervento solo in extrema ratio e dopo che tutte le forze politiche saranno costrette ad esporsi senza tirare la giacchetta del Presidente.
Quindi obiettivo Conte III per il Quirinale? Ci sono delle considerazioni da fare. Le urne anticipate, per l’assenza non scusabile di una legge elettorale che si allinei alla riforma costituzionale, confermata dal referendum ex art.138 Cost. di settembre, non sono praticabili. Non può rimanere, poi, sullo sfondo, da un punto di vista politico-istituzionale, la necessità di non interrompere la continuità politica tra i negoziati in sede europea svolti dalla coalizione giallo-rossa a guida Conte durante l’approvazione del Recovery Fund in primavera-estate 2020 e la programmazione interna sull’utilizzo che l’Italia farà delle risorse europee. Per Mattarella ritengo questo sia un punto cardine, che si intreccia ad ulteriori ed ultime considerazioni sul fatto che trattasi dell’ultimo anno di settennato e che in estate interverrà il semestre bianco, che imporrà il non scioglimento delle Camere: il che significa che la ricerca della soluzione dovrà porsi necessariamente in un’ottica di medio-lungo periodo.
Quali prospettive sul versante “Governo del Presidente”? L’idea di un Governo del Presidente a guida tecnica (sempre in auge il nome di Mario Draghi per Palazzo Chigi oltre che per il Quirinale) sarà la spada di Damocle che Mattarella utilizzerà, qualora si dovesse non solo aprire una crisi, ma altresì qualora il confronto dovesse degenerare in un blocco apparentemente insanabile. Spada di Damocle come quella utilizzata con l’incarico a Carlo Cottarelli per rompere lo stallo tra Salvini e Di Maio sulla coalizione giallo-verde. È una carta che il Presidente, infatti, non vorrà giocare se non nell’impossibilità di trovare un’alternativa “politica”, poiché questa costituirebbe possibile fonte di delegittimazione politico-istituzionale per il Quirinale. Tutto ciò per quanto Mattarella sia l’uomo delle decisioni dure, scaturite dopo aver esperito tutte le vie possibili del dialogo e della conciliazione.
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