Spazio, s.m.
Il 12 aprile è sempre stata una giornata piuttosto movimentata per ricorrenze e festività.
In epoca romana, era la data di inizio dei Ludi Ceriales, i sette giorni dedicati alla dea Cerere, patrona dell’agricoltura. Ci si vestiva di bianco, e tra sacrifici suini, processioni e ludi di vario genere, le fonti narrano di baldoria gaia e condivisa.
Per il cristianesimo troviamo uno assembramento di tredici santi e tre beati, da Sant’Alferio a San Zeno.
Dal 7 aprile 2011 questo giorno è anche culla di una ricorrenza internazionale sancita dalle Nazioni Unite per ricordare il primo, memorabile, volo di Jurij Gagarin nello spazio, avvenuto il 12 aprile 1961:
L’Assemblea Generale, con risoluzione A/RES/65/271 del 7 aprile 2011, ha dichiarato il 12 aprile Giornata Internazionale del Viaggi dell’Uomo nello Spazio, “per celebrare ogni anno a livello internazionale l’inizio dell’era spaziale per l’umanità, riaffermando l’importante contributo della scienza e della tecnologia spaziale al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e all’aumento del benessere degli Stati e dei popoli, oltre a garantire il realizzarsi dell’aspirazione a mantenere lo spazio esterno a scopi pacifici.
Come avrete intuito, oggi parliamo proprio di spazio, termine che affonda le radici in tempi molto antichi, quando ancora l’Universo era un libro aperto in cui scrivere storie e visionare il futuro dell’Uomo.
Prima di addentrarci nei nostri excursus storico-linguistici, creiamo la giusta e sinestetica atmosfera consigliando l’ascolto di un album dedicato proprio a quel viaggio compiuto il 12 aprile del 1961, così come a quelli che vennero successivamente.
Tutti i media erano puntati verso la Vostok 1 per dare il via all’era spaziale, con quel Поехали!, “Andiamo!” esclamato da Gagarin ed entrato nella storia, come tutto ciò che avvenne dopo. Le registrazioni della BBC Radio 4 sono state riprese in maniera esemplare nell’album The Race for Space, dei Public Service Broadcasting, ed incorporate ai brani per ricreare, idealmente, quella “corsa allo spazio”, russa come statunitense, che tutti conosciamo:
Quindi: da dove deriva il termine spazio?
L’origine è riscontrabile nel latino SPATIUM, “spazio, dimensione”, designante una porzione di superfice terrestre, come la distanza tra due punti specifici.
L’origine Proto Indo Europea del termine latino è il verbo *(s)peh₂-, “stendere, tirare, estrarre”.
L’assonanza rivela la parentela con il moderno spada: nel greco troviamo ad esempio σπάω “estrarre” e σπάθη, “lama, spada” entrambi legati all’atto di sguainare qualcosa, per l’appunto.
E se vi siete mai chiesti se c’entri, o meno, con “spazzatura”: sì, la radice Latina e quindi Proto Indo Europea di entrambi i termini è, effettivamente, la stessa. Nomen omen, diranno i più attenti, vista la crescente quantità di detriti di ex-satelliti, sonde e missioni spaziali che orbitano intorno al nostro Pianeta.
Dunque, lo spazio è, etimologicamente parlando, qualcosa di esteso ed ampio, che si apre al nostro sguardo, ma anche un lembo di terra o di tempo, contenuto tra due estremità e punti, come un intervallo.
Il termine spazio, presente nel nostro italiano almeno dal XIII secolo presenta, semanticamente, più di un significato, ciascuno derivato dalle riflessioni di Aristotele e della filosofia scolastica in particolare.
Lo spazio era racchiuso, in ogni caso, entro la propria dimensione di luogo, provvisto o meno di confini conosciuti, nel quale sono contenuti elementi, la vita, anche i cereali per la colazione; la domanda fondamentale che perdurerà per secoli sarà comunque: è vuoto oppure pieno?
Ancora, lo spazio poteva essere il volume, la superficie, occupati da un dato oggetto. E più avanti, come già accennato, lo spazio assunse una dimensione temporale quale di intervallo tra due suoni, o due avvenimenti.
A partire dal XVI secolo e sulla scia dei postulati di Cusano e Bruno, lo spazio inizierà ad avvicinarsi al concetto di infinito e illimitato, come “arena” all’interno della quale tutti i corpi compiono il loro moto. Lo stesso varrà per l’evoluzione nella concezione dello spazio cosmologico, un Universo pieno di etere e nel quale corpi celesti e stelle possono muoversi senza attrito, concetto di derivazione aristotelica.
Nei secoli successivi lo spazio non cessò di essere spunto di riflessione per filosofi, fisici e non solo, anzi.
Con le grandi esplorazioni e l’ampliamento della percezione del mondo conosciuto, la coscienza e la percezione umana dello spazio iniziarono a mutare e ad associarlo, una volta per tutte e senza ripensamenti, al già citato concetto di infinito.
Con la nascita di un’astronomia professionistica nel XIX secolo, che imparava man mano ad osservare e misurare le distanze tra la Terra, le stelle e i corpi celesti, si posero le basi per gli studi cosmologici del secolo successivo. Grazie agli studi sulla relatività condotti da Albert Einstein e la legge di legge di Hubble-Lemaître, si comprese come l’Universo, nato dal Big Bang, non sia per nulla statico, ma in continua espansione. Questa dilatazione uniforme della materia ivi contenuta è la base del concetto di spazio che utilizziamo oggi: lo stesso spazio nel quale Gagarin ha condotto l’umanità, rendendo possibile l’impossibile.
Bibliografia
Spazio, in GDLI, UTET (accessibile online).
Spatium, in Charlton T. Lewis and Charles Short, A Latin Dictionary, Oxford, Clarendon Press, 1879.
« Spatium » (par les Bénédictins de St. Maur, 1733–1736), dans du Cange, et al., Glossarium mediae et infimae latinitatis, éd. augm., Niort : L. Favre, 1883‑1887, t. 7, col. 545c. http://ducange.enc.sorbonne.fr/SPATIUM.
G. Lemaître, The Beginning of the World from the Point of View of Quantum Theory, in Nature, vol. 127, n. 3210, maggio 1931, p. 706.
Henning Genz, Nothingness: the science of empty space, Da Capo Press, 2001.
Link di riferimento
“International Day of Human Space Flight – 12 April”, su https://www.un.org/: https://www.un.org/en/observances/human-spaceflight-day.
Spazio, in Enciclopedia on line Treccani.
Image credits: Alexey Akindinov, Gagarin’s Breakfast, 2011-2012.
Milano, 1988. UX Designer e Project manager, dottoressa in Filologia Moderna. Appassionata di vino, cose vecchie e storia della lingua.