Questo sì che è un tema che mi appassiona fin dal primo giorno dei pratica. La sospensione dei termini, che invenzione straordinaria! Peccato che poi nel 2014 l’hanno ridotta ad appena un mese, ma tant’è. Meglio di niente.
L’altro giorno mi sono chiesto: ma questa meraviglisa idea della sospensione feriale c’è sempre stata? Ricerca di un secondo e risposta facile: no. Si tratta di una invenzione piuttosto recente, che risale alla fine degli anni sessanta. Prima, nessun termine era sospeso, occorreva notificare appelli, depositare memorie, e milioni di altre incombenze anche ad agosto, il tutto mentre invece giudici e cancellieri potevano godersi meritate ferie.
E gli avvocati?
Alle ferie degli avvocati nel nostro ordinamento aveva pensato per primo il senatore democristiano Guido Bisori, avvocato pratese e storico. Era il 1951. La proposta di legge prevedeva la proroga automatica al 20 settembre di tutti i termini che scadevano ad agosto. Probabilmente non una grande idea se consideriamo l’ingolfamento delle scadenze che ci sarebbero state in quello che ogni anno si sarebbe trasformato nel più terribile dei giorni per gli avvocati: il 20 settembre, il giorno in cui scadono tutti i termini!
La proposta di legge non passò, non tanto perché avesse incontrato lo sfavore dei colleghi parlamentari, tutt’altro, ma perché la fine della legislatura nel 1953 ne impedì il completamento dell’iter di approvazione.
Fu però interessante la relazione di Bisori, che peraltro fece da base a tutte le proposte successive. In prima battuta rispondeva ai dubbi di chi riteneva inconciliabile la libera professione con la obbligatorietà delle ferie. Ricorse a Cicerone che nel II libro del De Legibus ricordava che “Feriarum festorumque dierum ratio in liberis requietem habet litium et iurgiorum, in servis operum et laborum”. L’esercizio del potere giudiziario veniva sospeso al tempo dei romani, infatti, in corrispondenza delle ferie, quando non si svolgeva alcuna attività forense e non si discuteva alcuna causa per favorire il lavoro nei campi. Anche la allora recente costituzione prevedeva all’ultimo comma dell’art. 35 il diritto al riposo per tutti i lavoratori, e quindi era tempo per badare anche alla classe forense.
Nella II legislatura la proposta fu ripresentata da altri parlamentari (Bisori nel frattempo aveva assunto incarichi di governo), ma ancora una volta la legge non fu approvata in tempo prima dello scioglimento della Camera. Anche nella III legislatura furono ripresentate nuove proposte di legge, nessuna delle quali ebbe fortuna.
Quella della IV legislatura andò a segno. Fu presentata dal deputato Cacciatore (PSIUP) il 6 febbraio 1964, accompagnata da questo testo:
“Ritengo che anche le categorie dei procuratori e degli avvocati abbiano diritto ad un periodo di riposo per ritemprare le energie corrose dall’esercizio forense, diventato sempre più difficile ed ingrato, sia per il modo in cui viene amministrata la giustizia e sia per le difficoltà economiche, derivanti soprattutto dalla riluttanza sempre maggiore della clientela a corrispondere il giusto compenso, e ciò per l’enorme ritardo che per ogni pratica si verifica per giungere al provvedimento giudiziario definitivo.
D’altro canto è risaputo che, allo stato, il cosiddetto periodo feriale, mentre per i giudici è di assoluto riposo, non può essere tale per gli avvocati e procuratori, giacché è sempre possibile che, per la scadenza di un termine perentorio, il professionista debba interrompere il suo riposo: comunque gli mancherebbe sempre la serenità, che è condizione indispensabile per il risposo. Tale necessità, se non è risentita dagli studi professionali bene organizzati – in quanto è possibile stabilire un turno di riposo fra gli associati o i procuratori dipendenti – è, invece, esigenza assoluta per i moltissimi professionisti, che svolgono il loro lavoro senza apparato alcuno, ma con il solo contributo individuale. Questa richiesta, pur avanzata da diverso tempo, è rimasta fino ad oggi inascoltata. Ora, poiché il diritto alle ferie non comporta alcuna spesa a carico dello Stato, sono sicuro, per le considerazioni innanzi esposte, che tutti gli onorevoli colleghi daranno il loro consenso a questa mia proposta di legge”.
La proposta Cacciatore prevedeva la sospensione feriale dei termini dal 1 al 31 agosto. In Commissione giustizia il periodo fu esteso al 15 settembre, ritenuto più consono (concordiamo).
La discussione alla Camera fu accompagnata dalla relazione del deputato socialista Fortuna, che ricordò come fossero appunto ormai più di dieci anni che si aggirava in parlamento una proposta di legge che riguardava la sospensione feriale dei termini per consentire agli avvocati e procuratori di risposarsi d’estate.
Durante la discussione alla Camera (4 febbraio 1965), il deputato irpino della DC Amatucci notò: “Gli avvocati si sono sempre chiesti come mai essi soltanto devono essere costretti a restare permanentemente sulla breccia, mentre tutte le altre categorie di lavoratori fruiscono di un periodo di ferie… Avviene talora che gli avvocati che per ragioni di salute si assentano dalla propria sede per sottoporsi a cure termali o idropiniche sono costretti a rientrare precipitosamente per presentare entro i termini perentori fissati dalla legge i motivi di appello, considerato che in questo stesso periodo avviene di regola il deposito delle sentenze in cancellerie”.
Il collega Franchi (MSI) osservò: “di fatto l’avvocato non può mani andare in ferie. L’avvocato, andando in ferie, non dà un taglio netto alla propria attività così come può fare l’operaio o l’impiegato: le cause lo accompagnano e lo assillano anche al mare o in montagna“.
De Florio (PCI) ricordava invece la malizia dei giudici di depositare le sentenze per liberarsi del carico prima delle vacanze e quelle di certi avvocati di notificare le sentenze mentre il collega è in vacanza.
Insomma la proposta fu approvata con voto trasversale. Lo stesso si ripeté anche al Senato. Sui giornali già si parlava della estate del 1965 come la prima estate in cui gli avvocati poterono finalmente andare in ferie.
La legge fu approvata poi proprio a ridosso della feriale il 14 luglio del 1965, con il n. 818. Ma cosa diceva di preciso? “Il corso dei termini processuali, scadenti tra il 1 agosto, e il 15 settembre, è sospeso di diritto fino a quest’ ultima data”, e poi via via tutte le eccezioni analoghe a quelle che anche ora ben conosciamo.
Ma nessun avvocato si sarebbe forse atteso che quella legge a lungo agognata si sarebbe presto trasformata in un incubo. Il fatto è che, come spesso accade, la legge non era chiara. Cosa voleva dire che restavano sospesi i termini “scadenti” tra il 1 agosto e il 15 settembre?
Vi fu in effetti il patatrac, come capiamo dalla relazione di una successiva proposta di legge del 3 agosto 1968, a firma del deputato democristiano Giuseppe Alessi, insigne giurista, che parlando della legge del 1965 ricordava: “La legge giunse negli studi professionali quando già molti professionisti si erano allontanati dagli studi e sulla base del titolo della legge avevano ritenuto di potere godere tranquillamente il periodo feriale, perché le comunicazioni della stampa avevano reso noto che i termini (tutti i termini) restavano sospesi nel periodo feriale.
La maggior parte degli avvocati interpretò la legge nel senso che i termini ricadenti nel periodo fossero rimasti sospesi. E così, per fare un esempio, notificata una sentenza il 17 agosto 1965, gli avvocati ritennero che si potesse appellare entro il 15 ottobre. Ma qualcuno aveva sostenuto che se la fine del termine andava al di là del 15 settembre, il termine scadeva il 16 settembre 1965“.
Si corse così ai ripari, per evitare divergenze interpretative e si giunse a una nuova legge per precisare che rimanevano sospesi i termini che “scadono o possono scadere” durante il periodo feriale.
La nuova legge fu quindi approvata nell’autunno del 1969 (L. 7 ottobre 1969, n. 742), ed è questa la legge che ancora oggi disciplina la beneamata sospensione dei termini (grazie anche all’ausilio di una caterva di sentenze della corte costituzionale, ma sarebbe troppo complesso entrare nel dettaglio di tutte le casistiche).
Comunque, sfortuna ha voluto che oltre quaranta anni dopo, nel 2014, nella smania di volere intervenire per ridurre le lungaggini processuali, il D.L. 12 settembre 2014, n 132, dal titolo impronunciabile di “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile, abbia poi ridotto il periodo al solo mese di agosto (e andò anche bene visto che in prima battuta si era previsto di restringerlo anche di più, dal 6 al 31 agosto…).
Godiamocelo dunque questo mese di agosto: buone ferie a tutti ex art. 1 L. 7 ottobre 1969, per chi può.