Censura, s.f.
Con il Nomen Omen di oggi vi accompagniamo a conoscere le radici di un termine che, a periodi alterni, si ripresenta sul nostro uscio bussando e ricordandoci come ci siano certi tipi di libertà che non bisognerebbe mai dare per scontate, nonostante oggi le informazioni corrano molto più veloci di qualsiasi forma di controllo coatta.
Parliamo di censura e, inevitabilmente, di censori.
Per dirla con Heine:
I censori tedeschi ……………. ….. …… ….. … imbecilli…. ……..
Beh, non avrei saputo dirlo meglio.
Ma partiamo dalle basi: da dove deriva il termine censura?
Per comprenderne l’etimologia, partiamo stavolta dai fatti, perché stiamo oggi esaminando un perfetto Nomen Omen.
Al pari di oggi, ma anche nella Roma del V secolo a.C., era già chiara l’importanza di avere un censimento aggiornato dei cittadini e dei loro possedimenti: conoscerli per nome e cifre permetteva, com’è ovvio, un maggior controllo e una migliore efficienza del sistema.
Lo storico Livio ci spiega come mai, nel 443 a.C., il Senato decise di sollevare i consoli, fino ad allora responsabili del censo della popolazione, da questo incarico per istituire una magistratura ad hoc, e a delle cariche che presero il nome di CENSORES:
La censura si era resa necessaria non solo perché non si poteva più rimandare il censimento che da anni non veniva più fatto, ma anche perché i consoli, incalzati dall’incombere di tante guerre, non avevano il tempo di dedicarsi a questo ufficio. Fu presentata in senato una proposta: l’operazione, laboriosa e poco pertinente ai consoli, richiedeva una magistratura apposita, alla quale affidare i compiti di cancelleria e la custodia dei registri e che doveva stabilire le modalità del censimento
– Tito Livio, Ab urbe condita, IV, 8
I censori venivano eletti ogni cinque anni durante la cerimonia della Lustratio. Essi operavano su più fronti:
- Censivano gli abitanti di Roma e dei territori direttamente dipendenti dalla capitale. Si poneva ovviamente attenzione sulle proprietà terriere e sui capi di bestiame posseduti. Circa un secolo dopo l’istituzione di questa magistratura, anche i beni mobili dovevano essere denunciati.
- Avevano l’incarico di controllare la CURA MORUM, cioè i costumi del singolo e della collettività. Interessante qui il collegamento con il termine CESOIA, strumento pare utilizzato proprio per tagliare di netto elementi di sfarzo eccessivo dagli abiti dei cittadini troppo pacchiani.
- Assegnavano anche gli appalti per i lavori pubblici, ed erano loro a concedere in affitto i terreni statali.
- Infine, a loro spettava la LECTIO SENATUS, e cioè l’incarico di indicare i candidati da proporre alla carica di senatore.
Le NOTE CENSORIAE furono senza dubbio ciò che li rese celebri e che donava loro l’allure inquisitoria lasciata in eredità a cariche aventi compiti analoghi, nei secoli successivi. Queste erano dei provvedimenti inferti a coloro colti a trasgredire disposizioni statali o ad abusare del proprio potere, in caso di cariche pubbliche; altresì la NOTA puniva lo sfarzo nei costumi.
Antagonista del lusso fu il più celebre dei censori, Marco Porcio Catone, passato alla storia proprio con il simpatico nomignolo di Censore, che si prodigò per riportare sobrietà laddove imperversava il germe ellenistico.
Oltre dissuadere lo sfarzo nel vestire, egli si oppose fermamente anche contro i banchetti con troppi invitati, contro l’utilizzo degli schiavi come concubini e nell’affidamento di quantità di denaro eccessive alle donne. Egli cercò in sostanza di preservare l’integrità dei costumi romani dalle influenze negative che giungevano, principalmente, dalla Grecia (che detestava), con il plauso dei propri concittadini (almeno in apparenza).
Cosa accadeva a chi veniva colpito da questi provvedimenti? Niente di buono ovviamente. Potevano essere espulsi dagli ordini dei senatori come dei cavalieri, il declassamento, fino alla privazione dello ius suffragii et honorum.
Insomma, i censori erano coloro che non si limitavano a misurare il numero dei cittadini, ma ne valutavano anche ricchezze, condotta e meriti. L’etimologia ci offre conferma, aggiungendo qualche dettaglio utile a comprenderne meglio la natura.
Il termine censura deriva dall’omografo latino CENSURA, che a partire da quel 443 a. C. stava a designare l’ufficio del censore, ma prima di tutto un giudizio o un’opinione molto severe.
Il lemma latino è l’effetto di una concrezione tra CĒNSEŌ, “dare un’opinione, giudicare, valutare” e il suffisso -TŪRA, necessario per formare un sostantivo a partire da un verbo.
CĒNSEŌ ha radici ben più antiche, riscontrabili nel Proto Indo Europeo *kens, “declamare, proclamare”.
La censura, dunque, è ciò che si muove per giudicare in modo imperatorio qualcosa o qualcuno.
Dalla Roma Antica, tra periodi di alti e bassi, la censura approdò all’epoca Medievale e poi Moderna ovviamente accompagnandosi alla rivoluzione Quattrocentesca della stampa.
La Chiesa di Papa Innocenzo VIII prima, e di Alessandro VI poi, si mosse quale precursore nell’ambito della censura preventiva per controllare le opere scritte prima che potessero essere stampate.
Nel 1515 Leone X fu invece il primo Papa a mettere il tutto in decreto: con la bolla Inter Sollicitudines si diedero i natali alla procedura dell’imprimatur, il bollo concesso dal vescovo locale, o del vicario Papale nello Stato Pontificio, assolutamente necessario per procedere con la stampa di qualsiasi opera.
Venne poi l’Indice dei libri proibiti nel 1564 – abolito solo 400 anni dopo, mentre la censura cresceva proporzionalmente all’assolutismo dei sovrani, dall’Inghilterra alla Francia, per iniziare poi sfumare poi, con i postumi della sbronzarivoluzionaria nel tardo Settecento.
Il resto è storia, ed esula per ora dai limiti della nostra missione etimologica.
All’interno del panorama giuridico odierno invece, la censura conserva ancora un certo fil rouge con le origini del diritto romano, intervenendo laddove il buoncostume sia minato da comportamenti scorretti.
Nella Costituzione, invece, se ne fa cenno a conferma del diritto di espressione, inscindibilmente legato al termine stesso:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. (art. 21)
Bibliografia e link di riferimento
Censura, in TLIO (Tesoro della Lingua Italiana delle Origini). (Accessibile online).
Censura in Charlton T. Lewis and Charles Short, A Latin Dictionary, Oxford:,Clarendon Press, 1879.
Kens-, in De Vaan, Michiel, Etymological Dictionary of Latin and the other Italic Languages, Leiden, Boston, Brill, 2008.
Censura, in GDLI, UTET. (Accessibile online).
Censura, Censores, in Dizionario Giuridico Romano, ed. Simone. (Accessibile online).
La censura, in Enciclopedia Treccani Online, a c. di Zaslavsky, Victor – Dizionario di Storia (2010).
Anastaplo, George. “Censorship”. Encyclopedia Britannica, 22 Oct. 2020, https://www.britannica.com/topic/censorship.
Tito Livio, Ab Urbe Condita, Torino, UTET, 1989.
Bullarum diplomatum et privilegiorum sanctorum Romanorum pontificum, Augustae Taurinorum 1840, vol. V, pp. 623–624.
Image credits: Erasmo da Rotterdam censurato dall’Index Librorum Prohibitorum.
Milano, 1988. UX Designer e Project manager, dottoressa in Filologia Moderna. Appassionata di vino, cose vecchie e storia della lingua.