12 aprile 1944 – Il “congedo” di Vittorio Emanuele III
Il 3 settembre del 1943 l’Italia aveva firmato l’Armistizio con gli Alleati. A Cassibile il generale Giuseppe Castellano, per conto di Badoglio, aveva stretto la mano agli alleati.
Conformemente a una clausola del patto, le firme rimasero segrete fino al loro annuncio pubblico, che fu fatto dal Generale Eisenhower a Radio Algeri, l’8 settembre.
Il mattino successivo, di fronte alle prime notizie di un’avanzata di truppe tedesche dalla costa tirrenica verso Roma, il re, la regina, il principe ereditario, Badoglio, due ministri del Governo e alcuni generali dello stato maggiore lasciarono Roma riparando a sud.
La fuga si arrestò a Brindisi, che divenne per qualche mese la sede degli enti istituzionali e cuore del “Regno del sud” sotto la protezione anglo-americana. Il progetto iniziale era quello di trasferire con il re anche gli stati maggiori al completo delle tre forze armate, ma solo pochi ufficiali raggiunsero Brindisi.
I soldati italiani erano senza ordini precisi, allo sbando e inermi di fronte a possibili reazioni tedesche.
Al disorientamento generale si aggiunse, il 12 aprile 1944, il “congedo” del Re che, senza formalmente abdicare, lasciò al figlio Umberto la luogotenenza, nel comunicato in cui scrisse
Verrà il giorno in cui, guarite le nostre profonde ferite, riprenderemo il nostro posto, da popolo libero accanto a nazioni libere.
La rinuncia definitiva alla corona e la conseguente abdicazione del re avvennero il 9 maggio del 1946, poco prima del referendum che avrebbe sancito la nascita della repubblica.
Al re, che la storia racconta essere stato il meno amato dagli Italiani, il destino riservò una morte lontana dalla patria, ad Alessandria d’Egitto, dove venne sepolto nel dicembre 1947.