Napoleone incoronato dal tempo scrive il Codice Civile
È noto come durante i secoli le diverse forme d’arte abbiano mostrato tutti gli aspetti della vita umana. Nascita, morte, figure importanti come re e imperatori, guerre, paesaggi, sono sempre stati i protagonisti principali di pittori, scultori, musicisti e letterati. In un simile contesto può sembrare difficile cogliere il legame tra le classiche forme d’arte e il diritto. Questo perché è abbastanza raro che gli artisti concentrino la loro attenzione sull’elemento giuridico; quando però questo avviene, la forza dell’arte aumenta ancora di più il proprio raggio d’azione.
Del resto, anche chi non vive quotidianamente il complicato mondo delle leggi, è consapevole di quanto la presenza di un ordinamento giuridico – anche nella sua forma più primitiva – sia indispensabile per il mantenimento dell’ordine e per lo sviluppo di una società. Un’idea che richiama alla mente il brocardo latino “Ubi homo ibi societas, ubi societas ibi ius, ergo ubi homo ibi ius”. È dunque interessante prendere in considerazione quelle opere d’arte al cui interno siano presenti riferimenti più o meno espliciti al mondo del diritto.
Nel giorno della ricorrenza della sua morte, sembra quasi doveroso omaggiare una delle figure più emblematiche della storia europea: Napoleone Bonaparte (1769-1821). Un uomo partito dal nulla, che grazie alla sua perseveranza e a quella che potremmo definire una lucida percezione degli eventi, dominò l’Europa a cavallo tra il XVIII e XIX secolo. Come scrisse Alessandro Manzoni: «Ei si nomò: due secoli, l’un contro l’altro armato, sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato».
Come molti ricorderanno, il petit diable divenne Imperatore dei francesi nel 1804. Proprio nello stesso anno, un altro evento contribuì a cambiare per sempre la storia, questa volta del diritto: il Code civil des français – meglio noto come Codice napoleonico – promulgato con la legge del 21 marzo 1804 (Loi du 30 ventose an XII). Meno rumoroso delle armi francesi, il primo codice civile della storia influenzò i sistemi giuridici di molti paesi, europei e non.
«Ma la vera gloria non è quella di aver vinto 40 battaglie. Waterloo farà venir meno la memoria di così tante vittorie. Ciò che non farà venir meno, ciò che vivrà eternamente, è il mio Codice Civile».
Il valore delle parole
Con queste righe, confluite poi nel Memoriale di Sant’Elena, l’imperatore ricordava il grande lavoro compiuto nel campo del diritto, considerandolo più importante e duraturo delle vittorie riportate sui campi di battaglia. Generalmente gli storici – a ragion veduta – non attribuiscono grande rilevanza al contenuto di tali opere. Le motivazioni sono principalmente due: in primo luogo è estremamente difficile accertarne l’attendibilità, dal momento che spesso, proprio nei memoriali, i protagonisti tendono a idolatrare sé stessi, cancellando macchie e riabilitando clamorosi errori. In secondo luogo perché è difficile capire quanto il conte Emmanuel de las Cases – autore materiale dello scritto – abbia modificato le conversazioni intrattenute quotidianamente con l’ex sovrano, nei lunghi giorni dell’esilio di Sant’Elena. Eppure, che lo credesse o meno, questa volta Napoleone aveva ragione. Il Codice ha rappresentato probabilmente, la più grande eredità sopravvissuta a Bonaparte.
Sul piano artistico, è necessario ripetere quanto detto in linea generale all’inizio del presente contributo: potrebbe essere facile far riferimento al trionfo e alle celebrazioni del generale francese, magari attraverso artisti come Jacques-Louis David. Napoleone che valica il Gran San Bernardo, o l’incoronazione di Napoleone a Notre Dame sono tra le sue creazioni più note.
Il diritto nell’arte di propaganda
Nella nostra mente siamo abituati a vedere l’imperatore circondato da scene di guerra, trionfi o celebrazioni regali. Ma la domanda potrebbe essere: è possibile vedere l’influenza del diritto in un’opera d’arte dedicata al generale francese? è possibile trovare una relazione tra storia del diritto e arte? Un litografo francese può aiutarci a rispondere. Nel 1833 l’artista Jean-Baptiste Mauzaisse (1784-1844) realizzò un’opera particolare, dal titolo: Napoleone incoronato dal Tempo, scrive il Codice civile. Mauzaisse nacque nel 1784 e nel 1803 iniziò i suoi studi presso l’Accademia delle belle arti di Parigi; nella sua vita riuscì quindi a vedere l’inizio e la fine dell’epopea napoleonica.
In questo dipinto possiamo vedere un’immagine molto forte, volta a celebrare il sovrano francese nel ruolo di legislatore. Il generale còrso sconfisse i suoi nemici sul campo di battaglia è vero, ma sconfisse anche il suo passato giuridico. Come un architetto disegnò il suo mondo: fondò un impero, cambiò la storia del suo paese, e infine – forse senza rendersene conto completamente – cambiò anche la storia del diritto. Il quadro richiama l’idea ciceroniana dello ius civile in artem redigere. Al centro è possibile vedere Bonaparte in un atteggiamento trionfale, come se fosse seduto su un trono. Tuttavia, questa volta non vediamo lo scettro o il globo, classici simboli del potere regale. Il generale francese sta scrivendo il Codice civile. La scena ci consente un parallelismo con un’altra importante figura del passato, una luce nella storia del diritto: l’Imperatore romano Giustiniano. Sovvengono alla mente i versi della Divina Commedia di Dante: «Cesare fui e son Iustiniano, che per voler del primo amor ch’I sento, dentro le leggi tolsi il troppo e il vano» (Paradiso VI. 10-12). Giustiniano riorganizzò il diritto romano, così come Napoleone fece con il diritto francese.
Il quadro assomiglia ad una scena biblica, dove l’Empereur sembra circondato da un’aura di sacralità. Nella sua posizione divina trasmette tutto ai suoi sudditi; in cambio non riceve nulla, o meglio, non ha bisogno di nulla. È un’altra manifestazione di potenza. Non ci sono riferimenti a tempo e luogo: l’immagine ricorda in un certo senso il mito della creazione: tutto inizia in questo momento. Egli sembra ricevere questo fardello dall’alto, da Dio. Come Mosè ricevette i dieci comandamenti dal Signore, in un certo senso Napoleone sta per consegnare nuove leggi al suo popolo. Sulla destra il Tempo è rappresentato da un angelo con grandi ali nere. C’è un significato allegorico in questo? Il tempo e i secoli a venire come giudicheranno il còrso? Sarà considerato un despota, portatore di morte e distruzione? in effetti anche l’angelo appare come una figura contrastante: il rinnovamento giuridico sarà prevalente rispetto alle armi? Probabilmente non è un caso se sotto l’incarnazione del Tempo intravediamo una falce: nell’immaginario collettivo essa fa riferimento alla personificazione della morte. La domanda forse potrebbe essere: morte e rinascita del diritto?
Napoleone e il “suo” Codice
In varie occasioni Napoleone si riferisce al Code civil come al “Suo” Codice. In un certo senso bisogna dargliene atto. Tra il 1801 e il 1804 il progetto di Codice civile e il relativo avanzamento dei lavori, venne analizzato dal Consiglio di Stato in un totale di centodue sedute, esattamente dal 28 messidoro anno IX (17 luglio 1801) al 26 ventoso anno XII (17 marzo 1804). Di queste centodue sedute, cinquantasette furono presiedute dallo stesso Bonaparte. Sarebbe sbagliato pensare al primo console seduto sul suo scranno, in un atteggiamento del tutto passivo nei confronti dei lavori. La presenza saltuaria, ma al tempo stesso forte di Napoleone, incise su alcuni aspetti formali del futuro codice. La particolare chiarezza del testo normativo ne è un esempio, in linea con il desiderio di rendere gli articoli comprensibili anche ai comuni cittadini, di certo sprovvisti di nozioni giuridiche. L’aiuto fornito dal giurista Philippe-Antoine Merlin consentì al nuovo padrone della Francia di imporre alcune convinzioni personali: non soltanto l’idea di una famiglia forte (viene restaurata quasi integralmente la patria potestà), ma anche l’apertura nei confronti del divorzio, seppur con limitazioni, e dell’adozione. Il fatto che non fosse un giurista, non impedì al futuro imperatore (l’incoronazione, o meglio l’auto-incoronazione, sarebbe avvenuta in quello stesso anno, il 2 dicembre 1804 nella Cattedrale di Notre Dame) di comprendere appieno la grandezza di quanto stava per accadere: la Francia stava per dotarsi di un Codice di leggi civili uniforme per tutto il territorio dello stato.
Certo, non vi sono dubbi sul fatto che il Code sia stato il frutto di più menti, giuridiche e non, che come tanti piccoli tasselli, contribuirono alla realizzazione del risultato finale. La commissione nominata da Bonaparte il 12 agosto del 1800 (24 termidoro anno VIII) era composta da giuristi di altissimo livello: François Denis Tronchet (1726-1806), Jean-Marie-Étienne Portalis (1745-1807), Jacques Maleville (1741-1824) e Jélix-Julien-Jean Bigot-Préameneu (1747-1825). Sono loro i quattro autori che hanno guadagnato l’appellativo di “artisans” del Code civil. Tale espressione, a dire il vero, andrebbe estesa anche agli altri autori che contribuirono a rendere possibile l’opera codificatoria, come ad esempio, solo per citarne alcuni, Jean Jacques Régis de Cambacérès (1753-1824) e Jean-Ignace-Jacques Jacqueminot (1754-1813). È ovvio però, che i quattro membri della commissione godano di quella maggior memoria riservata a coloro che riescono nei propri intenti.
Lo stesso dicasi per Napoleone: la sua forte autorità aveva contribuito a portare a termine quella codificazione che né la monarchia prima, né la rivoluzione poi, erano riuscite a trasformare in realtà. Il Code Civil des Français segna un punto di rottura irreversibile con il passato giuridico della Francia; una vera e propria tabula rasa. Si pone come fonte esclusiva e unitaria, forte di quella convinzione di essere un “bacino” completo ed esaustivo: nulla può esistere al di fuori del Codice.
Si aggiunga inoltre una piccola curiosità. Il fatto che il Code civil venga comunemente appellato con l’espressione di Code Napoléon non è solo frutto della glorificazione che la storia ha riservato all’imperatore dei francesi. Fu un atto normativo vero e proprio a cambiare ufficialmente la sua nomenclatura. Il decreto imperiale del 3 settembre 1807 impose di utilizzare l’espressione di Code Napoléon. A cambiare furono anche i termini “primo console”, “repubblica” e “nazione”, sostituiti dalle parole “imperatore”, “impero” e “stato”. Ancora una volta, il diritto si adeguava al corso degli eventi; e non sarebbe stata l’ultima. Dopo la fine della parabola napoleonica il Codice civile rimase in vigore, ma in virtù della regia ordinanza del 17 luglio 1816 si tornò ad utilizzare la formulazione originaria. Sarà Napoleone III a reintrodurre l’espressione Code Napoléon (dopo il 1852), ma l’instaurazione della Terza Repubblica (1870) portò con sé la reintroduzione del titolo originale: Code Civil.
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L’eredità napoleonica
Tornando al nostro dipinto, notiamo che sulla sinistra l’attenzione si sposta sui simboli militari: la bandiera francese, le insegne dei reggimenti, la redingot grigia di Napoleone. Mauzaisse cerca di mostrare la natura più profonda del suo protagonista: un uomo che ha basato la sua fortuna sulla forza e sulla disciplina militare. Perfino l’aquila degli Asburgo, strategicamente posizionata sotto i piedi dell’imperatore, è un chiaro messaggio di potenza, volto ad enfatizzare la supremazia francese sul campo di battaglia. Il 18 giugno 1815 Waterloo segnò la fine dell’epopea napoleonica; l’ultimo capitolo della vita del petit diable venne scritto sull’isola di Sant’Elena, durante i sei anni di esilio. Come sappiamo il Congresso di Vienna cancellò l’eredità napoleonica, richiamando Luigi XVIII sul trono che fino agli sconvolgimenti della rivoluzione era stato dello sfortunato fratello. Soltanto il codice sopravvisse al Generare francese.
L’assoggettamento militare negli anni dell’Impero, unito all’effettiva utilità del nuovo strumento giuridico, esportarono l’idea «codice» in molti paesi europei ed extra-europei: Belgio, Spagna, Italia, Cile, Quebec, Louisiana. Anche il primo codice civile italiano del 1865 può essere considerato per buona parte un calco del modello francese. La prima codificazione civile ha rappresentato una pietra miliare nella storia del diritto. Un elemento che ha cambiato lo sviluppo e l’ossatura giuridica di molte nazioni. Criticato e commentato, il Codice francese è destinato a rimanere per sempre legato al suo “creatore”.
Dal momento che una conclusione personale sarebbe forse inopportuna, data l’importanza storica del personaggio preso in esame, sembra più opportuno chiudere questo breve contributo con le parole dello storico francese Jean Tulard, tra i massimi esperti di storia napoleonica:
«La vittoria è necessaria a Napoleone. Da questo derivano la tensione costante, le inquietudini, o i turbamenti davanti all’eventualità di una sconfitta. E Napoleone continua a raddoppiare la posta nella partita che gioca contro l’Europa. Occorre che la fortuna arrivi all’appuntamento. Lui lo sa, ma ha bisogno di vittorie per rassicurarsi»
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