24 Maggio 1915 – L’Italia entra in guerra
Dopo dieci mesi dall’inizio della Grande Guerra, l’Italia, dalle sponde dal Piave calmo e placido, assiste al passaggio dei primi fanti di un esercito che marciava “per raggiunger la frontiera, per far contro il nemico una barriera”. Era il fatidico 24 maggio del 1915.
Il giorno prima l’Italia aveva dichiarato guerra all’Impero Austro-Ungarico attraverso la comunicazione formale dell’ambasciatore Giuseppe Avarna, che riferisce quanto segue al Ministro degli Esteri austriaco:
“Già il 4 del mese di maggio vennero comunicati al Governo Imperiale e Reale i motivi per i quali l’Italia, fiduciosa del suo buon diritto ha considerato decaduto il trattato d’Alleanza con l’Austria-Ungheria, che fu violato dal Governo Imperiale e Reale, lo ha dichiarato per l’avvenire nullo e senza effetto ed ha ripreso la sua libertà d’azione.
Il Governo del Re, fermamente deciso di assicurare con tutti i mezzi a sua disposizione la difesa dei diritti e degli interessi italiani, non trascurerà il suo dovere di prendere contro qualunque minaccia presente e futura quelle misure che vengano imposte dagli avvenimenti per realizzare le aspirazioni nazionali.
S.M. il Re dichiara che l’Italia si considera in istato di guerra con l’Austria-Ungheria da domani.
Il sottoscritto ha l’onore di comunicare nello stesso tempo a S.E. il Ministro degli Esteri Austro-Ungarico che i passaporti vengano oggi consegnati all’Ambasciatore Imperiale e Reale a Roma. Sarà grato se vorrà provvedere a fargli consegnare i suoi”.
L’Italia così debutta nelle operazioni militari, sebbene sino a quel momento la volontà della nazione risultava divisa tra linea interventista e linea neutralista. L’allora Presidente del Consiglio Salandra, congiuntamente al Ministro degli Esteri Sonnino e d’intesa con il Re Vittorio Emanuele III, si accorda segretamente con la Triplice Intesa, senza coinvolgere né il Parlamento né gli altri componenti del governo e accetta le condizioni previste dal Patto di Londra stipulato occultamente il 26 aprile 1915 con Francia, Inghilterra e Russia.
Il patto diplomatico sanciva che l’Italia sarebbe scesa in campo fiancheggiando l’Intesa contro gli Imperi centrali di Germania e Austria-Ungheria e che, in caso di vittoria, avrebbe ottenuto cospicui vantaggi territoriali: Trentino, Sud Tirolo, Venezia Giulia, parte della Dalmazia e Istria (a esclusione di Fiume), nonché alcune isole adriatiche. Il governo viene reso edotto delle condizioni del Patto solo il 7 maggio, impegnandosi a dimettersi in caso di voto sfavorevole della Camera. Le condizioni contemplate nel patto divennero pubbliche solo a guerra conclusa e a opera dei bolscevichi che, dopo la Rivoluzione d’Ottobre, recuperarono l’accordo dalla cancelleria zarista e denunciarono i segreti delle politiche imperialiste.
La segretezza di questo accordo fece molto discutere e diversi storici identificano in esso il simbolo del tramonto di un’epoca liberale e il presagio dell’avvento degli autoritarismi.