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Sostenitore del regime nazista, Carl Schmitt era nato l’11 luglio 1888, si era laureato in giurisprudenza e aveva cominciato a insegnare nella  Scuola di specializzazione in amministrazione commerciale, dove conobbe e divenne amico di Jung, per poi ottenere nel 1933 la cattedra di Diritto Pubblico a Berlino.

Filosofo e teorico del diritto, da sempre studioso dello Stato, Schmitt dedicò alla politica e alla teoria politica dello Stato la propria vita.

Già uno dei suoi primi scritti, infatti, “Il valore dello Stato e il significato dell’individuo” rese evidente come il concetto centrale del suo pensiero fosse quello di Stato, concepito come entità politica sovrana.

Il problema essenziale secondo Schmitt consisteva nel garantire la sicurezza dello Stato e la preservazione dell’ordine costituzionale esistente.

Lo Stato è superiore a ogni altra entità politica o sociale. Gruppi, classi, persone, esistono fino a che non mettano in pericolo l’ordine legale prestabilito. La funzione primaria dello Stato consiste quindi secondo Schmitt nello stabilire e mantenere l’ordine e la sicurezza; è un conservatore, Schmitt. Contrario alla libera determinazione e all’individualismo.

Intravedendo forse questi valori nel Partito nazionalsocialista, vi si iscrisse nel 1933 e ne seguì le sorti, sostenendolo, fino alla fine. Ne sostenne ogni passo e convinzione, discostandosi da esso solo in merito all’idea di una supremazia del popolo rispetto allo Stato.

Approvava le leggi che sopprimevano i diritti civili degli ebrei, glorificava la guerra. Tanto da essere poi definito “criminale giurista”.

Al termine della seconda guerra mondiale, tuttavia, anche lui, insieme ai membri del partito, fu arrestato dagli alleati, internato in un campo e fu indiziato nel 1947 per crimini di guerra al processo di Norimberga, dove si difese sostenendo che i suoi scritti volevano solo essere analisi teoriche. Ma forse nemmeno solo questo, se è vero che “Carl Schmitt (…) giungeva a conclusioni ancora più estreme sostenendo che la guerra è addirittura l’essenza o il presupposto della politica. Carl Schmitt in qualche modo configurava la relazione tra guerra e politica come una sorta di circolarità sulla base della quale a periodi di guerra, e cioè, per ricondurci alla definizione che davamo prima, a periodi di soluzione violenta dei conflitti, succedono fasi di soluzione pacifica dei conflitti, che sono appunto fasi di politica.”

Al termine di quella vicenda, qualunque fosse stata la verità, Schmitt si ritirò a vita privata a Plettenberg dedicandosi solo agli studi del diritto internazionale.

Carl Schmitt rappresenta, comunque, un esempio della grande complessità del pensiero giuridico novecentesco. Lo testimoniano le sue opere “Il Custode della Costituzione”, “Dottrina della Costituzione” o “Le categorie del politico”, nelle quali sono affrontati temi complessissimi ma decisivi nella dialettica evolutiva del pensiero giuridico novecentesco. In particolare, il “Custode della Costituzione” rappresentò un importante momento di confronto (anche acceso) con Hans Kelsen e di sviluppo del costituzionalismo contemporaneo.

Carl Schmitt tra geopolitica e teologia politica | Consul Press

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