L’interesse dell’uomo per l’occulto non ha tempo, e da sempre c’è chi tenta di dimostrare l’esistenza di mostruose creature soprannaturali. Nel XVI secolo in Francia anche la legge riconobbe l’esistenza di queste lugubri presenze e mentre nel diritto civile venne concepita la cosiddetta clausola degli spettri, nel diritto penale furono ammesse delle prove testimoniali al limite dell’incredibile.
Le anime che non trovano pace dopo la morte possono sostare su questa Terra sotto forma di spettri? Nei tempi passati non solo l’opinione popolare ma anche la scienza era più propensa a dare una risposta positiva al quesito di quanto non sia oggi. E – anche se vi sembrerà difficile da credere – la questione della convivenza con i fantasmi ha interessato perfino il diritto.
D’altra parte, se la possibilità che vi siano creature soprannaturali attorno a sé può suscitare una certa inquietudine, quella di averle abusivamente sotto il proprio stesso tetto è decisamente spiacevole e la legge deve pur fare qualcosa per tutelare i proprietari di casa!
Ci pensarono i giuristi della Francia del XVI secolo. Siamo sotto il regno del debole Carlo IX di Valois, sovrano noto alla storia più per la sua precaria salute che per il gran intelletto. È un periodo di sangue e tumulti: la guerra civile tra protestanti e cattolici peggiorava la già critica situazione economica del Paese e, mentre intellettuali, uomini di Dio e cialtroni logoravano la voce e la penna d’oca sui e dogmi della spiritualità, il popolo, affamato e impaurito, non riponeva altra speranza che nella fede e nell’aldilà.
Spiriti nel diritto civile: la clausola degli spettri
In questo clima esasperato dalla religione, anche gli uomini di legge subirono l’esposizione alle teorie sul soprannaturale. Nell’immaginario cristiano, Dio avrebbe potuto punire i crimini degli uomini con ogni mezzo a egli consono, compresi i morti viventi.
André de Nesmond (1553-1616), presidente del Parlamento di Bordeaux, aggiunse i fantasmi alla giurisdizione della sua corte in una sentenza del 1598, sostenendo che ci fosse un parallelo tra lo status degli spiriti e quello dei giudici. In quanto esseri spirituali, i fantasmi fungono da intermediari Dio e gli uomini, proprio come giudici che fanno da intermediari sulla terra della giustizia celeste. All’epoca in Europa era viva la teorizzazione giuridica del corpo del re come vece del giudizio di Dio sugli uomini: il re agiva attraverso la legge (e quindi i giudici) punendo gli uomini malvagi in vita, come riflesso della punizione per le male azioni che Dio avrebbe punito nell’aldilà. Allo stesso modo, il fantasma diventa il mezzo con cui gli uomini sono puniti per le proprie azioni in vece del giudice.
Ma l’ambito del diritto in cui la teorizzazione sui fantasmi prese meglio piede fu il diritto civile, che non poteva certo rimanere in silenzio sul gravoso problema della presenza dei fantasmi che infestavano le case. Riflessioni sulla loro presenza e azione proliferarono in trattati dedicati all’argomento, come quelli del teologo svizzero Ludwig Lavater (1569) e del cappuccino francese Noël Taillepied (1588).
La prima puntualizzazione sul tema risale al 1540, quando il giurista Arnoul Le Ferron commentò il diritto consuetudinario della città di Bordeaux, esplorando tra le altre cose la seguente fattispecie: si può lasciare una casa in affitto prima della fine del contratto se diventa “infestata da spiriti”?
Nacque così la clausola degli spettri, per cui i tribunali francesi ammettevano che l’inquilino avesse facoltà di recedere il contratto di locazione prima della scadenza pattuita senza pagare più il canone nel caso in cui la casa risultasse infestata dagli spiriti. Le abitazioni funestate dagli spettri, infatti, impedivano il godimento del bene.
Volete un esempio tratto dalle cronache del tempo? A Tours si riconobbe a un cittadino il diritto a rompere l’affitto di una locanda infestata, in quanto il fantasma dell’ex proprietario non si era separato dall’immobile causando la rovina degli affari del nuovo gestore.
I fantasmi chiamati in tribunale come testimoni di omicidio
La clausola degli spettri fu ritenuta valida e vincolante per molto tempo e fu inclusa in molti testi di diritto francesi: il corpus di leggi consuetudinarie d’Angiò e di Parigi di René Choppin, il codice di leggi di Bordeaux, commenti al Digesto di Denis Godefroy e Claude de Ferrière (in questo caso siamo già alla fine del Seicento), e ancora raccolte di sentenze giudiziarie per tutto il XVII secolo.
Ben presto la questione degli spettri passò anche al diritto penale. Venne prevista infatti la possibilità che dietro a omicidi inspiegabili ci fosse l’azione dei fantasmi, e questi vennero addirittura considerati come testimoni nei processi per l’omicidio del corpo che ne conteneva l’anima in vita. Il sospettato veniva portato dinanzi al cadavere della vittima, e se il corpo iniziava a sanguinare, questa era la prova che il fantasma del morto stava rivelando il suo colpevole. Questa pratica è nota come “calvario della tomba“. Tra le varie attestazioni che abbiamo c’è quella del Parlamento di Bretagna, che la applicò per tutto il Seicento.
Ma ecco un altro bell’esempio truculento tratto dalle cronache del tempo (questo proviene dalla Cronaca di Lucerna di Diebold Schilling il Giovane). Siamo nel 1503 a Lucerna e il soldato Hans Spiess è sospettato di aver ucciso sua moglie. Lui contesta di non aver fatto nulla e così viene condotto davanti al cadavere alla presenza dei magistrati. È il momento della prova fatale. Hans Spiess viene denudato, per assicurarsi che non nasconda in qualche taschino un amuleto stregato. Deve giurare quello che sostiene: di essere innocente. Se davvero lo è, non ha nulla da temere.
Ma subito il corpo della moglie, o almeno quello che ne rimane, comincia a sanguinare a fiotti. Per il soldato è la fine: è la prova incontestabile della sua colpevolezza.
Insomma, per il diritto francese dove non arrivano gli uomini di legge, arriva la legge degli spiriti.
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