Con l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna, venne decretata poco dopo l’unificazione normativa dei due territori. Si stabilì però che alcune fattispecie previste dal codice penale sardo non trovassero applicazione nelle “provincie napoletane”: due sono abbastanza peculiari.
Il Regno delle Due Sicilie venne annesso al Regno di Sardegna dopo l’esito dei due plebisciti d’annessione tenutisi nelle province napoletane e nelle province siciliane il 21 ottobre 1860, i cui risultati furono formalizzati con i regi decreti 17 dicembre 1860, nn. 4498 e 4499. A capo delle due “province” venne messo provvisoriamente un Luogotenente Generale del Re, i quali fin da subito si preoccuparono di estendere la normativa sarda a queste due nuove zone.
Entrambi i Luogotenenti il 17 febbraio 1861 emanarono un decreto che estendeva alla loro “provincia” il codice penale sardo del 1859. Nel decreto per le province napoletane, però, si il codice venne esteso prevedendo che ben sette fattispecie di reato non trovassero applicazione nel territorio.
Dunque, fino al Codice Zanardelli del 1889, l’Italia penale aveva diversi regimi eccezionali: in linea generale si applicava il codice penale del Regno di Sardegna del 1859, ma in via speciale la Toscana aveva un proprio codice (ne avevamo parlato qui a proposito delle sanzioni per la bestemmia) e la parte Napoletana dell’ex Regno delle Due Sicilie applicava il codice sardo con le menzionate obliterazioni.
Siamo qui per osservare le fattispecie del codice sardo non incluse.
Articolo 99
Il mandante di un reato è punito come reo di reato tentato anche quando il mandatario non ha compiuto alcuna parte della condotta criminosa.
Articolo 374
Punisce con l’interdizione dai pubblici uffici, il carcere e 2mila Lire di multa chi abbia giurato il falso in un giudizio civile.
Articolo 425
Punisce con dieci anni di lavori forzati gli atti sessuali omosessuali che abbiano generato scandalo.
Articolo 481
Prevede tutta la disciplina riguardo l’incesto.
Articolo 530
Punisce come assassini i malfattori che abbiano ucciso e seviziato qualcuno nel compimento del loro disegno criminoso.
Articolo 533 numero 2
Punisce con la morte l’omicidio volontario commesso senz’altra causa che per impulso di una brutale malvagità.
Articolo 536
Punisce con i lavori forzati chi si è procurato i mezzi idonei al compimento di un omicidio ma poi non li abbia utilizzati (e l’omicidio non avviene).
I reati di sodomia e incesto erano stati aboliti dal governo rivoluzionario francese nel 1791, come reati che “offendono la religione ma non la società“. L’abolizione venne confermata nel Codice Penale Napoleonico, poi esteso anche ai territori italiani dell’Impero (o dipendenti). Riprendendo questo, il Codice Penale del Regno delle Due Sicilie del 1819 non prevedeva sodomia e incesto come reati.
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