22 maggio 1978 – L’aborto diventa un diritto
Dopo anni di dure battaglie, la legge sull’aborto venne approvata il 22 maggio 1978.
Fino a quel momento procurarsi l’aborto era un reato ed era punito con la reclusione da 1 a 4 anni. Il clima cominciò piano piano a cambiare dal 1975 finché, tra polemiche, manifestazioni e contestazioni, la legge n. 194 riconobbe alle donne il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza.
Ma la storia del diritto all’aborto era iniziata già qualche anno prima. Nel 1971 la Corte Costituzionale dichiarava infatti incostituzionale l’art. 553 del Codice penale, che qualificava la propaganda dei contraccettivi come reato e lo stesso anno veniva presentato il primo progetto di legge per l’interruzione della gravidanza.
Si sarebbero però dovuti aspettare tre anni perché la situazione mutasse. Il 18 febbraio 1975 la Corte Costituzionale dichiarò parzialmente illegittimo l’art. 546 del Codice penale riconoscendo la legittimità dell’aborto (solo) terapeutico e il 29 aprile dello stesso anno il Parlamento approvò la legge per l’istituzione dei consultori familiari che, tra le altre cose, si impegnavano nella diffusione dei contraccettivi.
Il 5 febbraio 1975 veniva presentata alla Cassazione la richiesta di un referendum abrogativo degli articoli che sanzionavano, in ogni sua forma, l’aborto. La raccolta di firme iniziò, ma dopo aver raccolto oltre 700.000 firme e dopo la fissazione del giorno per la consultazione referendaria, il Presidente Leone fu costretto a sciogliere le Camere per gli eccessivi timori. Dopo il divorzio l’aborto sembrava davvero eccessivo.
Nonostante la reticenza e lo slittamento a causa dello scioglimento delle Camere, il 22 maggio di due anni dopo la legge sull’aborto venne approvata.
Il dibattito è sempre però stato molto acceso. Nel corso degli anni sono infatti stati proposti più volte referendum abrogativi e ancora oggi poter interrompere la gravidanza non è un diritto da dare per scontato scontato.