Nel 1977, durante il terzo governo Andreotti, fu abolita la festività della Befana. Il giorno era celebrato come festa sin dal tempo degli antichi celti. Anche l’uso di mettere dolciumi in delle calze esisteva da secoli e nel dopoguerra si era diffusa la “Befana del vigile”. Alla fine i bambini piccoli studenti fecero sì che nel 1985 l’Epifania tornasse giorno festivo.
La festa dell’Epifania è sempre stata una ricorrenza molto amata. Forse connessa addirittura a riti propiziatori celtici del VII Secolo a.C., poi fatti propri dal calendario degli antichi Romani con una festa il 6 di gennaio, questa data risulta celebrata dagli antichi cristiani d’Egitto già verso il 120 d.C.
Anche la figura della Befana è molto antica. Come termine popolaresco, riferito a un fantoccio femminile esposto durante la notte dell’Epifania, appare nel XIV secolo, in particolare nei territori della Toscana e del Lazio settentrionale: poi a inizio ‘500 entrò anche nella lingua italiana tramite una rima del poeta burlesco Francesco Berni (Chi vuol veder quantunque pò natura / in far una fantastica befana).
In Toscana era diffuso l’uso delle “befanate“, il corrispettivo dei canti della strenna del Meridione e della pasquella marchigiana: in sostanza un gruppo di bambini e adulti, accompagnati da strumenti musicali, andava cantando porta per porta la sera del 5 gennaio per propiziarsi la Befana e richiedere doni.
Pure l’associazione di calze e dolciumi con la Befana è di lunga data: in un registro di conti del gennaio 1763, appartenente all’archivio della nobile famiglia Serristori, spicca così tra le voci di spesa quella destinata a “confetti e dolci per le calze della Beffana“.
A inizio ‘900 commercianti e industriali presero l’uso di organizzare elargizioni di doni in occasione della Befana a favore dei bambini meno abbienti: la pratica venne poi centralizzata e si passò nel 1928 alla Befana Fascista.
Subito dopo la guerra invece, già nel 1946, si diffuse su tutta la Penisola l’uso della “Befana del vigile“. Vuole la leggenda che dopo il conflitto la condizione delle famiglie dei vigili fosse così miserevole che le varie cittadinanze si mobilitarono per alleviare la loro posizione elargendo pacchi dono con giocattoli per i bambini e generi di prima necessità, ponendoli alla base delle pedane poste agli incroci da cui i vigili dirigevano il traffico. Con il diffondersi del benessere rimase l’usanza, ma i pacchi dono erano raccolti dai vigili per redistribuirli a bambini e indigenti. Negli anni ’60 l’occasione andò scemando, ma permane ancora in alcune città e località.
Insomma, la festa da secoli aveva un forte seguito popolare. Immaginatevi dunque come venne accolta dall’opinione pubblica l’approvazione della Legge 54 del 5 marzo 1977! Era infatti il terzo governo Andreotti, il famoso governo della “non sfiducia” in quanto superò il voto di fiducia in parlamento attraverso l’astensione del Partito Comunista Italiano. La situazione economica era critica, tendente all’esplosivo, come rimarcava il Presidente della Repubblica Giovanni Leone nel suo ultimo messaggio di fino anno, di cui abbiamo parlato qui. Il governo ritenne che in Italia ci fossero troppi giorni festivi e che fosse necessario un disboscamento al fine di aumentare la produzione nazionale.
Caddero sotto la mannaia legislativa il giorno di San Giuseppe (19 marzo), il giorno dell’Ascensione (40 giorni dopo la Pasqua), il giorno del Corpus Domini (il secondo giovedì successivo alla domenica di Pentecoste), il giorno dei Santi Apostoli Pietro e Paolo (29 giugno) e furono spostate rispettivamente alla prima domenica di giugno e alla prima di novembre le celebrazioni della Festa della Repubblica (giorno 2 giugno) e dell’Unità Nazionale (ex Festa della Vittoria della prima guerra mondiale, 4 novembre). Eliminata anche la festa dell’Epifania.
I sindacati non ebbero molto a dire di questa tagliola. Secondo i contratti collettivi in vigore un giorno lavorativo in quelle date produceva uno stipendio doppio, oppure poteva essere preso come ferie.
Papa Paolo VI, invece, da un lato fece buon viso a cattivo gioco, spostando l’Epifania, l’Ascensione, il Corpus Domini alla domenica successiva e togliendo il carattere di festa di precetto ai giorni di San Giuseppe e dei Santi Pietro e Paolo; dall’altro lato dichiarò che liturgicamente l’Epifania era più importante della Pasqua.
Ma apparentemente quello che non potè il Vaticano riuscirono i bambini. Infatti il tasso di assenteismo scolastico il 6 gennaio risultava altissimo, attorno all’80% secondo i giornali. E pure i genitori prendevano le ferie quel giorno.
Già nel 1984 Craxi ripristinò il 6 gennaio come giorno di vacanza scolastica.
L’anno successivo, con il D.P.R. 792/1985, veniva ripristinata agli effetti civili la festività dell’Epifania.
Da allora non se n’è più andata e oggi siamo qua a mangiare la cioccolata o il carbone di zucchero trovati nelle nostre calze.
Riproduzione riservata