Quest’anno il mondo del calcio ha dovuto fare i conti con l’idea di alcuni club di costituire una “Superlega” riservata ai soli membri fondatori. La storia ci racconta però di come questo progetto sia forse stato pensato sulla base di una vicenda del tutto italiana, che riguarda un vero scisma avvenuto negli anni ’20 all’interno della FIGC.
Gli appassionati di calcio e non avranno senza dubbio discusso del progetto, lanciato da 12 club europei (con Juve, Inter e Milan a rappresentare l’Italia calcistica), di creare una nuova competizione continentale, denominata “Superlega”, da svolgersi parallelamente ai campionati nazionali e da porsi in concorrenza con le competizioni organizzate dalla confederazione UEFA (Union of European Football Associations). Al progetto avrebbero fatto parte i 12 club fondatori, che all’interno del panorama calcistico europeo rappresentano una parte consistente dei club più titolati e con maggiore peso economico.
L’Italia, in realtà, avrebbe forse suggerito l’idea ai club della Superlega europea, in quanto all’inizio degli anni ’20 ci fu una scissione che comportò la nascita di due paralleli e concorrenti massimi tornei calcistici: la Prima Categoria, organizzata dalla FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) con il supporto delle federazioni regionali, e la Prima Divisione, torneo ad appannaggio dell’ala scissionista della FIGC, denominata Confederazione Calcistica Italiana. La scissione avvenne nel 1921 e durò lungo tutta la stagione successiva del 1921-22 fino al noto “Compromesso Colombo”.
Le pretese attuali dei club europei della Superlega ripresero le ragioni dei club scissionisti italiani (anche lì Juve, Milan e Inter) di cent’anni prima che lamentarono soprattutto il numero eccessivamente ampio di squadre partecipanti (88 nel precedente campionato FIGC, di cui 64 nella Lega Nord e 24 in quella Sud) e la mancanza di sostenibilità economico-finanziaria di un torneo così vasto. La proposta di riforma dei campionati fu affidata dai club più blasonati a Vittorio Pozzo, Commissario Tecnico della Nazionale italiana e allenatore del Torino (Pozzo fu l’allenatore che guidò la Nazionale alla vittoria dei Mondiali del 1934 e del 1938 e dell’oro olimpico a Berlino 1936). Pozzo presentò un progetto di riforma alla FIGC, che previde un taglio sostanzioso al numero dei partecipanti alla Prima Categoria, proponendo un totale di 24 squadre con il mantenimento della divisione in gironi nelle due leghe territoriali (Nord e Sud) con un sistema di play-off finale per l’assegnazione dello scudetto, relegando molte delle compagini “piccole” alle divisioni inferiori.
Il progetto fu bocciato dalla FIGC e ottenne solo 65 voti a favori rispetto ai 113 contrari: in poche settimane dall’assemblea del 24 luglio 1921 che accantonò il progetto, i club del Progetto Pozzo lasciarono la FIGC e crearono il torneo di Prima Divisione, ideato dallo stesso Commissario Tecnico, costituendo la Confederazione Calcistica Italiana.
Il doppio torneo favorì gli scissionisti, in quanto nella Prima Divisione della Confederazione militarono tutti i club più seguiti, blasonati e meglio organizzati (dalla triade Juventus, Inter e Milan alla Pro Vercelli, futura vincitrice del torneo, assieme a Genoa, Torino, Bologna, Fortitudo Roma e Libertas Firenze). La FIGC, timorosa di perdere definitivamente peso, tentò la via della ricomposizione dello scisma con la Confederazione, la quale ebbe il problema della non affiliazione alla FIFA con annesso divieto per i propri tesserati di disputare match con squadre estere (le competizioni per club che conosciamo oggi nacquero nel dopoguerra) e gli incontri con le proprie nazionali. Le due federazioni tentarono la via del dialogo stipulando accordi nel dicembre 1921 a Brusnengo (VC). L’accordo previde una riduzione da 88 a 50 squadre per il campionato riunificato di massima categoria, così come sancì la possibilità per i club della Confederazione di poter svolgere le partite estere con il beneplacito della FIFA oltre che per i giocatori la possibilità di poter rispondere alle chiamate delle nazionali.
L’accordo di Brusnengo non venne, però, ratificato dall’Assemblea della Confederazione, in quanto i club di Seconda Divisione della Confederazione scissionista vi si opposero, contestando le difficoltà con la riunificazione di svolgere campionati di serie minore con un numero molto alto di squadre e che avrebbe reso difficile una risalita nella massima serie.
Si decise, quindi, di ricorrere ad un giudizio arbitrale con un lodo che garantisse un equo contemperamento dei vari interessi in gioco. L’arbitro designato dalle due federazioni calcistiche fu l’allora Direttore della Gazzetta dello Sport, Emilio Colombo (da non confondere con lo statista Dc).
Il lodo fu emanato il 22 giugno 1922 e riformulò il numero di squadre partecipanti al campionato maggiore arrivando a 56 squadre, divise tra le 36 della Lega Nord e le 20 della Lega Sud (le richieste FIGC furono di 50 e della Confederazione di 24), seguendo sempre la formula dei gironi sulla base della Lega territoriale di riferimento, in cui le vincitrici dei gironi di lega avrebbero disputato i playoff nazionali per l’assegnazione dello scudetto. Dal torneo 1923-1924, però si avrebbe avuta la riduzione voluta dagli scissionisti con 45 squadre, di cui 24 al Nord e 21 al Sud (la riduzione sarebbe stato progressiva di stagione in stagione).
In aggiunta, la Confederazione entrò a far parte della FIGC e i club scissionisti vennero riaccolti entro la FIFA con annessa possibilità di svolgere partite estere. Il campionato maggiore sarebbe diventato la “Prima Divisione” (si sarebbe arrivati fino alla Quarta Divisione con suddivisione a loro volta sulla base delle leghe regionali) con lo scudetto 1922 riconosciuto alla Pro Vercelli, vincitrice nel campionato scissionista (la Novese vinse quello “minore” organizzato dalla FIGC).
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Le polemiche che seguirono vennero attribuite agli spareggi per la salvezza tra le ultime classificate delle prime divisioni e le migliori classificate della seconda divisione dei due campionati (noto il caso dell’Inter che, a causa dell’ultimo posto nel girone di Lega Nord, dovette giocare un doppio spareggio salvezza invece che uno). Il lodo arbitrale creò comunque molte divergenze, in quanto con il taglio delle squadre alcune compagini, già sicure secondo i vecchi criteri FIGC della permanenza nella massima serie, si ritrovarono o retrocesse o a dover giocare degli spareggi salvezza. Sta di fatto che la formula disegnata dal lodo portò il massimo campionato italiano a razionalizzarsi sempre di più nel corso del tempo, cercando di ridurre le compagini ed eliminando le cd. “partite inutili” come i vari scontri di play-off. Con l’uscita di scena di lì al 1929 delle leghe regionali e l’introduzione del girone unico la futura Serie A avrebbe poi preso la forma decisiva di unico campionato con girone all’italiana, determinando la crisi irreversibile di molti dei piccoli club che ai tempi del compromesso Colombo e della scissione si dimostrarono candidati papabili per la conquista del tricolore.
Il giudice arbitro nello sport è stato nel tempo regolamentato ed è, comunque, ancor’oggi molto utilizzato seppur con forme e ritualità diverse, in quanto esso rappresenta lo strumento per la risoluzione delle controversie attinenti al rapporto di lavoro del calciatore: un Collegio Arbitrale è deputato alla risoluzione delle questioni inerenti al contratto di lavoro del calciatore e tutte le controversie nel rapporto tra il professionista e la società datrice. La base giuridica si rinviene nell’art. 21 del vigente Accordo collettivo stipulato il 7 agosto 2012 tra FIGC, Lega Serie A e Associazione Italiana Calciatori (accordo che trova la sua legittimazione nell’art. 4, comma 1 della legge sul professionismo sportivo n.91 del 23 marzo 1981 e successive modificazioni), che disciplina come nel contratto di lavoro del calciatore debba essere inserita una clausola compromissoria per la cognizione e la risoluzione delle controversie citate in capo al Collegio Arbitrale della Lega di riferimento (Serie A, B, C, Dilettanti).
Anche nelle controversie internazionali esiste una Corte Arbitrale di riferimento, individuata nel Tribunal Arbitral du Sport (TAS) con sede in Svizzera a Losanna. La giurisdizione del TAS raccoglie uno spettro più ampio di controversie, dove sono escluse solo quelle inerenti alle regole del gioco e territorialmente è riconosciuta come giurisdizione esclusiva dalla UEFA e dalla FIFA oltre che dal CIO.
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