Il Festival di Sanremo, o Festival nazional popolare della canzone italiana è stato un appuntamento imperdibile per generazioni di italiani, e ancor oggi alla veneranda età di 72 edizioni, riesce ad attrarre spettatori da ogni monitor del Bel Paese. Nel 1961 la rivista TV Sorrisi e Canzoni propone l’elezione dei partiti musicali ispirandosi al mondo della politica: un esperimento seguitissimo dal pubblico, chiamato a votare i propri cantanti preferiti.
La prima edizione risale al 1951, quando l’iniziativa di un gruppo di radiofonici incontrò l’esigenza del comune ligure di attirare turisti nella stagione, quella invernale, meno favorevole all’economia locale. Di lì a poco il successo del Festival sarebbe stato clamoroso, merito anche dei talenti scoperti a partire dalla seconda metà degli anni ‘50 proprio grazie a questa iniziativa. Ricordiamo, fra gli altri, Domenico Modugno nel 1958, Mina, Adriano Celentano e Bobby Solo negli anni ‘60, per gli anni ‘80 Vasco Rossi, Jovanotti e Zucchero, ancora Laura Pausini, Giorgia e Biagio Antonacci negli anni ‘90 per approdare agli anni 2000 con una generazione diversa, ossia giovani talenti che già avevano riscosso successo su scala nazionale grazie a contest come X-Factor e Amici, e che vengono chiamati a Sanremo per “consacrare” il loro successo, quasi a ottenere la benedizione di un pubblico più ampio, quello della Rai: Arisa, Noemi, Emma, Malika Ayane, Marco Mengoni, Achille Lauro e i Maneskin.
Sanremo ha influito moltissimo sulla cultura popolare italiana, musicale e non solo, e ha ispirato contenuti artistici multiformi. Tra questi, un curioso esperimento della rivista Tv Sorrisi e Canzoni.
Era il 1960, l’anno delle prime tribune politiche in televisione, quando i rotocalchi giocavano molto con il rapporto politica-spettacolo. Dopo aver lanciato per settimane dei “referendum” per capire da che parte andavano i gusti del pubblico in fatto di cantanti, nel dicembre di quell’anno la rivista lanciò addirittura delle vere e proprie “elezioni” sulla falsariga di quelle politiche. “Indiciamo le elezioni musicali generali per il Parlamento della canzone italiana 1961“, era il titolone. Travisando il nome dei reali partiti politici sulla scena la rivista creò ben 9 liste musicali con i rappresentanti di 9 diversi generi, dai più “conservatori” ai più “modernisti”.
Lista 1. Partito Restaurazione Melodica
Lista 2. Partito Cantanti Compositori
Lista 3. Partito Attori Cantanti
Lista 4. Partito Italo-Partenopeo della Canzone
Lista 5. Partito Modernista
Lista 6. Movimento di Azione lirica
Lista 7. Partito Estremista dell’Urlo
Lista 8. Partito Musical Moderato
Lista 9. Movimento Juke-boxista
Più a “destra”, sotto il simbolo monarchico della corona, i grandi alfieri della “canzone all’italiana”: Nilla Pizzi, Gino Latilla, Claudio Villa. Nella zona di “centro” musicisti a cavallo fra generi diversi, come Ornella Vanoni. Andando verso “sinistra”, ex esponenti dello “swing all’italiana” come Natalino Otto, cantanti compositori come Domenico Modugno, Gino Paoli e Giorgio Gaber e infine i giovani “urlatori” e “americani”, tra cui Mina e Adriano Celentano.
Oltre 300.000 persone espressero il loro voto e questi furono i risultati:
21.53% – Movimento Juke-boxista
20,28% – Partito Musical Moderato
15,33% – Partito Restaurazione Melodica
15,33% – Partito Modernista
10,54% – Partito Italo-Partenopeo
9,50% – Partito Cantanti Compositori
8,38% – Partito d’Azione Lirica
1,06% – Partito Attori Cantanti
0,58% – Partito Estremista dell’Urlo
La cantante più votata fu Mina, seguita da Peppino Di Capri. In effetti, in qualità di posteri possiamo affermare che la vittoria di Mina esprimeva bene il successo della cantante riscosso dopo la propria esibizione. Mina non vinse la successiva edizione del Festival del 1961 (a portare a casa la vittoria fu Luciano Tajoli in coppia con Betty Curtis), fatto che fece scalpore tra il pubblico e sollevò non poche perplessità. Dopo quella disfatta, la grande cantante italiana decise di non partecipare più come concorrente in gara alle future edizioni del Festival, bensì nella sola veste di ospite. Eppure, da quel momento in poi Mina guadagnò l’ammirazione, tramutata nel tempo in affetto, del pubblico italiano, descrivendo perfettamente la natura del contest di Sanremo: non tanto una gara all’ultima nota, bensì un incontro di generi e artisti capaci di esprimere il gusto dei tempi.
Molti dei brani non vincitori hanno svettato le classifiche di ascolto del grande pubblico, si sono impressi nella memoria collettiva e hanno catturato l’attenzione anche delle generazioni successive. Questa è la vera forza di un Festival che nonostante le critiche, le polemiche sui costi, le accuse di plagio, l’appropriatezza o meno di alcuni presentatori, l’accusa di portare sul palco vecchie mummie della musica italiana, esercita un fascino a cui difficilmente possiamo resistere, anche solo per una serata.
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