La conferenza di Dumbarton Oaks segnò l’inizio di un nuovo ordine mondiale, volto alla pace e alla prosperità. Ma non ci fu soltanto il lavoro dei politici dietro… il nostro focus sugli intellettuali ispiratori.
Il 21 agosto 1944, i potenti della Terra si riunirono a Georgetown, nella bella villa del XIX secolo, per discutere le basi di un’alleanza mondiale al fine di sconfiggere le potenze dell’Asse (Germania, Italia e Giappone) e favorire un equilibrio di pace politica ed economica a lungo termine.
Per due mesi – sino al 7 ottobre dello stesso anno – i vertici di Stati Uniti, Unione Sovietica, Repubblica Popolare Cinese e Regno Unito discussero le basi di un nuovo ordine mondiale. Si trattò dell’anticamera dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, nata da questi incontri periodici proprio tra le grandi potenze che per secoli si erano combattute in nome delle conquiste territoriali e del potere sullo scacchiere internazionali.
Un iter tortuoso
Eppure, sappiamo che un ibrido di organizzazione internazionale a scopo di dialogo fra nazioni esisteva già nel 1919, ossia la Società delle Nazioni, (qui un articolo dedicato) nata all’indomani del Trattato di pace di Versailles che concludeva la Prima Guerra Mondiale. Questo forum tra i governanti della Terra si rese fondamentale nella diffusione di norme e principi internazionali condivisi, molti dei quali ispirano tutt’ora la dottrina vigente, tuttavia non riuscì a fermare l’ascesa delle dittature negli anni ’30 e ’40.
La debolezza della Società delle Nazioni risiedeva soprattutto nel principio di non ingerenza nelle questioni di Stato da parte di qualunque attore terzo. Principio particolarmente vivido negli Stati Uniti, e che vedeva i diritti dell’essere umano in quanto tale, secondi ai principi di integrità e sicurezza dello Stato. Non a caso, la letteratura della prima metà del Novecento affronta con tenacia il dilemma antico quanto la storia umana: viene prima la ragion di Stato o i diritti dell’essere umano?
Al dibattito contribuirono alcuni brillanti intellettuali, i quali ispirarono e spesso contribuirono alla stesura della bozza di statuto delle Nazioni Unite – la Carta delle Nazioni Unite – elaborata tra i dialoghi di Dumbarton Oaks, la Conferenza di Yalta del 7 febbraio e la Conferenza di San Francisco del 25 aprile 1945.
I pionieri della riflessione giuridica attorno l’ONU
Un gruppo di luminari originari del Sud America propose negli anni ’20 il riconoscimento dei diritti dell’individuo come inalienabili, con la conseguente necessità di istituire una forma di protezione internazionale capace di intervenire sullo Stato reo di compromettere il godimento di tali diritti per i suoi cittadini. Una proposta rivoluzionaria per il tempo. Tra i pensatori ricordiamo il giurista cileno Alejandro Alvarez, fondatore dell’American Institute of International Law, il quale elaborò anche una “Bozza di dichiarazione sulle basi fondamentali del diritto internazionale”. Tra i punti fondamentali del suo lavoro, l’art. 29 citava l’importanza di conferire eguaglianza giuridica a tutti i cittadini di tutti gli stati, senza discriminazioni possibili entro il quadro normativo internazionale.
Anch’egli giurista e sincero amico di Alvarez, il greco Antoine Frangulis lottò per diffondere tra i luminari europei l’idea della centralità della diplomazia come strumento pacifico di risoluzione delle controversie tra stati, oltre che per il superamento delle distinzioni e pregiudizi anche in ambito giuridico secondo razza, lingua e credo.
Frangulis collaborò moltissimo con il giurista e diplomatico russo André Mandelstam, il quale preparò a sua volta una “Dichiarazione dei diritti internazionali dell’uomo”. Il preambolo di tale documento è particolarmente significativo, poiché auspicava un pieno riconoscimento dei diritti umani ai cittadini di ogni Stato, appellandosi a:
la coscienza legale del mondo civilizzato
(la conscience juridique du monde civilisée exige la reconnaissance à l’individu de droits soustraits à toute atteinte de la part de l’Etat; Déclaration des droits internationaux de l’Homme, 1929, A. Mandelstam).
La lista degli intellettuali ispiratori dell’Onu è ancora lunga e comprende moltissime personalità di spicco, compresi i coniugi Roosevelt e il presidente Wilson, ma qui vogliamo citare ancora una mente che fu indispensabile per animare il dibattito sull’ONU e i diritti umani entro la società: lo scrittore britannico Herbert G. Wells.
Noto per grandi opere dal sapore fantascientifico, come La macchina del tempo (1895) e La Guerra dei mondi (1897), Wells fu anche un vero attivista politico che sollevò una campagna di opinione tra il 1939 e il 1940, denunciando le conseguenze catastrofiche della Seconda Guerra Mondiale e promuovendo l’idea che una grande associazione internazionale avrebbe evitato in futuro l’orrore dei conflitti. Le riflessioni di Wells spaziavano dal The Times al Daily Herald, dibattendo sulle rivendicazioni che i cittadini avrebbe dovuto fare allo stato in materia di sanità, istruzione, assistenza e retribuzione per garantire realmente il benessere dell’individuo. Proprio sul Daily Herald, il 5 febbraio 1940 Wells apre un dibattito di portata eclatante, partendo dalla domanda:
Per cosa stiamo combattendo?
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