Un augurio di buon Ferragosto dal 1876, tratto dalla prima annata del Corriere della Sera, condito da una riflessione sul vivere umano: politica, società e persino aldilà.
Ferragosto. — Gli anni e i ferragosti sfumano! Da un ferragosto all’altro quante noie, quante devastazioni pubbliche ed intime, quante esultanze che strappano un sorriso dal labbro, un calice di vino dalla cantina, un brindisi dai commensali! Quanti quadri dissolventi! Quante culle e quante bare! quanti percossi è percussori, quante ferite… La vita, insomma, la vita quotidiana, vita spicciola, — altalena continua.
Vieni, vieni pure buon ferragosto del 1876! Già duri un momento, poi entri nella fossa comune, e pochi ti piangono.
Dal ferragosto passato a quello di quest’anno, quali mutamenti! I mortali che ora sono al sommo della ruota dello Stato, gemevano giù. La ruota fece un semplice giro e gli uomini che vivevano di trepide aspettazioni balzarono in alto. Questione di giri: questione di meccanica: tutto si muta, tutto passa… come i ferragosti lombardi.
Chi ve l’avrebbe detto o nuovi mortali che le vostre villeggiature di agosto si sarebbero mutate quest’anno in tanti banchetti più o meno magri? in tanti discorsucci, più o meno prudenti. Ma i ministri passano anch’essi, passano di città in citta a tastare leggermente il polso dei creduti malati.
Ma ahimè i medici nuovi sono accolti freddino, freddino: non ispirano fiducia; si licenziano da noi, ed essi ci esprimono la loro soddisfazione.
Bella soddisfazione! Ditelo voi: non era meglio o signori, le beate villeggiature degli anni scorsi, villeggiature forse vergini di politica? Una fumatina sul piroscafo, un bagno di più nell’onda civettuola del mare, un’escursione sulla balza di musco, le corse libere sui laghi, quattro ciarle con una donnina di spirito! Quali voluttà! Ma la politica assorbe tutto, è la gran piovra, è l’onda che, come nella canzone di Schiller, affascina e affoga… Pure andate là, anche voi siete necessari. Il gran pubblico s’annoia, ha pagato il suo biglietto, vuol novità, vuole nuove apparizioni… non importa poi se la novità non gl’ispiri fiducia e l’anno di nuovo; già tutto passa; è questione di quadri dissolventi, di mole, di giri meccanica; tutto passa… e i ferragosti incalzano.
Nella Serbia rugge la guerra. Chi vince? Chi perde? Chi vede chiaro in tante contraddizioni, in tante incertezze? Buio pesto. Intanto la guerra desola tutto, i villaggi vanno in fiamme, il sangue sgorga a torrenti; l’orizzonte è ottenebrato. Chi vede al di là di quell’orizzonte?
O Vittor Hugo che profetavi la pace eterna dopo gli stermini di Sedan, dove andarono le tue profezie ? Là dove ci son passioni da saziare ci sarà sempre guerra: l’equilibrio è nella calma totale; guerra è vita.
E Milano? — Milano vive e lascia vivere; fa il suo ferragosto come tutti gli anni che il signor Iddio benedetto mette a
questo mondo mal fatto. Tutt’al più qualche novità: la piazza del Duomo che minaccia d’esser fatta e non compiuta; l’arco della Galleria che una volta si sperava di veder uscire dalle mani dell’architetto Mengoni, e il tramway Milano-Monza che passa audace il Rubicone di Sesto, e corre deragliando e sollevando scintille d’ilarità nei viaggiatori dilettanti.
Buon ferragosto! L’augurio ci fa le smorfie dai limpidi specchi dei parrucchieri dove i garcons li hanno infitti quindici giorni prima, per predisporre gli animi. Ci salta rosso agli occhi aprendo un giornale dove il distributore l’ha nascosto di straforo come una rosa fra le spine. Ci è mormorato dal portinaio più premuroso di tutti gli altri miseri giorni dell’anno; e buon ferragosto, null’altro si sente che buon ferragosto; e gl’inglesi che passano transfughi fra noi domandano palpitando se il ferragosto è una specie di colera da cui si salvi chi può.
No miss! bionda miss, non tremate: il ferragosto è una pompa idraulica che assorbe fin l’ultimo singhiozzo le tasche. Se il ferragosto fosse un uomo, noi pur teneri per l’abolizione della pena di morte, vorremmo crocifiggerlo. Morte alle ferie se ci svelano dippiù la caducità della creta umana e la pertinacia del vizio degl’incorreggibili pronipoti di Noè!
Le persone di servizio attendono le mancie: è un’umiltà da parte loro, è il segnale di una degradazione non ancora sparita. La mano non si tende, è vero, ma si tendono, per così dire, le coscienze. Perché il garcon, il domestico… son più premurosi, più carezzevoli, nei giorni che precedono il ferragosto? Sono umiliazioni codeste!
Cominciamo a riparare dal fondo e per farlo non occorre bandirsi riparatori, basta essere una semplice cosa: un po’ più dignitosi! E i popolani ? Gli operai? Questi elementi delle società moderne come festeggiano per lo più il ferragosto ?
Vedeteli: Gli orologi hanno già detto ch’è scorsa la, mezzanotte. Essi escono ubbriachi o quasi, dalle osterie. Hanno accanto le mogli o le amanti, anch’ esse brille avvinazzate e sì trascinano dietro i loro bambini cascanti di sonno, che apprendono troppo presto come l’uom si deturpa nell’abuso del vino e come i guadagni di più giorni sfumano in quattr’ore di gozzoviglia.
Ubbriacatevi sepur volete, ma lasciate a casa i vostri bimbi; lasciateli nelle loro culle, dove, se non sorrideranno per un momento sotto la consueta carezza materna, s’addormiranno placidi come fiori che a sera si chiudono, né udranno i vostri urli, le vostre facili liti, né vedranno deformarvi nelle vampe dal vino.
No ; non vogliamo moralizzare: tutt’altro.
I pulpiti son fracidi, i predicatori non hanno stipendii e predicano al deserto. Perché non prendersi degli svaghi? La vita è così monotona: un’ armonia diversa, una stonatura anche, sta bene. Ma gli svaghi che si risolvono in busse, in ferite, in miseria ecc., ecc., disprezziamoli, perché la stampa onesta non deve accarezzar passioni di sorta, e perché non son fatti per l’operaio che si rispetta. Sono stonature che straziano, non gli orecchi, ma il cuore: e il cuore è una cosina altera e delicata che non dev’essere offesa. « Salviamo il cuore» diceva un filosofo alla buona, è sulla sua porta di casa, aperta a tutti, la gloria ha scritto: Beniamino Francklin.
Del resto, il ferragosto passa: perché forse l’unico suo pregio è d‘essere mortale. E noi l’auguriamo non buono, ma ottimo alle nostre gentili lettrici, ai nostri assidui, e a tutti coloro che si ostinano a volerci bene.