Molti storici concordano che in qualche modo la Conferenza di Jalta fu il preludio della Guerra Fredda. Certo è che in quella conferenza vennero prese le decisioni per definire l’assetto internazionale una volta terminata la guerra. In effetti da lì a pochi mesi la Germania nazista e l’impero giapponese sarebbero stati definitivamente sconfitti, ma già si avvertiva la necessità di ridisegnare le carte geografiche e di dare avvio a una nuova collaborazione internazionale per scongiurare altre tragedie come quella della Seconda Guerra Mondiale.
Venne quindi scelta la località di Livadija, in Crimea (giusto a qualche chilometro da Jalta), presso il palazzo che era stato residenza estiva dello zar Nicola II. Lì si riunirono i capi politici dei tre Paesi alleati che stavano vincendo la guerra: Franklin Delano Roosevelt, Josif Stalin e Winston Churchill.
In una sola settimana di febbraio venne così deciso il futuro di molti Paesi europei. I colloqui proseguirono senza un preciso ordine del giorno: si discusse del destino della Germania, della Polonia, della Jugoslavia e anche del Giappone.
Ogni nazione aveva i suoi interessi da perseguire, quindi si dovette scendere a compromessi: ogni attore che prese parte alle trattative aveva bene in mente che l’aiuto degli altri due era necessario e indispensabile per costruire un futuro di pace e prosperità, come lo era stato per l’abbattimento dei nazisti.
Molti storici concordano però sul fatto che Stalin ebbe la meglio: nella divisione della Germania in zone di influenza, venne stabilito che la zona francese non si trovasse nella zona di competenza dell’URSS; inoltre, ottenne di estendere i confini dell’Unione Sovietica all’intera Polonia. A tal proposito sia Roosevelt che Churchill vennero in seguito criticati per aver concesso troppo al collega georgiano, ma pesava il fatto che i Paesi occidentali avevano ritardato l’apertura di un secondo fronte nel 1944 e che a quel punto le truppe sovietiche avevano già liberato gran parte dell’Europa Orientale. Per quanto riguarda il Giappone, Roosevelt voleva l’impegno di Stalin a entrare in guerra, ottenendo in cambio la metà meridionale dell’isola di Sachalin, le isole Curili.
In fine, si parlò anche delle Nazioni Unite. A dire il vero l’idea di creare un consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite era già stata affrontata nella Conferenza di Teheran, nel novembre di due anni prima. Ora venivano discusse le modalità di voto che il consiglio avrebbe dovuto adottare: la discussione non riguardò tanto l’unanimità, tutti concordarono per essa, ma sul diritto di veto, voluto e ottenuto da Stalin. Il successivo compito di scrivere la Carta delle Nazioni Unite venne affidato ad un’altra conferenza che si sarebbe tenuta pochi a San Francisco.
La conferenza terminò l’11 febbraio del 1945. Di lì a poco il presidente americano, già in precarie condizioni di salute, morirà prima di partecipare alla conferenza successiva, quella di Potsdam; Churchill era invece presente a tale conferenza, ma fu costretto ad abbandonarla per rientrare in patria e accogliere i risultati delle elezioni che lo avevano visto sconfitto dal partito laburista. Poco dopo la situazione internazionale sarebbe cambiata e quel clima di collaborazione e cooperazione venne sommerso dalla “cortina di ferro”.