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51. Il Bacio nel Diritto Penale (1927)

51. Il Bacio nel Diritto Penale (1927)

Vi siamo mancati?

Mi piace pensare di sì, e mi piace pensare che questo primo post della seconda serie di Massime dal Passato sia un po’ come l’incontro tra due amanti che non si vedevano da tantissimo tempo.

Si scorgono da lontano, si corrono incontro, e si sciolgono in un caldo abbraccio e in un lungo bacio.

E non potevamo dunque che riprendere le fila dei nostri discorsi parlando di baci, per giunta nella settimana di San Valentino. Non che voglia soffermarmi chissà quanto su questa ricorrenza, anzi… Per la verità, confesso di nutrire una morbosa curiosità per il modo in cui il protocattolicesimo tirava di sana pianta fuori dal cilindro feste solo per soppiantare le invise celebrazioni pagane. E infatti al Santo Valentino, patrono degli epilettici, morto il 14 febbraio 273 d.C., è toccata la festa degli innamorati senza che forse Egli ne avesse mai saputo nulla, ma solo perché a Roma nello stesso periodo si gozzovigliava ai Lupercàli, una festa in perfetto stile pagano che culminava il 15 febbraio, con una straordinaria estrazione a sorte di coppie tra giovani.

Fu poi la Chiesa a istituire la festa degli innamorati il 14 febbraio, proprio per far perdere ai romani il vizio dei Lupercali. Se odiate le vetrine dei negozi addobbate con i cuori a casaccio, beh… sapete con chi prendervela.

Comunque, visto che ci tocca, cogliamo la ghiotta occasione di raccontarvi una storia un po’ d’amore. Ma partiamo dalla massima.

Romantico vero?

Più che altro, tranquillizzante: si può abbracciare e persino baciare una ragazza in pubblico, senza che questo possa essere ritenuto oltraggio al pudore.

In realtà, dietro questa massima si nasconde una storia un po’ più problematica, quella di Paganelli Antonietta e Gallo Enrico Ernesto (praticamente: storia di una paganelli e un gallo. Ok, scusate).

Non si sa se i due fossero fidanzati, si conoscessero o semplicemente si fossero visti per la prima volta nell’osteria dalla quale uscirono insieme a tarda ora. Fatto sta che da lì, si diressero insieme in un vicino prato (nel caso di specie trattavasi di prato adiacente al tratto di linea ferroviaria Ciriè-Lanzo).

Lui la teneva abbracciata e la baciava.

Tempo dopo la Paganelli denunciò il Gallo sostenendo di essere stata violentata.

Noi non c’eravamo e non sappiamo come andarono le cose: il Tribunale diede ragione alla donna, mentre la Corte d’Appello sostenne che la Paganelli era una “fanciulla assolutamente non degna di fede” in quanto le “lanciate accuse erano in gran parte fantastiche” (in gran parte…).

E poiché gli atti accertati compiuti dal Gallo (baci e abbracci) “sia pure in luogo pubblico” non erano “di tale fatta da offendere il pudore o il buon costume”, la Corte lo assolse.

Ora vi starete chiedendo: tutto qui?

No. La sentenza, pubblicata dal Foro Italiano, è accompagnata da una nota eccezionale dal titolo “Il bacio nel diritto penale”, che riporto qui sotto, scritta da un magistrato che definisce descrive, analizza e compara tutti i baci possibili dell’essere umano.

E infatti:

se il bacio può essere definito in via generica l’imprimere le labbra chiuse sull’altrui cute ed allentarle in uno schiocco, esso è vario per le intenzione pei modi

Si distingue così tra il bacio per amore riverenziale, affettuoso, amoroso, sessuale ed erotico. Fateci sapere cosa ne pensate e quali sono i vostri passaggi preferiti. Il linguaggio è quello che noi amiamo di più: aulico, poetico, ridondante, forse anche un po’ bigotto, ma in fin dei conti siamo nel 1927, e un po’ di pudore che male fa?

(Buona lettura. E… bentornati)

Il bacio nel diritto Penale (1927)

Dire che il bacio non costituisce reato, così puramente e semplicemente, è dire meno che niente. Poiché se il bacio può essere definito in via generica l’imprimere le labbra chiuse sul l’altrui cute ed allentarle in uno schiocco, esso è vario per le intenzioni e pei modi, e può assumere importanza giuridica per le speciali circostanze in cui vien dato. Ed è qui appunto che dottrina e giurisprudenza variano come gamma cromatica. Fare una enumerazione ed esposizione delle svariate opinioni sarebbe troppo lungo; ond’è che riuscirà più agevole l’accennarvi nel corso di questa breve nota.

Il bacio va distinto, per le intenzioni, in due categorie, sebbene sua causa sia sempre l’amore, che è poi anche esso duplice: amore riverenziale, che va dall’affetto familiare a quello amicale, e quindi bacio riverenziale o affettuoso; amore sessuale e quindi bacio erotico.

Quanto ai modi la prima specie di baci non dà luogo a varietà di sorta: è dato generalmente al viso, alla fronte, ai capelli, in uno schiocco isolato o ripetuto, ovvero, quando la commozione soverchia, con muto, prolungato accostamento. È il bacio degli arrivi gioiosi e degli addii dolorosi, il bacio che alle liete e alle tristi novelle avvince gli animi di coloro che vi partecipano; è il bacio che la mamma, ancora spossata, accosta, come il primo di una lunga serie, al frutto del suo seno che geme alla prima luce che lo investe; è il bacio che ognun di noi si piega a porgere alle gelide fronti che la bara presto chiuderà.

Questo bacio, che è delizia dell’anima, delizia, direi gioiosa o dolorosa, dell’anima di chi lo dà e di chi lo riceve, che è balsamo al cuore, che unisce sempre più i cuori in comunione d’amorosi sensi, e li eleva e li fortifica; questo bacio che è il simbolo della fraternità che unisce l’uomo all’uomo, è dolce al l’occhio di chi lo contempla, e desta in altrui soave eco di piacere o di dolore. E quindi esso può essere dato e scambiato in pubblico ed in privato, senza che offra ad alcuno causa di ripugnanza, di fastidio, di vergogna o di scandalo.

Diverso è il bacio erotico, la cui origine è nel desiderio che spinge per la procreazione l’un sesso verso l’altro. Esso è di varie specie. Vi è il primo bacio tra ancora ingenui fanciulli; un attimo, un muto accostarsi di labbra tremanti, in un brivido di anima e di sensi, in un timore e in uno sgomento indefinibili: manca forse lo schiocco, tace l’istinto sessuale. Questo, pel turbamento dei soggetti, è causa remota; agisce come causa prossima l’affinità dei cuori. Questo bacio fugace, che Cirano definì “un’istante d’infinito che ha il fruscio d’un ape”, e a Rossana turbata incalzava “sì pura cosa è un bacio”; questo bacio che il DUPRÈ con soave semplicità descrisse, nei suoi Ricordi, dato a quella che fu la compagna della sua vita, tra l’erbe odorose della finestrella della casa di lei, è scambiato lungi al rumor degli uomini, e non pei neri angiporti; e se per caso occhio indiscreto possa sorprenderlo, per la sua istantaneità, per la sua incompiutezza, pel distacco che subito sorge tra i soggetti timorosi, perplessi e tra loro stessi vergognosi, non scuote gli altrui sensi e l’altrui suscettibilità, onde alla sua vista ben potrebbe ripetersi “sì pura cosa è un bacio”.

Né offende chi vede il bacio che tra fidanzati, amanti, o coniugi viene scambiato alle partenze, agli arrivi, agli auguri ed in altre circostanze della vita, poiché in esso sebbene vi sia parte dell’affinità sessuale, predomina l’elemento affettuoso e riverenziale, così che molto si avvicina all’altra categoria di bacio poc’anzi descritta: anzi allo spettatore appare addirittura sotto la specie di questo.

Ma il bacio sessuale assume altra importanza quando esso è frutto assoluto del desiderio dei sensi. Cosa invero meravigliosa e cardine della vita è la generazione, ed anche santa: e tutto quanto ad essa prepara e contribuisce partecipa di quella santità.

E perciò l’uomo, dal giorno che ebbe percezione ancor vaga della santità del mistero della procreazione, ed ebbe tribunali ed are, abbandonando l’orda primitiva, circondò l’unione sessuale di riti e di mistero.

L’esclusività propria dell’amore, la gelosia, il desiderio o la ripugnanza che simili atti potrebbero in altri destare, il bisogno che essi dànno di essere soli per l’abbandono completo fisico e spirituale, di più il deleterio influsso che essi potrebbero avere sui fanciulli, tenere pianti celle che non debbono né fiorire ancora né fruttificare (maxima debetur puero reverentia), tutto ciò contribuì a circondare con le ombre del segreto i riti d’amore. Per secoli, anzi per millenni, l’umanità conservò simili costumanze. Ed anche quando l’amore fece a meno delle solennità civili o religiose, ovvero fu semplice brutale accoppiamento esclusa ogni idea di procreazione, non per questo fu pubblico, anzi vie più cercò l’ombra ed il mistero.

Tutti questi motivi psicologici e morali, con la secolare pratica della solennità e del segreto, formarono e formano il pudore soggettivo o individuale, e quello oggettivo o pubblico, per cui chi compie atti sessuali ha vergogna del pubblico, e questo a sua volta sente offesa ai suoi sentimenti, e ripugnanza al vederli compiere, oltre che stima essi (ed in realtà tali sono) di esempio pernicioso non solo ai fanciulli ed ai giovani, ma anche agli adulti. Guai se così non fosse! Sarebbe distrutta la santità della famiglia, e la civile convivenza in una promiscuità oscena, e l’uomo ritornerebbe quale era una volta “in grege taurus”.

Ora che cosa è il bacio sessuale propriamente detto, se non il preludio o l’accompagnamento degli atti procreativi? Oh i platonici amori di felice memoria! Se pure esistettero o esisto no, non certo si pascono di baci, essendo essi in tutto spirituali. Ma l’amore umano — è incontravertibile — è amore per la generazione, e il bacio sessuale è nell’ordine di questa.

Il bacio sessuale non è il solo unico schiocco del bacio riverenziale, o il fulmineo toccamento del primo bacio d’amore; per esso due bocche si toccano e si attaccano in accostamento lungo e complesso, ovvero in ripetuti schiocchi disseminati tra la fronte ed il collo, mentre le braccia cingono i capi ed i corpi perché il bacio sia più profondo, e le membra hanno risonanza di lussuriosa dolcezza. Esso è il preludio di quegli atti, anche se, per tante diverse circostanze, quegli atti non possano o non debbano seguire.

Può, è vero, coesistere a sè; ma ciò non toglie che in esso non vi sia soddisfazione, sebben parziale, dei sensi, e il pensiero di coloro che se lo scambiano non sia rivolto a più intimi abbracciamenti.

Ora esaminiamo quale sia il comportamento di coloro che si scambiano il bacio sessuale, e quale l’impressione di coloro che vi assistono.

E prima dobbiamo rilevare che non è esatto il dire delitto di oltraggio al pudore l’agente deve aver voluto offendere il pubblico pudore. È esatto invece, in conformità di quanto insegna l’art. 45 cod. pen., che l’agente abbia voluto il fatto di per sé offensivo del pudore pubblico. Se così non fosse pochi di tali fatti cadrebbero sotto le sanzioni legali, perché se non impossibile, difficile è che alcuno compia atti immorali allo scopo di disgustare i presenti.

E per ciò volevamo osservare che le coppie che intendono intimamente abboccarsi cercano luoghi appartati; e quando altro non possono, e sono costretti a vagare all’aria libera, scelgono i campi, le siepi, i sentieri, le strade cittadine deserte per la notte, i bastioni fuori le mura . . . Nessuno mai vide coppie scambiarsi baci erotici in pieno giorno, o nelle ore affollate serotine, in piazza Colonna a Roma, o in Galleria di Milano. E se gl’innamorati sono condotti alla presenza del magistrato per rispondere di offesa al pudore, è sempre perché essi furono sorpresi dal vigile solerte, o avvistati dal raro tardivo passante; mentre era in loro la speranza, se non la convinzione, di non essere visti.

Quindi coscienza in essi di compiere un atto che debba essere sottratto alla vista altrui, e offensivo della moralità sociale. Di contro quel raro pubblico, che a simili baciucchiamenti, con inseparabili abbracciamenti, assiste, non certo applaude o assente, né resta indifferente come dinanzi ad un evento comune. Poiché se è persona di retti sentimenti prova disgusto e contrarietà, riprovando tra sé stessa gli imprudenti che portarono in luogo pubblico le loro intimità, con pericolo di scandalo per l’infanzia; se persona di istinti mal guidati sentesi attratta e stimolata a fare altrettanto, o a riderci su sollazzando visi, se fanciullo o giovinetta pudichi sentono sgomento, o morbosa curiosità di vedere o di apprendere, mentre la loro fantasia galoppa pei campi del reale e dell’irreale. Ed ecco che il pubblico pudore è offeso; forse con minore intensità di quanto non sia da atti più intimi, ma offeso. Ed è offeso il pudore, non la decenza, poiché, se questa è più lata ma meno intensa e risponde a quel sentimento cui ripugnano atti o atteggia menti di persone isolate, in contrasto con le norme del vivere civile e dell’educazione; il pudore invece, se è meno lato, è più grave per intensità; ed è propriamente da una parte (individuale) quel vago timore di compiere, specie se pubblicamente, atti sessuali, e dall’altra (pudore pubblico) quel senso correlativo, diffuso naturalmente, e rafforzato dall’educazione e da fattori civili ed anche religiosi, onde noi tutti avvertiamo turbamento per gli atti sessuali, dal bacio all’amplesso, di coloro che appunto al pudore individuale fanno strappo. Dunque il bacio sessuale o erotico, scambiato in luogo pubblico o esposto al pubblico, costituisce oltraggio al pudore.

Fin qui del bacio pubblico consensualmente scambiato.

Resta da fare un accenno sul bacio a fanciulla renuente.

Non vi è dubbio, e pare non vi sia dissenso in dottrina in giurisprudenza, che il bacio dato in privato a fanciulla non consenziente, costituisca il delitto d’ingiuria: manca, per difetto dell’estremo della pubblicità, il pudore pubblico che ne dovrebbe rimanere offeso; l’atto offende semplicemente il pudore del soggetto passivo, compreso nel più ampio concetto di “decoro”.

Ma il bacio erotico a persona riluttante, dato in pubblico anche se per ripicco e dispetto, è ingiuria alla persona, perché offende il suo decoro, ma è anche offesa al pubblico pudore, perché agli astanti produce la stessa impressione di turbamento, aggravata dal contrasto delle due volontà, e dalla visione della prepotente brutalità di chi bacia, che il bacio erotico consensualmente scambiato: apparendo esso a chi vede come frutto degli istinti lussuriosi dell’agente anche se questi in fondo siano assenti.

E poiché con lo stesso fatto si violano più disposizioni di legge, imputandosi l’individuo di due reati, la sola pena più grave (offesa al pudore) lo colpirà. Facile è che per dare il bacio a persona renuente, si usi violenza, come il trattenerla a viva forza tra le braccia, o anche minaccia: poiché il bacio erotico è uno degli atti di soddisfazione sessuale, e quindi atto libidinoso, non esiterei a far rientrare il fatto, se vi fosse querela di parte, nella disposizione che punisce gli atti violenti di libidine (333 cod. pen,), oltre che, per concorso formale in quella dell’oltraggio al pubblico pudore, se concorra l’estremo della pubblicità. Questa configurazione giuridica risponde meglio alla realtà dei fatti, e alle esigenze del diritto, che non l’altra della violenza privata: caratteristica di questo delitto è che il fare o il tollerare o l’ammettere che da altri si pretenda non costituisca una lesione di diritto speciale punito in modo particolare, mentre qui vi è la violazione del pudore individuale con un atto libidinoso, il bacio, particolarmente punita.

È stata talvolta esaminata l’ipotesi del bacio dato in pubblico a fanciulla non consenziente, per costringere per tal via la famiglia di lei a concederla in isposa; ed è stata prospettata l’ipotesi della violenza privata.

Non bisogna dimenticare che per il delitto di violenza privata è essenziale l’esplicazione da parte dell’agente di una vera e propria forza fisica sulla persona, o di una forza morale o minaccia, e non è sufficiente il solo contrasto di volontà come nello spoglio; ora se il bacio è dato senza violenza o minaccia, come con l’improvviso accostarsi, non si comprende come potrebbe integrarsi il delitto di violenza privata senza il materiale o morale costringimento della fanciulla. E se questo costringimento vi fosse, esso sarebbe diretto ad ottenere che il bacio fosse tollerato; così che lo scopo recondito di pregiudicare la fama della fanciulla onde la famiglia si induca a darla in isposa, rientra tra i motivi che non affiorano alla luce come elementi costitutivi di un delitto. D’altronde o che il bacio sia dato con violenza o senza, si dovrebbe poter dimostrare che esso costituisca una minaccia, vale a dire la promessa d’un male futuro a carico della famiglia della fanciulla, se è vero che in alcune regioni “bocca baciata perda fortuna, né si rinnovi come fa la luna”. Ora quando, in queste regioni, il bacio è dato, il danno è pur troppo avvenuto, e la fanciulla e la famiglia null’altro hanno da temere. Se la famiglia non si decida a concedere la donna in isposa, ha aperta dinanzi a sè la via civile del risarcimento dei danni; ma il fatto del bacio va circoscritto nei limiti suoi propri, e inquadrato nelle ipotesi delittuose sopra delineate, cioè d’ingiuria, d’oltraggio al pudore, ovvero di atti violenti di libidine.

Dal bacio a fanciulla, che per caso s’incontri in luogo pubblico, può talvolta esulare il reato d’ingiuria ed anche l’oltraggio al pudore; quando cioè dell’istinto libidinoso, che ne è il movente, prenda il posto l’animus iocandi, come se alcuno mascherato in tempo di carnevale accosti un bacio a fanciulla con o senza maschera. In tal caso, non solo manca nell’agente la coscienza di compiere atto offensivo del decoro della fanciulla e del pubblico pudore, ma l’atto stesso non è appreso come offensivo del proprio decoro dalla fanciulla, né desta negli spettatori turbamento o scandalo. È però un atto importuno, fastidioso; e bene fu deciso considerandolo come turbamento della privata quiete.

Nello stesso giorno in cui la Corte d’appello di Torino giudicava non costituire reato il fatto di colui che in luogo pubblico “tenevasi abbracciata una fanciulla baciandola”, il Preore di Cremona con sentenza del 22 ottobre 1927, inedita, similmente giudicava pel fatto di chi in teatro baciò sui capelli una sartina sua amica. Comprendiamo la perplessità del Pretore di Cremona di fronte a un atto fugace sulla parte della persona ove si posano i baci più puri, sebbene anche egli avrebbe dovuto tener presente non tanto il movente del giovane, quanto l’impressione del pubblico, poiché nell’offesa ai sentimenti di questo e nell’apparenza impudica dell’atto, concretasi il reato, anche se nell’agente non vi fu scopo lussurioso.

Ma la sentenza della Corte di appello di Torino non appaga né il senso giuridico, né quello morale. L’opera della magistratura non è solo repressiva, ma anche correttiva. Per fortuna alcuni sentimenti e alcune condotte di vita sono tal mente radicati nell’anima umana, che non vale a deviarli neppur l’errore di qualcuno di quelli che su tali sentimenti devono vegliare.

Che se così non fosse, facilmente vedremmo le coppie starsene o passeggiare ovunque abbracciate e a lungo bacciucchiarsi, e gli astanti far forza a sé stessi per adattare l’animo loro alla nuova pubblica morale.

Giudice Loreto Severino

Il Foro Italiano, 53, 1928, 59

© Riproduzione Riservata

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