Da che ne esiste memoria, l’uomo celebra il solstizio di inverno e la rinascita della luce che sconfigge le tenebre.
È il perenne susseguirsi delle stagioni, del giorno alla notte: il ciclo della vita che si rinnova.
Questo vale ovviamente nell’emisfero boreale, perché dall’altra parte del mondo avviene l’inverso: il 21 dicembre inizia l’estate, fa caldo, caldissimmo, e le giornate iniziano ad accorciarsi, proprio come avviene quassù nel mese di giugno.
Da piccolo non voleva proprio entrarmi in testa questa cosa che proprio con l’inizio dell’estate il sole inizia a tramontare ogni giorno un po’ più presto, e che con l’inverno avviene l’opposto. Quasi come l’altra assurda storia che mi raccontarono il giorno che ho compiuto sette anni (il 28 agosto 1993, estate, ma fine, quindi coi giorni più corti) quando mi dissero: “Ora sei entrato nell’ottavo anno di vita!“: inspiegabile.
Comunque, bando alle ciance, con il tempo mi sono fatto persuaso che anche le cose più assurde, se ci pensi bene, tornano eccome. E tornando al nostro solstizio di inverno, dicevamo, l’uomo lo celebra da sempre. Nel mondo cristiano questa rinascita è rappresentata dalla nascita di Gesù, che come noto è nato sette anni prima se stesso. Ma poco importa il dato storico, ciò che conta è la simbologia e il messaggio che questa festa porta con sè.
Se qualcuno provasse a chiedermi: “Cos’è per te il Natale?“, io risponderei senza esitare: regali, treno, famiglia…
…Ma soprattutto interminabili sfide a Sette e mezzo, Cucù, Mercante in Fiera, e poi lei, la regina della festa: la Tombola.
Un Natale senza la Tombola, sarebbe come un pandoro senza zucchero a velo, come gli struffoli senza miele, un mostacciulo senza la glassa, come un presepe senza Benino. Insomma, perderebbe tutta la sua magia!
E parlo della Tombola, Tombola, quella vera, con il cartellone, i ceci, il cestino di vimini con i numeretti rossi, con l’ambo e il terno, e non della brutta copia importata dall’america.
Non voglio nemmeno tediarvi troppo con la storia della Tombola e della sua origine: Nel ‘700 a Napoli sorse una diatriba tra il Re Carlo III di Borbone e il frate domenicano Gregorio Maria Rocco. Il re voleva legalizzare il gioco del lotto, che all’epoca veniva svolto clandestinamente, e far sì che a gestirlo fosse direttamente lo Stato. Il frate riteneva il lotto una attività immorale che distraesse dalla preghiera. Naturalmente in questa impari diatriba la spuntò il re, che però accettò di sospendere le estrazioni del lotto durante le sante feste natalizie (a proposito, per una succulenta massima dal passato proprio sul lotto, leggi qui).
Ma invece i cittadini avevano ben piacere di farsi distrarre dal gioco, e proprio non sopportavano l’idea che le estrazioni si fermassero. Così inventarono la Tombola, nient’altro che una versione casalinga del lotto e che prende il nome dalla forma cilindrica dei numeretti, così tanto simile a quella del tombolo, strumento per filare un tempo molto diffuso.
Il gioco nelle mura domestiche non violava nè le prerogative dello Stato, nè i divieti di gioco in certi periodi dell’anno. E così è ancora oggi!
E naturalmente il fatto che si possa giocare a Tombola, non vuol dire che chiunque possa mettersi in piazza, vendere cartelle e iniziare a estrarre i numeri, giocando coi passanti, come per esempio aveva fatto più di 130 anni fa il signor Riccomini (incredibile quanto in queste sentenze i nomi delle parti siano sempre semanticamente connessi ai fatti narrati) nella piazza di Camigliano in provincia di Siena.
E quindi a questo punto vi lascio alla sentenza. Il mio regalo di Natale è che questa volta la sentenza è breve, brevissima.
Provate a leggerla mentre giocate a Tombola. Vediamo se qualcuno fa ambo prima che sia finita.
Auguri!
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