Una radio a Venezia (1934)
Avete bisogno di un pensiero romantico? Eccovi serviti.
Provate a rilassare la mente, come quando si chiudono gli occhi. Ci riuscite?
Immaginate, per esempio, di essere a Venezia, la città dei sogni. Scordatevi la città di oggi però, nessuna orda di turisti, nessuna paccottiglia, no grandi navi. Siamo nel 1933, e queste meraviglie della modernità non ci erano ancora state donate dal destino.
È estate. Per essere precisi luglio, il 10 luglio. Non fa caldo, si sta bene. Pochi passano nelle calli, qualche gondola ancora si attarda, è lunedì. Sono le dieci di sera e c’è ancora quasi la luna piena.
Si sente il fruscio leggero dell’acqua che scorre sotto i ponti e, in lontananza, la voce di una radio che evapora da una finestra ancora aperta con una luce ancora accesa.
I radiogiornali del regime a quell’ora sono finiti, e persino l’Eiar ci risparmia la propaganda diffusa dalle radio superette. La musica leggera è è tenue, e culla al passo della notte.
Bello vero?
Eppure, c’è sempre un guastafeste. Un antipaticone a cui non va bene nulla, e che detesta persino quel po’ di brezza di musica che c’è in giro! La denuncia per disturbo della quiete pubblica e privata e dietro l’angolo. Ci casca il Pretore di Venezia, che condanna i proprietari della nostra radio magica, proprio ché “la sera del 10 luglio 1933 nella propria abitazione in Venezia alle ore 22 facevano funzionare a voce molto alta un apparecchio radiofonico“.
Per fortuna, a far giustizia dei nostri docili pensieri c’è la Cassazione, che distingue il giusto dall’ingiusto.
Nella breve sentenza che sotto trovate riportata per intero, potrete scoprire i motivi per i quali non c’è alcun disturbo della quiete pubblica a tenere una radio accesa di sera.
Tra questi, il fatto che:
chi vive nelle grandi città, ove l’uso della radio è entrato in quasi tutte le famiglie, sa che specialmente d’estate, in cui le finestre sono tenute aperte, la sera è un coro di radio che dura fino a quando non tacciono le stazioni. E, salvo particolari oasi di ipersensibilità, nessuno ne prova fastidio, perchè ciò è entrato nelle abitudini di vita, come il passaggio del tram, lo strombettio delle automobili e tanti altri rumori che le esigenze della vita moderna comportano
Nulla di cui stupirsi dunque, né di cui lamentarsi.
Nemmeno a Venezia, “la città del silenzio” .
E allora.. non vi sembra un po’ di sognare?
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