Dulcis in fundo, l’ultimo brevetto di questa rassegna è davvero fenomenale: una fabbrica di calzature operata da androidi e automi. Questo è quanto forma oggetto del brevetto n. 284338 del 4 settembre 1883 che quindi testimonia che, oltre un secolo fa, all’inventore, signor R. G. Shute, venne un’idea che appare ancor’oggi più che futuristica.
Mediante un sistema di ingranaggi, leve e barre, i robot-operai posti presso appositi banchi di lavoro, sono in grado di compiere le operazioni necessarie alla fabbricazione di calzature.
O almeno così il furbissimo inventore ci lascia intendere fino alla fine della descrizione del brevetto, subito prima delle rivendicazioni. Perché è proprio a questo punto che, dopo aver descritto nei dettagli le meravigliose meccaniche della sua invenzione, il signor Shute alza il velo sul reale oggetto del suo brevetto, allorché, con candida nonchalance, scrive: “Il gruppo di di automi appare così al lavoro, come gli operai di una fabbrica di scarpe”; si tratta quindi, chiaramente, di un giocattolo, al più di un oggetto per sollazzo!
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E così, alla fine di questo nostro viaggio, siamo tornati al punto da cui eravamo partiti: perché, in ultima analisi, i robot, gli automi e l’intelligenza artificiale, pur in senso lato, sono giocattoli e sempre lo saranno; o, almeno, alla stregua di giocattoli dovranno essere sempre trattati e considerati: oggetti e dispositivi per servire e aiutare noi esseri umani e la nostra collettività, che non saranno mai in grado di sostituirci e ai quali non dovremo mai dare “potere”, neppure quando sembreranno così simili a noi e così meravigliosamente seducenti, sia intellettualmente che fisicamente, che tutto ciò ci potrà risultare persino difficile.
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