Cento anni fa venne utilizzata per la prima volta l’insulina per trattare un paziente, e cominciò così il lungo cammino della ricerca per la lotta contro il diabete, ancora oggi percorso da molti scienziati.
Dobbiamo innanzitutto scusarci coi nostri lettori: è da molto – troppo – tempo che non pubblichiamo alcunché, ma purtroppo lo studio “matto e disperatissimo” e le “sudate carte” del lavoro ci hanno completamente assorbito.
Non potevamo però lasciare Brevetti dal Passato senza almeno un contributo estivo, per consentire a chi ci segue di sollazzarsi un poco nel periodo agostano, auspicabilmente in qualche riposante, quanto amena, località di villeggiatura.
Complice un importante anniversario, abbiamo trovato un argomento a nostro modesto parere davvero interessante: il diabete.
Il diabete mellito è senz’altro uno dei flagelli della nostra epoca. Affligge circa 400 milioni di persone in tutto il mondo, ed è causa di gravi comorbidità, sofferenza, aumento della spesa sanitaria e spesso morte precoce.
Di diabete mellito (da non confondersi con l’assai diverso – soprattutto per eziopatogenesi – diabete insipido) ne esistono principalmente tre tipologie:
- il tipo 1, altresì detto “giovanile” perché ad esordio precoce – normalmente entro i 14 anni di età – e di origine perlopiù autoimmune (ma talvolta, anche se raramente, idiopatica); questo tipo di diabete determina la progressiva distruzione delle cellule beta delle isole di Langerhans (e cioè delle parti endocrine del pancreas, deputate alla secrezione di ormoni nel torrente circolatorio, e non di enzimi digestivi);
- il tipo 2, anche noto come “senile” perché prevalente nella popolazione anziana, le cui cause sono in parte genetiche e in parte multifattoriali legate soprattutto allo stile di vita (obesità, vita sedentaria, compresenza di patologie cardiovascolari, etc.); questo tipo di diabete è perlopiù determinato dal meccanismo di insulino resistenza, e cioè da una diminuzione della sensibilità all’insulina da parte dell’organismo, con la conseguenza che il glucosio non riesce ad essere assorbito e rimane nel sangue;
- il gestazionale, che insorge nelle donne gravide tra il 5° e il 6° mese di gestazione, e dovuto a un eccessivo incremento dell’insulino resistenza della madre, normalmente necessaria per permettere al feto di avere a disposizione glucosio.
Quindi, se manca l’insulina, o il corpo sviluppa ad essa resistenza, la concentrazione di glucosio nel sangue aumenta e permane a livelli eccessivi, portando a complicanze (talvolta anche gravi, specie se il diabete è scompensato) sia a breve termine, sia lungo termine.
Il diabete mellito è noto da millenni (si chiama mellito perché veniva diagnosticato assaggiando le urine del paziente, che risultavano dolci a causa della presenza di glucosio – c.d. glicosuria).
La prima testimonianza della malattia risale niente meno che al 1500 a.C. circa, essendo riportata nel famoso Papiro di Ebers, redatto durante il Regno di Amenhotep I, e nel quale si descrive una condizione caratterizzata da rapida perdita peso e diuresi frequente (c.d. poliuria).
Per il diabete mellito l’anno 2022 è di enorme importanza: segna infatti i 100 anni dall’inizio dell’utilizzo terapeutico dell’insulina per trattare l’iperglicemia.
Il merito di questo importante progresso medico è di Frederick Grant Banting e Charles Herbert Best che, dopo aver scoperto e isolato l’insulina insieme a John James Rickard Macleod e James Bertrand Collip, furono i primi a estrarla dal pancreas di maiale e a utilizzarla in clinica per trattare un essere umano.
L’11 gennaio 1922, all’ospedale di Toronto, Banting e Best somministrarono l’insulina estratta dal maiale al giovane Leonard Thompson, ragazzo di 14 anni in fin di vita a causa dell’iperglicemia. In circa 24 ore dalla somministrazione dell’ormone, i livelli di glucosio nel sangue del giovane Thompson tornarono a concentrazioni normali e le sue condizioni cliniche si normalizzarono.
Questo risultato ha segnato una svolta epocale, perché ha dimostrato che era possibile curare (o, quanto meno, trattare) il diabete somministrando insulina e, appena un anno dopo, nel 1923, valse a Banting e Macleod il Premio Nobel per la Medicina.
Il problema più significativo era che l’insulina estratta dal pancreas di un singolo maiale era appena sufficiente a trattare un paziente per sei giorni, e quindi ottenere l’ormone era assai dispendioso sia in termini economici, sia in termini di tempo.
Questa situazione non mutò sino al 1970, quando mediante la tecnologia del DNA ricombinante si riuscì a produrre insulina senza doverla estrarre dai pancreas di animali. Tramite un apposito “veicolo”, la sequenza di DNA codificante per l’ormone umano viene inserita all’interno di batteri che provvedono così a produrla utilizzando a tal fine la loro macchina molecolare. Questa tecnologia è ancora oggi utilizzata e ha anche permesso di produrre diversi tipi di insuline, utili a seconda delle esigenze terapeutiche e del singolo paziente (es. a rilascio immediato, a rilascio prolungato o ritardato, etc.).
Come immaginabile, intorno al mondo dell’insulina e del diabete negli ultimi 100 anni si è compiuta moltissima ricerca, e ciò ha dato origine a molte invenzioni e a molti brevetti.
Tra i brevetti del passato inerenti al “mondo” del diabete ne abbiamo trovati alcuni alquanto interessanti.
Il brevetto statunitense n. 1,541,115, depositato il 19 maggio 1923 e concesso il 9 giugno 1925, riguarda un metodo per l’estrazione di sostanze da solidi, da utilizzarsi in particolare nell’industria farmaceutica per l’estrazione di sostanze desiderate da carne e altri tessuti animali nonché da materiali di origine vegetale.
L’obbiettivo dell’invenzione è di prevedere un metodo di estrazione che fornisca un’alta percentuale di sostanze estraibili tramite un’operazione rapida ed economica, e altresì in modo continuo e a circuito chiuso, in modo da poter utilizzare solventi molto volatili senza il pericolo di una loro perdita per evaporazione.
Questo obbiettivo è raggiunto sottoponendo le particelle di materia solida alle forze che agiscono all’interno di un film di solvente che passa tra superfici in movimento l’una sull’altra a una velocità relativamente elevata. Le forze esistenti in tale pellicola provocano il pompaggio del liquido attraverso le fibre o i tessuti del solido, similmente a quanto avviene in una spugna.
Il brevetto statunitense n. 1,640,709, depositato il 28 agosto 1925 e concesso il 30 agosto 1927, inerente a un “agente medicinale adattato per la terapia ghiandolare”.
Questo brevetto mostra che, da subito, nella terapia si era presentata la necessità di mimare le modalità fisiologiche di rilascio degli ormoni, ritardando pertanto l’assorbimento del farmaco dopo la somministrazione. Infatti, il concetto alla base dell’invenzione è che un preparato ghiandolare, se introdotto nei tessuti del corpo umano in condizioni che ne ritardano l’assorbimento da parte del flusso sanguigno, produce effetti diversi rispetto a quelli che si ottengono con l’assorbimento immediato e la distribuzione in tutto il corpo, attraverso la circolazione sanguigna, e che questi effetti si traducono in una somiglianza con l’azione fisiologica della ghiandola, altamente desiderabile in terapia.
L’inventore specifica che l’invenzione può essere realizzata in vari modi e con numerose preparazioni ghiandolari, ma per una chiara spiegazione dell’invenzione, essa viene descritta principalmente in relazione a una preparazione di tipo insulinico.
Per realizzare la nuova preparazione, si produce o si procura una sostanza solubile in acqua contenente il principio attivo delle isole di Langerhans del pancreas. Questa polvere viene poi mescolata o incorporata in un veicolo che ritarda l’assorbimento della sostanza che riduce lo zucchero (insulina) nei tessuti dell’organismo e mantiene inalterato il deposito di tale sostanza nei tessuti dell’organismo per un periodo di tempo apprezzabile. È proprio questo “veicolo” che rappresenta l’invenzione, giacché esso agisce come ritardante per prolungare per un lungo periodo di tempo l’assorbimento del preparato ghiandolare da parte del flusso sanguigno. Questo “veicolo”, somministrato unitamente al preparato ghiandolare mediante iniezione intramuscolare o sottocutanea, è altresì è adatto ad esercitare un effetto funzionale nel corpo umano attraverso i nervi prima di un contatto direttamente attivo dal punto di vista chimico con il flusso sanguigno.
I brevetti statunitensi n. 1,769,862 (depositato il 15 agosto 1929 e concesso il 1° luglio 1930) e n. 1,910,236(depositato l’8 maggio 1929 e concesso il 23 maggio 1933), rispettivamente inerenti a un test per il glucosio nelle urine (indicativo della patologia diabetica) e a un kit per conservare e trasportare in modo sicuro e semplice tutti i materiali e i reagenti necessari per effettuare questo tipo di test.
A questo proposito, è opportuno notare che all’epoca dei due brevetti in menzione l’unico modo agevole per un paziente per poter controllare la propria glicemia, ed eventualmente ricorrere alla somministrazione di insulina, era quello indiretto, mediante la valutazione della presenza e concentrazione di glucosio nelle urine.
L’invenzione oggetto del brevetto n. 1,769,862 – che lo rende “accoppiabile” a quella oggetto del brevetto n. 1,910,236 – prevede un test semplice, accurato e rapido per la determinazione del glucosio nelle urine, in modo che il medico generico possa applicarlo nel suo studio e il paziente diabetico a casa sua, e quindi essere in grado di regolare correttamente la dieta e la quantità di insulina necessaria. In particolare, poi, il metodo oggetto dell’invenzione non funziona mediante titolazione, ma impiegando una scala colorimetrica che permette di conoscere l’esatta quantità di glucosio presente pur eseguendo un test di tipo sostanzialmente qualitativo.
Ultima invenzione oggetto di questa carrellata è quella oggetto del brevetto statunitense n. 1,845,036, depositato il 12 marzo 1930 e concesso il 16 febbraio 1932, e inerente a una siringa ipodermica.
Difatti, già allora, come oggi, si riteneva che il metodo più semplice, sicuro ed efficace per la somministrazione dell’insulina (che deve essere auto-effettuata direttamente dal paziente) fosse la via sottocutanea. Ma questa via di somministrazione presentava comunque alcuni inconvenienti perché, se effettuata interamente manualmente, l’iniezione poteva non avvenire correttamente sottocute, procurando così maggiore dolore, aumentato rischio di infezioni e minore efficacia del farmaco somministrato.
L’obiettivo principale dell’invenzione quindi di fornire una siringa con un funzionamento tale da eliminare l’inconveniente delle siringhe ipodermiche fino ad allora utilizzate, ovvero la perforazione della pelle e la spinta manuale dell’ago ipodermico nel sottocute.
Nel dispositivo oggetto del brevetto l’ago viene proiettato nella pelle in modo molto rapido per azione del cilindro a cui l’ago è collegato, che non solo perfora la pelle ma proietta l’ago nella carne per un tratto predeterminato; dopo questa fase, il liquido da iniettare viene spinto nel sottocute attraverso l’estremità dell’ago.
L’inventore segnala che il dispositivo oggetto del brevetto è utile per qualsiasi tipo di trattamento che preveda una somministrazione sottocutanea, ma è stato progettato in particolare per l’uso nei casi di diabete in cui è necessaria l’iniezione sottocutanea di insulina da parte del paziente stesso a determinati intervalli e per un periodo di tempo prolungato.
Da cento anni a questa parte la “guerra” al diabete ha fatto passi da gigante in tutti i campi sui quali può essere combattuta, e ciò è stato possibile grazie alla ricerca, agli esperimenti e all’ingegno di moltissime persone, che hanno dedicato e tutt’ora dedicano la loro vita, non solo professionale, allo studio di questa malattia.
Resta senz’altro ancora tanto da fare, soprattutto a livello di prevenzione, in particolare tramite l’adozione di un corretto stile di vita da parte di molti di noi, e di aderenza terapeutica da parte dei pazienti, ma il percorso è segnato, e lungo il suo cammino le invenzioni e i brevetti importanti non mancheranno certamente anche in futuro.
Buone vacanze a tutti e, mi raccomando… esercizio fisico e pochi zuccheri!
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