Il 21 giugno 2001 il consiglio regionale della Toscana ha approvato una legge per celebrare, il 30 novembre, la festa della Regione Toscana, una ricorrenza che vuole essere un omaggio a tutti coloro i quali si riconoscono nei valori “della pace, della giustizia e della libertà“. La Regione infatti, ha istituito la festa commemorativa del 30 novembre, per ricordare il giorno in cui ricorre l’anniversario della riforma penale promulgata, a quella data nel 1786, da Pietro Leopoldo di Asburgo-Lorena, Granduca di Toscana dal 1765 al 1790. Con tale riforma, che del granduca fu “monumento e gloria”, la Toscana divenne il primo Stato al mondo in cui si abolì la pena di morte, “conveniente solo ai popoli barbari” secondo Pietro Leopoldo.
«Abbiamo veduto con orrore con quanta facilità nella passata Legislazione era decretata la pena di Morte per Delitti anche non gravi, ed avendo considerato che l’oggetto della Pena deve essere la soddisfazione al privato, ed al pubblico danno, la correzione del Reo figlio anche esso della Società e dello Stato, della di cui emenda non può mai disperarsi, la sicurezza nei Rei dei più gravi ed atroci Delitti che non restino in libertà di commetterne altri, e finalmente il Pubblico esempio; che il Governo nella punizione dei Delitti, e nel servire agli oggetti ai quali questa unicamente è diretta, è tenuto sempre a valersi dei mezzi più efficaci col minor male possibile al Reo …avendo altresì considerato, che una ben diversa Legislazione potesse più convenire alla maggior dolcezza, e docilità di costumi del presente secolo, e specialmente nel popolo Toscano, Siamo venuti nella determinazione di abolire come Abbiamo abolito con la presente Legge per sempre la Pena di Morte contro qualunque Reo…»
(Art. 51 della Riforma)
Con l’abolizione della pena di morte aveva anche termine l’uso della tortura e della mutilazione delle membra.
La fine dell’orrore era sancita e non poteva che esserlo “per sempre”, come legifera il granduca, figlio di un secolo che tanta luce portò agli uomini. Questa legge trovava la sua fonte principale nelle concezioni filosofiche dell’illuminismo e soprattutto nell’opera più famosa dell’Illuminismo italiano, “Dei delitti e delle pene“, che Cesare Beccaria ebbe in Toscana la possibilità di pubblicare per la prima volta, a Livorno, nel 1764.
«La legge del 30 novem. 1786, scrisse l’esimio F. Forti, ha ottenuto una celebrità europea. Opera più generosa non ebbe mai la sanzione di un monarca. Le idee filosofiche allora predominanti sono accolte con fede e con onore nella legge criminale di Leopoldo.» |
(Antonio Zobi) |
A conferma di quanto stabilito con la Riforma leopoldina, comandando il Granduca “la demolizione delle Forche ovunque si trovino” (art. 54°), con perfetto contrappasso finirono al rogo le forche e gli strumenti di tortura, segno tangibile, volutamente spettacolare, della nascita di una nuova epoca, della “morte della pena di morte” che in Firenze ebbe teatro nelle Prigioni del Bargello come ricorderà più tardi, nel XIX secolo, il pittore Giovan Battista Silvestri, dipingendo in acquerello i falò dei patiboli fra le severe bugne del Palazzo del Podestà.
Ai nostri giorni, nel cortile della Dogana di Palazzo Vecchio, il Comune di Firenze ha voluto collocare una lapide dove riprodurre un testo redatto subito dopo la promulgazione della legge, nel dicembre del 1786, proprio per una targa marmorea commemorativa. L’epigrafe settecentesca, composta dal georgofilo Giuseppe Pelli Bencivenni su richiesta di Francesco Seratti, il quale aveva curato la stesura finale della Riforma, così recita:
«Per memoria della Toscana felicità quando Pietro Leopoldo con legge de’ 30 novembre 1786 la pena di morte, l’infamia, la tortura, ogni delitto di lesa maestà colla confiscazione delle sostanze cancellò per primo in Europa dalla vecchia legislazione; motivazioni che rendono Firenze orgogliosa del suo passato.»
A chiusura del settecento era stato auspicato di porre la lapide nel punto esatto dove fino alla metà di quel secolo, a quanto ancora testimoniano un dipinto e una nota stampa di Giuseppe Zocchi, si eseguiva il “supplizio della fune”, cioè all’esterno del Palazzo del Bargello, per ricordare, con altrettanta pubblicità, la fine dell’antico e duro sistema penale.
Con l’istituzione della Festa della Regione Toscana si vuole ricordare la grandiosità dell’atto di civiltà legislativa messo a punto da Pietro Leopoldo, per non cancellare dalla memoria di tutti l’origine del cammino lungo e tortuoso per la salvaguardia dei diritti dell’uomo che ha visto la Toscana e i suoi governanti del passato svolgere un ruolo da protagonisti e ribadire, ancora oggi, il diritto di ogni uomo a non essere condannato a morte da altri uomini.