Domani, 16 marzo, il Codice Civile attualmente in vigore compirà 80 anni. La volontà di una nuova codificazione fu ampiamente espressa dalla politica fascista: in occasione dell’anniversario ricordiamo come, ai tempi, venne visto il Codice Civile nei discorsi del regime, in particolare in quelli di re Vittorio Emanuele III in apertura delle varie legislature.
Domani 16 Marzo celebriamo gli 80 anni dalla promulgazione del Codice Civile (per una volta parliamo di quello attuale vigente).
La nuova codificazione fu uno degli elementi centrali della politica fascista, tanto da apparire con insistenza nei discorsi pronunciati dal Re Vittorio Emanuele III ad apertura delle varie legislature.
Se guardiamo al discorso del 28 Aprile 1934, tenuto a Palazzo Montecitorio in occasione dell’apertura della XXIXesima Legislatura del Regno, troviamo un passaggio significativo sulla Giustizia:
“L’Amministrazione della Giustizia deve sempre più adeguarsi, nelle sue procedure, alle necessità dei tempi moderni. Il Codice Penale e il Codice di Procedura Penale hanno superato felicemente il collaudo. Nei prossimi anni saranno promulgati gli altri Codici in corso di elaborazione, di modo che prima del 1940 tutta la codificazione sarà completa.”
Ormai alla vigilia del 1940, il 23 Marzo 1939, il Re giungeva a Palazzo Montecitorio e si sedeva sul trono in occasione dell’apertura della XXXesima legislatura del Regno, dove però stavolta la Camera dei Deputati era stata sostituita dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni ed i deputati da consiglieri nazionali in uniforme d’orbace.
Anche stavolta il Re rimarcava che:
“Varrà come sempre la massima che la giustizia è il fondamento dei Regni e la vera base dell’ordine pubblico. Il nuovo Codice penale e quello di procedura penale sono stati collaudati dall’esperienza: altrettanto accadrà per quelli in formazione, fra i quali particolarissima importanza assume il Codice civile, specie nella sua parte che si occupa del diritto familiare e di tutti i problemi afferenti alla difesa della nostra razza, difesa alla quale il Regime ha dato – sin dall inizio – le sue più costanti energie.”
Arriviamo infine all’anno fatidico, al 1942. Il nuovo Codice Civile era stato promulgato il 16 Marzo ed entrato in vigore il 21 Aprile (data simbolica, il Natale di Roma), l’inaugurazione dell’anno giudiziario si tenne il 30 Ottobre.
Il Procuratore Generale del Re Imperatore presso la Corte Suprema Carlo Saltelli legge una relazione in mezzo al clima bellico dal titolo “L’Etica Fascista nella nuova legislazione civile e la disciplina annonaria”.
Ne riportiamo qualche passo:
“L’avvenimento dell’anno giudiziario decorso, che ogni altro sorpassa per la sua importanza, è l’entrata in vigore dei nuovi codici – codice civile, codice di procedura civile, codice della navigazione – e della legge sui fallimenti. Così degnamente si è conclusa la riforma mussoliniana della codificazione.
Entrando in attuazione nel mentre la guerra infuria, queste leggi costituiscono un potente strumento di compattezza e di resistenza morale e politica e danno una base salda e duratura alle realizzazioni della immancabile vittoria, che schiuderà all’Italia nuovi spazi vitali nel mondo.
Affermazione originale del pensiero giuridico italiano, questa riforma rappresenta una superba conquista della civiltà fascista, portante l’impronta indelebile del genio creatore del DUCE, e pone l’Italia all’avanguardia di tutte le nazioni.
Animata e vivificata dallo stesso spirito rivoluzionario, che caratterizza il Regime delle Camicie Nere, essa s’inquadra nell’ampia e profonda trasformazione che in tutti i settori – politico, sociale, economico, morale e giuridico - realizza lo Stato fascista.
Le innovazioni, gli aggiornamenti che essa opera nella vecchia legislazione si adeguono a venti anni di vita del Fascismo. Il diritto, nel suo eterno divenire, avverte i problemi e le esigenze del popolo nell’ora che volge; non subisce soste per non essere sorpassato.
Carattere peculiare di questi nuovi codici è appunto quello di una maggiore rispondenza ai nostri bisogni e al
nostro spirito, alle esigenze della vita sociale nell’attuale momento storico. Essi, mediante i nuovi istituti, hanno disciplinato con compiutezza e con originalità i più caratteristici rapporti della vita moderna, ponendo la certezza del diritto dove era l’incertezza degli opposti interessi. Ma se quest’opera legislativa è in buona parte nuova ed originale, non è sovvertitrice, come non è sovvertitrice ogni altra manifestazione dell’attività legislativa del Regime. Il nostro diritto più volte millenario conserva così i suoi saldi principi tradizionali. Nel contempo però riceve l’influsso delle idee della nuova civiltà nazionale e fascista. Tradiziòne e Rivoluzione sono i due cardini fondamentali della legislazione mussoliniana.
Da questo ricondursi di idee e di concetti della dottrina del Fascismo alle più pure espressioni della nostra stirpe deriva un altro incontestabile pregio della nuova legislazione: essa è opera prettamente e squisitamente italiana.”
Al che apresi subito una domanda che dura dal dopoguerra: quanto del fascismo è ancora presente nel nostro Codice Civile?
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