La vita
Nato a Corigliano Calabro (Cosenza) il 27 dicembre 1891 in una famiglia di origine albanese, Mortati si laureò a Roma in giurisprudenza nel 1914, in filosofia nel 1917 e in scienze politiche nel 1930.
Funzionario della Corte dei conti dai primi anni Venti, libero docente e vincitore di concorso a cattedra nel 1936, insegnò a Messina, Macerata (dove fu anche preside della facoltà di Giurisprudenza), a Napoli dal 1942 e a Roma dal 1955, fu membro della commissione per la riorganizzazione dello Stato (la cosiddetta commissione Forti) e dell’Assemblea costituente. Dal 1960 fu giudice della Corte costituzionale (su nomina del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi) e nel 1962 ne divenne vicepresidente.
Morì a Roma il 25 ottobre 1985.
L’attività tra le due guerre
Già nella sua prima opera, L’ordinamento del governo (1931), frutto della tesi di laurea in scienze politiche, Mortati affermò che avrebbe studiato le cosiddette zone grigie del diritto costituzionale, cioè quelle in cui il rapporto tra diritto e politica è più stretto.
Nel successivo La volontà e la causa nell’atto amministrativo e nella legge (1935), Mortati rilevò come all’origine di ogni assetto istituzionale e della stessa decisione politica vi sia il partito politico. Questa riflessione si collegava alla discussione sul metodo sviluppatasi in Germania nel periodo della Repubblica di Weimar, ma accoglieva anche l’istituzionalismo di Santi Romano.
Essa si sviluppò ulteriormente nella Costituzione in senso materiale, opera di ampio respiro che ancora oggi viene giudicata di capitale importanza nella storia della riflessione giuridica. Qui il rapporto tra costituzione formale e materiale appare dinamico, ed è correlato con l’azione delle forze politiche dominanti, all’interno di un gioco che può variare, ma entro limiti precisi, richiamando le categorie dell’elasticità e della rottura della Costituzione. L’elemento base dell’ideologia giuridica di Vittorio Emanuele Orlando, ovvero la personalità dello Stato, in grado di appianare i contrasti tra monarca e assemblea parlamentare, viene dunque sostituito dalla Costituzione, sostenuta dal ceto politico dominante e dalla formula politica giustificativa dell’assetto costituzionale.
Il tema qui affrontato da Mortati è dunque quello dei principi e dei valori desumibili da un determinato assetto storico-sociale, che assumono aspetti vincolanti per i soggetti istituzionali. La riflessione di Mortati, era stata stimolata in origine dalla posizione di Panunzio sulla funzione di indirizzo corporativo; essa appare importante per gli effetti che nel secondo dopoguerra avrebbe avuto sul dibattito costituente e sullo stesso sviluppo della dottrina italiana.
Infatti, tutta la discussione contemporanea sui principi fondamentali della nostra Costituzione può essere fatta derivare dal dibattito metodologico e politico che tra la fine degli anni Trenta e i primi anni Quaranta coinvolse la parte più brillante e impegnata della scienza giuridica italiana. Mortati contribuì a tale dibattito con alcuni interventi importanti, in cui già si delineano molte sue posizioni successive.
L’opera di preparazione della Costituzione
Coerentemente con le sue posizioni precedenti, Mortati definì il 25 luglio come «un colpo di Stato». Nel periodo dell’occupazione tedesca fu prossimo alle posizioni del movimento cattolico di sinistra Democrazia del lavoro, e solo le insistenze di Dossetti lo spinsero ad avvicinarsi alla Democrazia Cristiana, al cui interno fu rapidamente investito di responsabilità primarie come tecnico delle istituzioni. Dal 1944, infatti, fece parte di tre importanti commissioni: quella centrale per lo studio dei problemi costituzionali, quella per l’elaborazione della legge elettorale politica e quella per lo studio della riorganizzazione dello Stato (la citata commissione Forti), nel cui ambito si occupò dei diritti pubblici subiettivi.
Eletto deputato alla Costituente nella lista nazionale, entrò nella cosiddetta commissione dei 75, al cui interno partecipò ai lavori della seconda sottocommissione, stilando il testo della relazione sul potere legislativo.
Che il suo contributo alla redazione della Costituzione sarebbe stato rilevante lo faceva presagire già la sua opera del 1945 La Costituente: la teoria, la storia, il problema italiano. Risulta ancor oggi attuale la sua analisi delle insufficienze dello Stato italiano,
sorto da un’affrettata unificazione, con il suo ottuso e rapace accentramento, con l’angustia del suo parlamentarismo, che portava i partiti ad irretirsi nel giuoco delle clientele, con il suo distacco dalle masse (p. VII),
In questo quadro, il sistema elettorale proporzionale apparve a Mortati una scelta obbligata in un contesto politicamente frammentato come quello italiano. Alla Costituente egli propose addirittura di costituzionalizzare il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi.
L’attuazione della carta costituzionale
Gli anni successivi furono per Mortati quelli del rientro all’università e dell’immersione negli studi.
Furono, quelli, anni difficili per l’Italia e per chi come Mortati aveva riposto molte speranze nella Costituzione. L’applicazione del testo costituzionale venne infatti congelata dalla contrapposizione rigida tra destra e sinistra provocata dalla ‘guerra fredda’ internazionale. Mortati, come altri giuristi cattolici, ebbe sempre chiaro che l’obiettivo era quello della piena applicazione del testo costituzionale nell’ambito di una sempre maggiore realizzione dell’ideale democratico. Questa aspirazione appare evidente sia nel saggio di Mortati inserito nell’antologia commemorativa del primo decennale della Liberazione (Ispirazione democratica della Costituzione), sia nel suo volume La persona, lo Stato e le comunità intermedie (1959).
In quegli anni svolse un’intensa attività, che portò tra l’altro alla fondazione della rivista «Giurisprudenza costituzionale», alla riedizione aggiornata, a partire dal 1952 (con il titolo Istituzioni di diritto pubblico), del suo Corso di diritto pubblico del 1949, e alla pubblicazione di numerose analisi costituzional-comparatiste (tra cui il Corso di lezioni di diritto costituzionale e comparato). Nel 1960, infine, venne nominato giudice della Corte costituzionale dal presidente Gronchi, e rimase alla Consulta fino al 1972, divenendone anche vicepresidente.
Anche alla Corte costituzionale Mortati applicò il metodo giuridico-politico teorizzato nelle sue opere dottrinarie, e sottolineò costantemente l’importanza della giurisdizione costituzionale in un moderno Stato sociale di diritto, caratterizzato da pluralismo ideologico. In questo quadro si colloca la sua battaglia per l’evidenziazione dell’opinione dissenziente, sulla base dell’esempio statunitense.
Tra le sue ultime opere, due spiccano come esempi di un’attività valutativamente orientata. La prima esamina la figura del difensore civico (L’ombudsman, 1974), una delle garanzie offerte al cittadino contro le prevaricazioni dell’amministrazione. La seconda, Commento all’art. 1 della Costituzione (1975), fu pubblicata due anni prima della grave malattia che lo costrinse a ritirarsi da ogni attività; tratta della forma di Stato nel nostro ordinamento, e conferma e approfondisce le sue precedenti scelte politiche e metodologiche per il perseguimento di una democrazia partecipata.