Recentemente i Savoia hanno chiesto la restituzione dei gioielli della corona custoditi in un caveau della Banca d’Italia dal 1946. Proprio oggi si terrà il primo incontro di mediazione e con l’occasione abbiamo chiesto ad alcuni monarchici (sì, esistono ancora) di dirci la loro sulla controversia e sul destino di questo tesoro.
Il risveglio dei gioielli sabaudi
A ogni monarchia i propri gioielli, spesso oggetto di peripezie, furti eclatanti e storie che sembrano uscite da un romanzo di Jean Plaidy. E noi italiani, nella nostra relativamente giovane Repubblica, ci sentiamo forse esonerati e spettatori di fronte a quanto accade ad esempio alla Jewel House Britannica o alla Gallerie d’Apollon Parigina.
I lungo sonno dei gioielli sabaudi
E se vi dicessimo che i nostri gioielli della corona sono sepolti da 75 anni nel caveau di Bankitalia, addormentatisi dopo la rottura dell’incantesimo sabaudo nel 1946? Ci piace immaginarli nella loro dimora a tre piani, rivestita in pelle e protetta da 11 sigilli a prova di Lupin. Un emisfero di 6.372 pietre preziose e 2.000 perle, tutti di diverso taglio e peso, un po’ come le stelle vere, raccolti in costellazioni di diademi, spille, parure, collier. Sono lì, assopiti e in attesa di sentire girare la chiave per rivedere la luce del giorno.
Tra loro, anche celebrità come il diadema della Regina Margherita, con le sue eleganti volute di perle e diamanti per un totale di 292 carati.
“Che peccato” direbbe qualcuno, “avere cotanta bellezza sprecata”. Sotheby’s ha quantificato questo peccato in circa 300 milioni di euro. Not bad.
Plot twist: un’istanza per risvegliarli
L’atavico sonno di queste meraviglie potrebbe essere interrotto molto presto, stando alle ultime notizie che vedrebbero l’istanza, mossa dagli ultimi eredi di Umberto II per chiedere il ritorno dei gioielli alla famiglia Savoia.
Proprio oggi, 25 gennaio 2022, è fissato un primo incontro, convocato dal mediatore di Chez Savoia, Giovanni De Luca, chiesto dal principe Vittorio Emanuele di Savoia e delle principesse Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice. È il primo di una lunga serie, si presume, ed è la prima volta che la famiglia si espone, dopo le dichiarazioni dei mesi scorsi, in modo ufficiale e con una richiesta formale.
Galeotta fu la confisca
Facciamo un salto indietro nel tempo e approdiamo al 1946. La monarchia è stata deposta a seguito del risultato del Referendum del 2 giugno dello stesso anno.
Si era subitamente avviato l’iter di confisca e passaggio al novello Stato Italiano dei beni immobili e mobili appartenenti alla Casa Reale sul territorio italiano. E che immobili! Già oggetto di una querelle tra Stato ed eredi una ventina d’anni orsono, annoverano, solo per citarne alcuni: il Palazzo del Quirinale, la splendida residenza di Catelporziano, Villa Ada-Savoia, Palazzo Margherita, gli immancabili castelli di Racconigi e di Sarre, Villa Rosberry a Posillipo, e così via.
Il 5 giugno 1946, prima di partire per Cascais, Re Umberto II incaricò il ministro della Real Casa, Falcone Lucifero, di consegnare i gioielli a Luigi Einaudi, all’epoca Governatore della Banca d’Italia.
Nel verbale si legge: “Si affidano in custodia alla cassa centrale, per essere tenuti a disposizione di chi di diritto, gli oggetti preziosi che rappresentano le cosiddette gioie di dotazione della Corona del Regno”.
Se ne evince chiaramente che i gioielli non furono oggetto di confisca, come il resto dei beni. Su questo cavillo sembra reggersi l’istanza coordinata dall’avvocato Orlandi.
Ma Quis est veritas? Al diritto l’ultima parola.
Tuttavia, a noi non basta, e abbiamo chiesto ad alcuni monarchici (ebbene sì: ce ne sono ancora, e più di quanti possiate pensare) di dirci la loro.
Il pensiero dei monarchici: l’Avv. Gianluigi Chiaserotti
L’avvocato Chiaserotti, esponente di spicco dello storico Circolo Monarchico Dante Alighieri, ci risponde con estrema cortesia e interesse; il concetto è chiaro: vanno definiti i confini giuridici di quell’affidamento.
“I gioielli furono consegnati all’allora governatore della Banca d’Italia Luigi Einaudi, ma non sappiamo sotto che forma giuridica: in deposito? In donazione?
Nel caso di un deposito fiduciario, possono essere riscattati e giusto è che i gioielli tornino ai legittimi proprietari. Nel caso, invece, di una donazione, questa andrebbe revocata per poter rendere valida la richiesta esposta dagli eredi”.
I Giovani Monarchici: “i gioielli diventino patrimonio di tutti“
I Giovani Monarchici, associazione nata a Milano nel 2018 da sempre in prima linea per la promozione della cultura monarchica in Italia, a partire dal patrimonio culturale e artistico che Casa Savoia ha lasciato nel Belpaese, avevano precorso i tempi parlando dei gioielli nel novembre dello scorso anno, con un comunicato scritto a seguito dell’inchiesta aperta dalla trasmissione Dataroom, di Milena Gabanelli e Andrea Ducci.
La preoccupazione, a prescindere da chi vincerà la causa, è che il tesoro venga finalmente messo a disposizione del patrimonio culturale italiano, per gli italiani e non solo: l’auspicio è che diventino, quindi, punto d’interesse anche a livello turistico, così come accade nelle monarchie costituzionali europee.
“Esposto al pubblico italiano e non, evitando così che un nostro patrimonio nazionale venga disperso altrove, come è già più volte avvenuto alle aste di tempi recenti.”
Il riferimento è alla messa all’asta presso Sotheby’s lo scorso 11 maggio 2021 della magnifica tiara creata in occasione del matrimonio avvenuto nel 1867 tra la Principessa della Cisterna, Maria Vittoria dal Pozzo, e il principe Amedeo I di Savoia, duca D’Aosta.
In attesa di verdetto
Non ci resta quindi che attendere il risultato dell’incontro odierno, prima tappa di un risveglio che, ci aspettiamo, non mancherà di stupirci con effetti speciali.
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