I cognati Gaetano La Rosa e Salvatore Mignosi hanno un diverbio. Finiscono quindi a scambiarsi colpi di rivoltella, rimanendo entrambi feriti. Portati di fronte alla Corte di Assise vengono riconosciuti come autori materiali del fatto, ma commesso per respingere una violenza attuale e ingiusta: dunque, assolti. La vicenda, tuttavia, finisce in Cassazione, che si pronuncia in una sentenza… mostruosa!
Era il 6 febbraio 1891 quando si tenne l’udienza. Il risultato fu una sentenza che la rivista La Scuola Positiva definì l’ultima “sentenza monstruosa della non meno suprema che unica Cassazione di Roma“.
Il fatto in sé era semplice. Gaetano La Rosa e Salvatore Mignosi erano cognati, ebbero un diverbio e si scambiarono vicendevolmente colpi di rivoltella, rimanendo entrambi feriti. Portati di fronte alla Corte di Assise di Palermo, imputati di reciproco mancato omicidio, vennero riconosciuti dalla giuria (all’epoca in Italia c’erano ancora le giurie!) come autori materiali del fatto, ma commesso per respingere una violenza attuale e ingiusta: dunque, assolti.
Il Pubblico Ministero, però, trovò l’esisto della giuria contraddittorio perché, insomma, la legittima difesa fu accordata a entrambi gli accusati, mentre si trattava di due rissanti, uno assalito e l’altro assalitore. La ragione logica voleva che per uno soltanto dei due potesse ammettersi la legittima difesa. Domandò, dunque, secondo l’art. 507 c.p.p. del 1865 allora vigente, ai giurati di riconsiderare la cosa.
Ma la difesa si oppose e la Corte rispose che non vedeva niente di contraddittorio, perché questa contraddittorietà poteva emergere solo confrontando fra loro il verdetto dei due imputati ma non emergeva singolarmente all’interno di quello di ciascuno.
Il PM allora fece ricorso in Cassazione. Questa riconobbe che “allorché si tratti di un fatto unico e complesso che riguarda più accusati, l’esame del verdetto o della dichiarazione dei giurati non può scindersi singolarmente per ciascuno degli accusati stessi“: farlo, addirittura, rischierebbe di portare a conseguenze “ILLOGICHE con danno della verità e della giustizia“.
Cionondimeno, per la Cassazione la deliberazione della Corte di Assise non era da considerarsi meno giusta, perché gli apprezzamenti del fatto sono dominio esclusivo dei giurati e “quantunque… la scriminante ammessa per entrambi i giudicabili urti il buon senso” il PM non può ritenerla contraddittoria col fine di richiedere agli stessi giurati di riconsiderare il loro verdetto.
La vicenda arriva poi sulle pagine della Scuola Positiva, dove viene commentata dall’avvocato della Cassazione di Napoli Mario Giordano-Zocchi. A introdurre la sentenza, però, queste parole:
Segue poi il commento:
«Dunque, abbiamo dinanzi a noi, l’un contro l’altro armato, La Rosa e Mignosi. Il conflitto è grave, La Rosa legittimamente si difende contro le violenze di Mignosi; ma anche La Rosa, nell’attimo stesso lo espone all’imminente pericolo di un colpo di rivoltella, dà giusto motivo a Mignosi di respingere da sé l’identico pericolo imminente. Fate di riprodurvi la bellicosa scena: i due contendenti, come due giuocattoli a movimenti automatici, sono nel tempo stesso, da un diavolo di bimbo ignoto, caricati di dietro, e, dalla forza con cui quel caricamento s’immagazzina in essi, vengon fuori dei proiettili dai quali, non si sa perché, due egregie persone – la logica e il buon senso – restano colpiti mortalmente. E allora l’UNICA interviene e canta il requiem ai due innocenti sventurati, estranei del tutto al caso di La Rosa e Mignosi.
Senza immaginarsi i due giuocattoli automatici non meno che terribili, messi contemporaneamente in movimento, non potrebbe giustificarsi il verdetto dei giurati di Palermo e la posteriore sanzione a esso data dalla Corte di Assise e dalla Cassazione di Roma».
A me scrittore rimane dunque un mistero: cosa era questa UNICA?
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