A giudicare da certe statistiche, si direbbe che il Quirinale sia roba da giuristi. Su dodici Presidenti della Repubblica, ben nove sono stati giuristi: Enrico De Nicola fu un celebre avvocato penalista (e, successivamente, Presidente della Corte costituzionale); Luigi Einaudi, uno dei padri della pensiero economico liberale novecentesco e considerato economista di fama mondiale, si laureò in giurisprudenza; Antonio Segni fu ordinario di diritto processuale civile; Giovanni Leone fu ordinario di diritto e procedura penale; Sandro Pertini si laureò in giurisprudenza ed esercitò per un periodo la professione di avvocato; Francesco Cossiga fu ordinario di diritto costituzionale; Oscar Luigi Scalfaro fu magistrato; Giorgio Napolitano è laureato in giurisprudenza; Sergio Mattarella, presidente uscente, è stato associato di diritto parlamentare, avvocato e giudice costituzionale.
Anche tra gli illustri perdenti l’essere giurista ha contato. Tra i contendenti nell’elezione del 1946, si fece strada il nome di Vittorio Emanuele Orlando, tra i padri nobili della giuspubblicistica italiana; nel 1978, la Democrazia Cristiana avanzò il nome di Guido Gonella, che era cresciuto alla scuola di filosofia del diritto tenuta da Giorgio Del Vecchio; nello scrutino del 1985, che pure si concluse con il trionfo di Cossiga, si sono registrati alcuni voti per Norberto Bobbio, che può a ragione essere considerato il più grande filosofo del diritto italiano; nella drammatica elezione del 1992, il Partito Socialista avanzò la candidatura di Giuliano Vassalli, nome tutelare del Codice di procedura penale del 1989, e Paolo Borsellino, eroe della lotta anti-mafia, raccolse addirittura 47 voti; nel 1999, la Lega Nord sostenne l’avvocato penalista Luciano Gasperini; nel 2006 si fece, non per la prima (e nemmeno l’ultima, come si vedrà) volta, il nome di Giuliano Amato, costituzionalista di lungo corso e cultore del diritto antitrust; nella tormentata elezione del 2013, è stata la volta di Stefano Rodotà, maestro del diritto civile e alcuni voti vennero anche all’attuale giudice della Corte costituzionale, Augusto Barbera, maestro di diritto costituzionale; mentre un altro maestro costituzionalista, Gustavo Zagrebelsky, ha ricevuto spesso endorsement e bruciature, ma per questa tornata sembra non avere più presa tra le forze politiche parlamentari.
Le elezioni del 2022, ormai alle porte, non fanno eccezione. Tra i nomi che si sono fatti, tra il serio e il faceto, tra la volontà di candidatura e quella di “bruciatura”, spiccano quelli di molti giuristi oltre ai già citati: Giuliano Amato, Marta Cartabia, Elisabetta Casellati, Sabino Cassese, Franco Frattini, Paolo Maddalena, Paola Severino.
Nello spirito elettorale, abbiamo deciso di presentare le biografie di quattro dei candidati che, se si vuol prestare fede ai retroscena giornalistici, sono da considerare tra i front-runner per il Colle più alto d’Italia. Secondo voi, chi di loro ha più possibilità di succedere al collega giurista Sergio Mattarella?
Giuliano Amato
Almeno da vent’anni a questa parte, Giuliano Amato è un uomo per tutte le stagioni quirinalizie, probabilmente colui che tra i papabili possiede il maggiore trascorso nei pronostici. La costante e parallela tenuta di una proficua carriera accademica e politica ha costruito senza ombra di dubbio la sua fama di candidato “seriale”.
Ordinario di diritto costituzionale italiano e comparato presso l’Università La Sapienza di Roma, ha insegnato in varie Università italiane e straniere (tra cui lo European Institute di Fiesole in cui è Emerito). Allievo del Collegio medico-giuridico della Scuola Normale Superiore di Pisa, si è poi laureato in giurisprudenza presso l’Università di Pisa, mentre a livello internazionale si segnala il suo LLM presso la Columbia University di New York. Ha arricchito costantemente il suo cursus honorum tra Accademia e Politica.
Membro di spicco della compagine del PSI (con una breve parentesi nello PSIUP) è stato parlamentare dalla IX alla XI Legislatura nelle file socialiste per poi alternarsi tra Senato e Camera tra la quattordicesima e la quindicesima Legislatura con l’Ulivo e il PD. L’attività di maggior rilievo l’ha ottenuta con due incarichi di Presidente del Consiglio tra il 1992-1993 e il 2000-2001. Nel suo primo Governo dovette affrontare momenti molti drammatici e delicati dal punto di vista politico-istituzionale come la crisi della Lira (autore del noto “prelievo forzoso” del 6 per mille dai conti correnti dei cittadini), l’attentato a Paolo Borsellino e gli scandali di Tangentopoli, presagendo in un noto discorso alla Camera del 22 aprile 1993 d’addio alla Presidenza il passaggio alla cd. “Seconda Repubblica” con l’augurio di un «[…] segnale di forte discontinuità istituzionale […]». Come membro del Governo è stato più volte Ministro (Tesoro, Riforme istituzionali e Interno), Vicepresidente del Consiglio e Segretario del Presidente sotto il governo Craxi I. Importante anche la sua Presidenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato tra il 1994 e il 1997 in un periodo storico fortemente caratterizzato dalla ricerca per l’Italia di rientrare entro i parametri Maastricht per la moneta unica.
La sua produzione scientifica è altresì molto ricca, varia e ha lasciato un segno tangibile per generazioni di giuristi. Sarebbe estremamente difficile darne un elenco esaustivo in questa sede, per cui basti pensare, a volo d’uccello, ai numerosi saggi e lavori sui temi della rappresentanza politica, sociale, il diritto e l’economia (authorities, v. Il potere e l’antitrust: il dilemma della democrazia liberale nella storia del mercato, il Mulino, 1998, scritto al termine della sua esperienza da Presidente), i diritti fondamentali e il progresso tecnologico, la forma di governo parlamentare (facendosi portavoce delle prime correnti dottrinarie per un corposo progetto di riforme istituzionali v. Una repubblica da riformare : il dibattito sulle istituzioni in Italia dal 1975, il Mulino, 1980) e lo “storico” Manuale di Diritto pubblico, scritto con il collega costituzionalista e giudice della Corte Augusto Barbera. Da menzionare il conio di una delle formule più felici del panorama costituzionalistico italiano, che in questi giorni di Quirinale non può non tornare di moda: è a lui attribuita la metafora sui poteri del Capo dello Stato nella nostra Costituzione, che si modulano alla stregua del mantice di una fisarmonica. Nel senso che questo mantice si gonfia a seconda del grado di forza e stabilità espressa dalle forze politiche in un rapporto di inversa proporzionalità.
Sarà la volta buona per Amato? L’anagrafica imporrebbe qualche cautela (quest’anno compirà 84 anni, e sarebbe quindi il Presidente più anziano di sempre al momento dell’elezione), ma sul piano dell’esperienza politica, scientifica e istituzionale rimane il candidato di maggiore peso. Senz’altro con questa elezione potrebbe nella peggiore delle ipotesi iscriversi all’albo d’oro degli “eterni secondi” della corsa al Quirinale, che annovera personalità storiche come Fanfani e Merzagora. Anche se il Quirinale non dovesse arrivare ancora una volta, il cursus honorum istituzionale e accademico rimane uno dei più difficilmente ripetibili della storia repubblicana.
Marta Cartabia
Marta Cartabia è considerata probabilmente la campionessa per la palma di Prima Cittadina della storia italiana. A 58 anni compiuti, se eletta, sarebbe il presidente più giovane di sempre, dopo Cossiga. Già ordinaria di Diritto costituzionale presso l’Università Bicocca di Milano, ora presso l’Università Bocconi di Milano, Cartabia è stata Giudice della Corte costituzionale dal 2011 al 2020 e, soprattutto, Presidente della Corte costituzionale e prima donna della Storia a ricoprire questo ruolo: è stata, durante il novennato, relatrice per 175 tra sentenze e ordinanze.
Laureata in giurisprudenza presso l’Università statale di Milano, discutendo una tesi in diritto costituzionale con il Prof. Valerio Onida, dottorato di ricerca presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, ha caratterizzato la sua copiosa produzione scientifica con una spiccata sensibilità per i diritti fondamentali e per la creazione di un jus publicum europeum (e delle prospettive di sviluppo delle teorie della International Public Law): è, infatti, co-Presidente eletta dell’International Society of Public Law (ICON•S), la cui sede italiana è stata da lei stessa fondata e diretta. Sia durante la piena attività accademica e sia durante il mandato in Corte costituzionale questa impronta è rimasta viva, avendo fatto parte del Collegio giudicante della “saga Taricco” sulla valenza dei cd. “controlimiti” e sul più generale dialogo e ruolo delle Corti costituzionali e sovranazionali nel processo di integrazione europea.
La Presidenza della Consulta ha dato l’opportunità alla Cartabia di poter operare una piccola “rivoluzione” nell’immagine della Consulta, rendendola una istituzione più vicina alle istanze e ai bisogni dei cittadini e non arroccata su una torre d’avorio accessibile ai soli cittadini muniti di laurea in giurisprudenza. Si segnalano le iniziative numerose nelle scuole italiane e nelle carceri, di digitalizzazione e di sensibilizzazione dei compiti costituzionalmente attribuiti alla Corte e di apertura a modalità, per così dire, “atipiche” di comunicazione istituzionale e di “confronto giuridico” come il potenziamento nell’utilizzo dei comunicati stampa.
Importanti i suoi contributi scientifici per le/gli aspiranti costituzionaliste/i sulle tematiche dei diritti fondamentali e sull’esistenza di uno spazio costituzionale europeo. Per citarne alcuni: L’Italia in Europa: profili istituzionali e costituzionali (Il Mulino, 2000), Le fonti europee e il diritto italiano (Giappichelli, 2011), Dieci casi sui diritti in Europa: uno strumento didattico (Il Mulino, 2011) o la curatela dei primi commenti giuridici alla Carta di Nizza del 2000 (L’Europa dei diritti, 2011).
Di grande respiro, poi, e di apertura alla multidisciplinarietà anche i lavori sul diritto nella mitologia e letteratura greco-classica: si segnala, in particolare, la curatela con il collega Luciano Violante Edipo, Antigone, Creonte: il governo e la giustizia (il Mulino, 2018) e il recentissimo saggio per la Rivista Dioniso intitolato “Le Eumenidi: una parola di giustizia” (2019).
Come papabile Presidente Marta Cartabia sconta rispetto ad altre figure il fatto di avere solo una breve esperienza come titolare di funzioni di indirizzo politico attivo, che, appunto, con l’anno in corso come Ministro Guardasigilli del Governo Draghi. D’altro canto, l’esperienza accademica di ampio respiro internazionale e gli anni in Consulta controbilanciano in buona parte il profilo politico, il quale con il supporto di un navigato Segretario Generale della Presidenza della Repubblica potrà crescere e far sciogliere ogni riserva ai più scettici.
Maria Elisabetta Alberti Casellati
Maria Elisabetta Casellati è la prima donna a essere stata eletta Presidente del Senato. Come seconda carica dello Stato, è dunque tra le naturali candidate ad ambire alla Prima; in questo momento storico, poi, il suo sesso e la sua provenienza politica paiono costituire ulteriori punti a favore.
Casellati si è laureata all’Università degli Studi di Ferrara e si è successivamente specializzata in diritto canonico nella Pontificia Università Lateranense. È stata ricercatrice universitaria presso l’Università degli Studi di Padova per il settore scientifico-disciplinare IUS/11 (Diritto canonico ed ecclesiastico). Ha pubblicato due studi monografici: Indissolubilità e unità dell’istituto naturale del matrimonio canonico (Padova 1984) e L’educazione dei figli nell’ordinamento canonico (Padova 1990).
Ha esercitato la professione di avvocato matrimonialista, rappresentando, tra gli altri, Stefano Bettarini nella causa di divorzio che lo ha opposto a Simona Ventura.
Tra i vari profili biografici che presentiamo è quello che vanta esperienze giuridiche più limitate, ma – in un certo senso – ciò è compensato da una lungo impegno politico, in più occasioni svolto proprio in rilievo ai problemi della giustizia. È senatrice, eletta nella coalizione centrodestra, dal 1994 al 1996 e nuovamente dal 2001 sino al 2014. Nel 2004 è stata nominata sottosegretario di Stato al Ministero della Salute nel governo Berlusconi II e riconfermata nel successivo governo Berlusconi III. Tra il 2008 e il 2011, nel governo Berlusconi IV, è sottosegretario di Stato alla Giustizia.
Nel 2014 è stata eletta dal Parlamento in seduta comune membro laico del Consiglio superiore della magistratura, sempre in quota centrodestra. Al CSM è stata presidente della Terza Commissione per l’accesso in magistratura e per la mobilità. In caso di elezione al Quirinale, dunque, per la Casellati si configurerebbe una sorta di “ritorno a casa”, dovendo ella presiedere proprio il CSM.
A 75 anni compiuti, Casellati si colloca nella fascia dell’età media degli eletti alla Presidenza della Repubblica: circa 73 anni.
Franco Frattini
Franco Frattini ha un lungo curriculum da civil servant, con rilevanti esperienze politiche e istituzionali. Proprio questo fattore, unito alla vicinanza politica alla coalizione di centrodestra, che esprime la maggioranza relativa di cosiddetti “grandi elettori”, ne fa un nome potenzialmente spendibile per la Presidenza della Repubblica.
Sessantacinquenne, Frattini inizia la sua carriera come magistrato amministrativo subito dopo la laurea (conseguita nel luglio del 1979), con la nomina a Procuratore dello Stato, prima, a giudice TAR, poi, e a consigliere di Stato, infine (1986). In parallelo, presta servizio come consigliere giuridico dei Ministri del Tesoro Giovanni Goria (DC) e Giuliano Amato (PSI), e del vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Claudio Martelli (PSI). Nel 1994, all’alba della Seconda Repubblica, è nominato prima vice-segretario generale e poi segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, durante il primo governo Berlusconi.
È stato deputato per Forza Italia dal 1996 al 2004, e nuovamente dal 2008 al 2013, per il Popolo delle Libertà. Durante la XIII legislatura (1996-2001), è stato presidente del COPACO, oggi COPASIR. È stato ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali nel governo tecnico Dini (1995-1996), nuovamente ministro per la funzione pubblica nel secondo governo Berlusconi (2001-2002), e infine ministro degli esteri nel medesimo esecutivo (2002-2004) e nel successivo Berlusconi IV (2008-2011). Durante gli anni alla Farnesina, sovrintende a una politica estera segnata dagli interventi alleati in medio-oriente, prima, e dalle cosiddette primavere arabe, poi. Nel 2011 viene nominato presidente della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale, istituita presso il Ministero degli Esteri.
Nel 2004, dopo l’ostruzionismo sulla candidatura di Rocco Buttiglione, è indicato dal Governo italiano come Commissario Europeo per la Giustizia, la Libertà e la Sicurezza e vicepresidente della Commissione Barroso. Nel 2013 è candidato alla carica di segretario generale della NATO, ma gli viene preferito il norvegese Jens Stoltenberg. Dal 2014 è anche componente dell’Alta corte di giustizia sportiva del CONI, organo giurisdizionale di ultima istanza dell’ordinamento sportivo italiano.
Nel 2013 lascia la politica attiva e rientra al Consiglio di Stato. Già Presidente della Sezione Atti Normativi e Presidente titolare della Terza sezione, viene nominato Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato nel 2021, e designato Presidente dell’alto consesso nel gennaio 2022, succedendo a Filippo Patroni Griffi (nel frattempo eletto giudice costituzionale). Ha presieduto i collegi che hanno reso sentenze delicate. Si pensi, ad esempio, a quella che ha confermato la sperimentazione “Light-Up”, per studiare il recupero della vista in pazienti che hanno subito danni cerebrali, e opposta da alcune associazione animaliste; e a quella che ha sospeso una nota con cui l’AIFA aveva negato la prescrizione della idrossiclorochina quale farmaco per curare il Covid-19. Proprio qualche giorno fa, Frattini ha pronunciato, in via monocratica, il decreto con cui è stata sospesa l’efficacia della controversa sentenza del Tar Lazio che aveva annullato la circolare ministeriale sulle terapie domiciliari Covid.
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