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23 Aprile 1956 – La prima seduta della Corte Costituzionale

Nonostante fosse già contemplata dalla Costituzione, la prima seduta della Corte Costituzionale si tenne solo il 23 aprile del 1956.

La VII disposizione transitoria prevedeva che, in attesa della entrata in funzione della Costituzione, le decisioni circa il controllo costituzionale delle leggi dovesse avvenire “nelle forme e nei limiti delle norme preesistenti all’entrata in vigore della Costituzione“. Naturalmente questo comportò non pochi problemi interpretativi, basti pensare che addirittura il Governo presentò un ricorso contro una legge regionale sarda del 1949, intestando il ricorso alla Corte Costituzionale che però… ancora non esisteva!

Dal canto suo, la Cassazione (sez. un. 27 aprile 1950, n. 1128) riteneva che l’autorità giudiziaria potesse tutt’al più respingere una eccezione di illegittimità costituzionale manifestamente infondata, mentre il Consiglio di Stato (7 luglio 1950) che il giudice amministrativo potesse al massimo disapplicare nel caso specifico una norma ritenuta incostituzionale.

Chiaramente la questione era molto più complessa, e atteneva anche la tenuta dello Statuto Albertino (le “norme preesistenti”) e ulteriori disposizioni di natura “costituzionale” del periodo fascista.

Ma tornando alla fatidica prima seduta, questa fu presieduta da Enrico De Nicola, già primo Presidente emerito della Repubblica (e non solo…), e si riunì insieme agli altri membri della corte, i giudici Azzariti, Cappi, Perassi, Ambrosini, Pantaleo Gabrieli, Battaglini, Cosatti, Castelli Avolio, Papaldo, Bracci, Jaeger e Cassandro.

La prima questione esaminata riguardò l’art. 113 del TULPS di cui era stata sollevata la questione di legittimità costituzionale nell’ambito di una serie di procedimenti penali a carico di soggetti accusati di “avere o distribuito avvisi o stampati nella pubblica strada, o affisso manifesti o giornali, ovvero usato alto parlanti per comunicazioni al pubblico, senza autorizzazione del l’autorità di pubblica sicurezza, com’è prescritto nel detto articolo, o anche, nonostante il divieto espresso di tale autorità”.  

L’art. 113 attribuiva all’autorità di pubblica sicurezza il potere di decidere caso per caso se concedere autorizzazioni volte a consentire o impedire la manifestazione del  pubblico pensiero.

Nella prima sentenza ( n. 1/1956) la Consulta rilevò la sussistenza di profili di indeterminatezza dell’art. 113 nell’attribuire all’autorità “una eccessiva estensione di poteri discrezionali”, il che rendeva la norma in contrasto con il principio di libertà di espressione costituzionalmente garantito dall’art. 21.

La prima “Massima dal Passato” della Corte Costituzionale riguarda però un aspetto processuale. Nella stessa prima sentenza, infatti, la corte precisò che:

” L’intervento del Presidente del Consiglio nei giudizi di legittimità costituzionale, promossi in via incidentale, si distingue da qualsiasi altra forma di intervento prevista dalle norme processuali civili o amministrative, in quanto ha un carattere suo proprio in relazione al duplice effetto che la pronuncia della Corte costituzionale è destinata ad avere, sia specificamente per la causa in corso, sia, generalmente, “erga omnes“.

Per leggere per intero la prima sentenza, basta andare qui https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=1956&numero=1

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