5 novembre 1872, Susan Anthony, insieme ad altre 50 donne americane, usciva di casa per andare a votare un rappresentante del Congresso degli Stati Uniti d’America. Ma lei il diritto di voto non ce l’aveva.
18 giugno 1873, Stati Uniti d’America contro Susan Anthony.
Susan Anthony, al giudice che la accusava di aver violato la legge rispondeva: “Si, vostro onore, ma sono leggi fatte dagli uomini, interpretate da uomini e amministrate da uomini in favore degli uomini e contro le donne”.
Dal gennaio 1868, a New York, circolavano le prime copie della rivista “The Revolution”, al motto: “La vera Repubblica – gli uomini, i loro diritti e niente di più; le donne, i loro diritti e niente di meno”.
A dirigere quel giornale era proprio Susan, che l’anno successivo aveva anche fondato la National Women Suffrage Association e che si stava in quegli fortemente impegnando anche sul fronte del movimento anti schiavista.
Ma già da due decenni Susan stava combattendo in prima linea per la parità di genere, se si pensa che la prima convenzione americana dei diritti delle donne è del 1848 e la seconda, cui Susan in prima persona partecipò, del 1852.
Susan Anthony, anche grazie al potentissimo veicolo che “The Revolution” rappresentava, aveva un’influenza molto forte sull’immaginario delle donne di quegli anni e il procuratore distrettuale, consapevole di quel fatto e preoccupato che i suoi discorsi potessero influenzare anche la giuria popolare, ordinò lo spostamento del processo alla Corte federale, nella vicina Ontario.
Al processo del 18 giugno 1873 Susan si difese affermando il proprio diritto di votare “as a Citizen of the United States”, ma questo non la salvò dall’essere comunque condannata a una multa di cento dollari e al risarcimento delle spese processuali.
Di fronte a quella decisione, rimangono alla storia le parole di Susan:
“Io non pagherò nemmeno un dollaro per la vostra ingiusta condanna”.
E così fu.
Nel 1920, quando lei era già morta, un emendamento alla Costituzione statunitense concesse il voto alle donne.
Era l’emendamento “Anthony”.