Nella notte del 2 Ottobre 1935 (per questo secondo alcune cronologie la guerra è iniziata il giorno successivo), duecentomila soldati del Regio Esercito Italiano comandati dal Maresciallo Emilio De Bono attaccarono dall’Eritrea (allora colonia italiana) il regno di Abissinia, senza una previa dichiarazione di guerra. Allo stesso tempo una forma minore guidata dal Generale Rodolfo Graziani attaccò dalla Somalia Italiana. Il 6 Ottobre Adua, oggetto di una passata sconfitta italiana nella prima guerra italo-etiopica, fu riconquistata. Il 14 Ottobre il Comando Italiano promulga il bando che mette fine alla schiavitù nella regione conquistata del Tigrè. Il 15 Ottobre le truppe italiane posero sotto assedio Aksum e l’obelisco monumentale che adornava la città fu rubato per essere spedito a Roma in modo da essere innalzato di fronte alla costruenda sede del Ministero delle Colonie, oggi sede della Fao (all’epoca il Ministero delle Colonie si trovava nel Palazzo dell’attuale Consulta Costituzionale).
Esasperato dai lenti progressi del Maresciallo De Bono, Mussolini lo sostituì col Generale Pietro Badoglio. Le forze etiopiche contrattaccarono le forze italiane nel Dicembre del 1935, ma i loro armamenti rimasti alla fine del XIX Secolo poco poterono contro le ben armate forze italiane (per l’occasione). Anche il servizio di comunicazioni del dell’esercito abissino dipendeva da messaggeri appiedati, non disponendo di servizi radio. Questo fu sufficiente per rendere l’esercito etiopico completamente ignorante anche dei movimenti delle sue stesse forze. La Germania Nazista, nel frattempo, inviava armi e munizioni all’Abissinia per contrastare la politica italiana di negazione di annessione dell’Austria. Questa mossa fu coronata dal successo, perchè prolungò la guerra e spostò l’attenzione del ministero degli esteri italiano. La controffensiva etiopica riuscì ad arrestare le forze italiane per diverse settimane, ma la superiorità dell’armamento italiano (in particolare l’artiglieria pesante e l’aviazione) impedì alle forze abissine di trarre vantaggio dai loro successi iniziali.
L’Italia riprese l’offensiva i primi di Marzo. Il 29 Marzo 1936 Graziani bombardò la città di Harar e due giorni dopo gli italiani vinsero la battaglia decisiva di Mai Ceu, che annullò ogni possibilità di resistenza organizzata da parte degli etiopi. L’Imperatore Haile Selassie fu costretto a riparare in esilio il 2 Maggio, mentre le forze di Badoglio entravano nella capitale Addis Abeba il 5 Maggio 1936.
L’Italia annunciò l’annessione dell’Etiopia il 7 Maggio e il Re Vittorio Emanuele III fu proclamato Imperatore. Le province di Eritrea, Somalia e Etiopia furono unite nella neo costituita Africa Orientale Italiana. Combattimenti fra truppe italiane ed etiopi continuarono fino al Febbraio 1937. I soldati italiani furono impegnati contro la resistenza abissina fino a tutto il 1939.
Numerosi crimini di guerra vennero commessi durante il conflitto. Il Regio Esercito Italiano usò il gas mostarda in bombardamenti aerei, violando le Convenzioni di Ginevra, sia contro truppe combattenti che civili, nel tentativo di scoraggiare il popolo etiopico dal supportare la resistenza. Sono stati attestati anche attacchi deliberati dell’esercito italiano contro ambulanze e ospedali della Croce Rossa. Stando alle stime, centinaia di migliaia di civili etiopici morirono come risultato della invasione italiana, basti pensare alla strage di Addis Abeba di fine Febbraio 1937 quando circa 30mila civili vennero uccisi.
I crimini dell’esercito etiopico, di gravità molto minore, inclusero invece l’utilizzo di proiettili a espansione (proibiti dalle convenzioni dell’Aia), il massacro di lavoratori civili (come nel massacro di Gondrand), e la mutilazione e castrazione di soldati italiani e ascari catturati.