Cosa vuol dire, oggi, essere cittadini italiani? È necessario che il concetto di cittadinanza sia ancorato a dei valori? E quali sono il compito e i limiti della legge nel disciplinare un campo così delicato?
A queste domande tenta di rispondere il nuovo libro edito dalla nostra casa editrice Le Lucerne, “Dialoghi sul diritto di cittadinanza”. Un libro che nasce da un confronto a due tra Insaf Dimassi, giovane studiosa e attivista italo-tunisina, e Antonio Salvati, magistrato, e che tocca tematiche scottanti di attualità, diritto e politica.
Lei è la voce di chi vive sulla propria pelle la dolorosa esperienza di essere cittadina di uno Stato che ancora non la riconosce; lui si presta a rappresentare le istanze del diritto e della sua logica formale e astratta. Insieme, intessono un dialogo lucido, aperto e appassionato sulla Legge 91/1992 che regola la concessione della cittadinanza in Italia e sulla proposta, accanto e al di là dello ius sanguinis e dello ius soli, di uno ius culturae.
Vi diamo qui un assaggio del libro presentandovi la prefazione.
All’inizio del viaggio, questo libro doveva essere una riflessione, allo scoccare dei suoi trent’anni, sulla Legge 91/1992 che regola la cittadinanza in Italia, sulle ragioni alla base delle scelte che compie nel disciplinare una materia così delicata e sui limiti che tali scelte rivelano.
Ma, come tutti i libri che si rispettino, anche questo si è via via trasformato nelle mani dei suoi autori, diventando tante cose diverse, tutte assieme.
Gli scambi di idee, i confronti a volte anche accesi, le lunghe, lunghissime discussioni tra Insaf Dimassi, giovane studiosa e attivista per i diritti che la Legge 91 nega alle cosiddette “seconde generazioni”, e Antonio Salvati, magistrato convinto dell’intima razionalità della legge – di ogni legge –, hanno trasformato questa riflessione in un caleidoscopio di spunti e di analisi che è andata molto oltre il tema di partenza.
Certo, chi leggerà queste pagine si troverà a ragionare di ius sanguinis, ius soli, ius culturae (o ius scholae, come sembra si voglia dire oggi): ed è logico, quasi inevitabile, che sia così.
Ma la passione civile della studiosa e lo spirito critico del giudice hanno finito con l’aprire un varco nel quale si sono affollati molti altri argomenti, e con loro tanti altri quesiti, a non pochi dei quali è forse impossibile provare a dare risposta, se non con altri libri, e altri libri ancora.
Cosa vuol dire essere cittadino, nella moderna società globalizzata e orientata dai mezzi di comunicazione di massa? È proprio necessario che il concetto di cittadinanza debba essere ancorato a dei valori, in un momento storico e sociale di liquidazione di ogni narrazione, delle relazioni umane, persino del diritto? E alla fine – domanda per certi versi sconvolgente – ma siamo davvero sicuri che abbiamo bisogno di un concetto di cittadinanza così ampio come quello che decliniamo ogni giorno?
E ancora, qual è il ruolo della legge in tutto questo? Basta davvero limitarsi al rispetto formale delle sue prescrizioni, oppure la sua struttura base (regola – precetto – sanzione) dimostra proprio nella vicenda del diritto di cittadinanza tutta la sua inadeguatezza in una società sempre più complessa e in un mondo dai confini sempre più ampi?
Proprio mentre si ultimavano le pagine finali di questo libro, cercando di riannodare le fila di tutti i dubbi seminati lungo il percorso, anche la politica si è finalmente accorta della necessità di riprendere in mano il bandolo di una matassa così fitta e ingarbugliata come quella del diritto di cittadinanza per gli italiani dos (di origine straniera).
È una conferma che è giunto il tempo di discutere, di confrontarci su questo argomento: e questo libro ha un solo desiderio, dare il proprio contributo a un dialogo che deve essere alto, sincero, acceso, passionale, ma soprattutto umano.
La legge, si sa, deve per forza essere astratta. Deve poter parlare a tutti i cittadini, e non solo ad alcuni, e per fare questo non può tenere in considerazione una vicenda individuale, un caso singolo, l’esperienza di una sola persona.
Per fare questo, però, non deve dimenticare di essere umana. E non nel senso – sbagliato – di compassionevole o misericordiosa, ma che, applicata a una storia come quella di Insaf Dimassi, non produca conseguenze ingiuste o quanto meno contraddittorie.
E, per scoprire se l’attuale Legge 91 è così o meno, deve avere il coraggio di confrontarsi con una vicenda individuale così forte e intensa come la sua. Perciò questo libro, anche se non è il romanzo della vita di Insaf, da questa storia sicuramente parte, per incamminarsi ed esplorare temi e problemi complessi, a volte in modo doloroso.
Il motivo di tutto questo c’è ed è facile da comprendere: perché alla base della legge ci sono pur sempre le donne e gli uomini che l’hanno voluta, desiderata, sognata.
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