All’interno del giardino dello Zio Sam successe un qualcosa di inaspettato sul finire degli anni Cinquanta del XX secolo: a poche miglia (relativamente) dalla costa sud della Florida, quella che era stata l’ultima colonia dell’Impero spagnolo, divenne un avamposto comunista, guidata dal suo condottiero, Fidel Castro.
Fin dal XVI secolo Cuba era stata sotto il dominio dell’Impero spagnolo e vi restò fino alla fine del XIX, quando gli Stati Uniti, in piena rampa di lancio dal punto di vista dell’espansione di influenza internazionale, misero gli occhi sull’Avana, nell’obbietto di fare diventare il Mar dei Caraibi una sorta di Mare nostrum. Ne seguì la guerra ispano-americana, un conflitto molto breve e con perdite relativamente basse, tanto che la guerra venne definita Splendid little war. Tra le conseguenze vi fu l’indipendenza di Cuba, che divenne a breve protettorato americano (20 maggio del 1902), di fatto l’isola poteva essere informalmente considerata alla stregua di una colonia per gli USA, con il diritto di intervenire negli affari interni e a sorvegliare le finanze e relazioni con l’estero, coerentemente con quello che sarà il Corollario Roosevelt alla Dottrina Monroe (che verrà formulato nel 1904).
Il protettorato americano su Cuba resisterà per circa trent’anni, quando in seguito ad una rivolta militare capeggiata dal sergente Fulgencio Batista rovesciò il governo di Carlos Manuel de Céspedes y Quesada. Di fatto Batista dominò la politica cubana per i 25 anni successivi, attraverso una serie di presidenti fantoccio. Nel 1952 si candidò lui stesso alla presidenza, ma l’esito fu per lui negativo. Attuò quindi un colpo di stato vero e proprio e proclamò illegale il Partito Comunista Cubano, andando anche a creare un apposito ufficio per la repressione delle attività comuniste (BRAC).
Nel frattempo, un giovane avvocato, Fidel Castro, dopo un tentativo di insurrezione e il successivo periodo di reclusione, riorganizzò dal Messico la lotta contro la dittatura militare di Battista, insieme ad alcuni volontari (tra i quali Ernesto Guevara de La Serna). La rivoluzione prese corpo con lo sbarco sull’isola di quasi un centinaio di uomini, che affrontarono l’esercito nazionale e si ritirarono sui monti della Sierra Maestra, questa mossa strategica gli consentì di ottenere sempre più consensi tra la popolazione e la costruzione di un piccolo esercito, che tramite la guerriglia affrontò i miliari per tutta l’isola, fino alla battaglia decisiva di Santa Clara, il 30 dicembre del 1958, la notte successiva Battista fu costretto alla fuga e l’inizio del nuovo anno (precisamente l’8 gennaio 1959) vide l’esercito rivoluzionario entrare nella capitale, senza incontrare una vera resistenza.
Inizialmente gli Stati Uniti si affrettarono a riconoscere il nuovo governo che Castro instaurò ufficialmente nel febbraio del 1959, ma gli attriti non tardarono ad arrivare. Il nuovo governo cubano cominciò ad espropriare le proprietà delle compagnie statunitensi proponendo risarcimenti molto bassi, basati sulle stesse valutazioni fiscali che le compagnie avevano stabilito negli anni precedenti. Fu solo in seguito agli accordi che Castro prese nel febbraio del 1960 con l’Unione Sovietica per l’acquisto di petrolio, fino ad allora era stato di proprietà americana, che i rapporti si compromisero. Da qui gli Usa interruppero le relazioni diplomatiche con il governo cubano, il quale iniziò a ricevere aiuti umanitari e militari dall’URSS. L’anno successivo gli Stati Uniti tentarono un fallimentare attacco a Cuba per spodestare il governo castrista. Il 2 dicembre del 1961, in un famoso discorso alla nazione, Castro si dichiarò marxista-leninista e annunciò che Cuba avrebbe adottato il comunismo.
Una pianta rossa era appena nata nel giardino dello Zio Sam, dalla quale, di lì a breve scaturirà uno dei momenti di tensione più alta dell’intera Guerra Fredda.