“Caro presidente, Berlusconi ha sempre chiesto che al Quirinale andasse un uomo al di sopra delle parti, un garante vero. Lei, per sua stessa natura, corrisponde perfettamente a questo ritratto”.
Non è capitato a tanti, per usare un eufemismo, di essere ben voluti da entrambi i poli politici e di ricevere Gianni Letta in visita privata con queste parole di stima, anche se per la corsa al Quirinale si è considerati come il candidato del centro-sinistra. Carlo Azeglio Ciampi, tra l’altro, pochi anni prima si sarebbe difficilmente aspettato di essere al centro e poi a capo delle istituzioni nazionali tramite un’elezione al Quirinale al primo scrutinio con 707 voti a favore su 990 disponibili (bloccando sul nascere tutti gli altri nomi, tra cui quello dell’ex Segretario generale Cisl, Franco Marini).
Livornese, classe 1920 e laureato in lettere alla Normale di Pisa (per l’ammissione fu esaminato da Giovanni Gentile) con la vocazione di diventare insegnante, dopo aver risposto alla chiamata alle armi in Albania durante il secondo conflitto mondiale, si rifugiò in Abruzzo (lì trovò il suo professore alla Normale, Guido Calogero), dove prese parte alla Resistenza e per sfuggire alle forze nazi-fasciste attraversò la Majella da Sulmona per oltrepassare la linea Alleata in Puglia.
Entrò nel Partito d’Azione, ma non proseguì il suo impegno politico con l’avvento della Repubblica, dedicandosi agli studi per la seconda laurea in Giurisprudenza e vincendo il concorso per impiegati presso la Banca d’Italia.
Questo concorso fu il primo mattone di una incredibile scalata: da semplice impiegato presso il Servizio Studi ne divenne Governatore nel 1979 (dopo aver ricoperto posizioni dirigenziali in senso progressivo). Ecco, quindi, le luci della ribalta nazionale nel mondo dell’alta amministrazione in un periodo sul piano economico-finanziario delicatissimo. Ciampi inaugurò, infatti, un nuovo corso della politica monetaria nazionale per far sì che l’Italia potesse rientrare entro i criteri del Sistema Monetario Europeo e che mantenesse con i partner continentali una sinergia utile alla competitività della lira nel mercato interno (significativi furono i drastici tagli alla valutazione della lira ai margini di alcune operazioni speculativi promosse dall’Eni e avallate dall’allora Premier Craxi).
L’esperienza da Governatore forgiò, però, Ciampi come uomo delle istituzioni proiettato nella dimensione europea e pose le basi da Presidente del Comitato dei Governatori della Comunità europea per l’idea dell’ambizioso progetto della moneta unica. Negli anni da Governatore Ciampi ebbe anche modo di “lanciare” alcuni dei futuri membri della classe politica e dirigente nel campo (i cd. “Ciampi boys”) come Fabrizio Saccomanni, Mario Draghi e Fabrizio Barca.
Lo scoppio di Tangentopoli con la conseguente delegittimazione del sistema partitico della Prima Repubblica e della bolla finanziaria che portò l’Italia al di fuori dello SME indusse Oscar Luigi Scalfaro nel 1993 alla scelta drastica del “Governo del Presidente”, scegliendo Ciampi come primo Premier di provenienza tecnica della storia repubblicana.
I compiti che gli vennero assegnati furono gravosi: dalla riforma elettorale in senso conforme ai referendum Segni del 1991 e 1993, alle riforme costituzionali fino al drastico taglio del deficit e al riportare la lira nello SME per scongiurare ipotesi di “Italexit” dalla CEE. Ciampi realizzò alcune importanti riforme come la legge elettorale Mattarella, che introdusse un sistema prevalentemente maggioritario, la prima privatizzazione del pubblico impiego (Dlgs. N.29/1993), siglò il cd. Protocollo Ciampi-Giugni (assieme a Cgil, Cisl, Uil e Confindustria) nel 1993 che rivoluzionò il diritto sindacale prevedendo il modello della concertazione e della differenziazione della tipologia contrattuale collettiva, e lavorò intensamente su politiche finanziarie di abbattimento del debito pubblico.
L’anno a Palazzo Chigi lo proiettò entro altri importanti incarichi di governo durante i Governi Prodi e D’Alema nel 1996 e 1998. Guidò i dicasteri del Tesoro e del bilancio e programmazione economica portando avanti il progetto incompiuto durante la sua Presidenza del Consiglio: il rientro nello SME e l’Italia subito dentro il nascente Euro dal 1 gennaio 1999. Il raggiungimento di questi risultati fu frutto di una tenace politica di abbattimento del debito e di mediazione entro gli organi comunitari: fu utile in tal senso anche la sua carica di Presidente del Comitato interinale del Fondo Monetario Internazionale tra il 1998 e il 1999.
L’elezione al Quirinale, visto anche il generale clima di ottimismo per il futuro della moneta unica, venne così accolta con grande entusiasmo da tutto l’arco parlamentare. Ma Ciampi, consapevole di dover far fruttare questo patrimonio, decise di fondare la sua prassi seguendo due idee di fondo.
Da un lato, il Presidente-banchiere colse come l’aut aut espresso dal sedimentato bipolarismo rischiasse di mettere il Presidente nelle condizioni di essere strumentalizzato, tirato per la giacca e di essere il punto di riferimento per atteggiamenti di paternalismo costituzionale, soprattutto dalle opposizioni. Per cui, tentò di potenziare il suo ruolo di rappresentante dell’unità nazionale mantenendo un volto umano, cortese, popolare e non portato agli eccessi in modo da placare le divisioni (di qui i numerosi viaggi per tutte le province italiane assieme alla inseparabile consorte Franca Pilla o “Donna Franca”, che svolse sia un ruolo chiave per la cura e la promozione dell’immagine pubblica del Presidente unificatore nazionale, ma altrettanto un ruolo vicino alle first ladies presidenziali d’oltreoceano).
Non solo uno stile da buon padre di famiglia. Nella prassi istituzionale trasformò la moral suasion in un’attività silenziosa, riservata in modo da non esasperare le divisioni e la litigiosità, ma proprio per questo estremamente decisa ed efficacia a mantenere la leale collaborazione.
Importante ruolo è stato senz’altro quello del suo Segretario Generale, Gaetano Gifuni, e del Consigliere giuridico, Salvatore Sechi, capaci di tessere costantemente una solida rete di cooperazione istituzionale su impulso del Presidente.
Esempi ce ne sono molti a cominciare dai molti “litigi” con i Governi Berlusconi II e III in carica dal 2001 al 2006 sulla legge Gasparri con l’aneddoto, raccontato da Eugenio Scalfari e poi ripreso anche da Marzio Breda nella sua “La guerra del Quirinale”, secondo cui Ciampi anticipò a Berlusconi privatamente a cena il suo rinvio alle Camere con Berlusconi che ebbe un gesto di stizza paventando gravi problemi per le reti Mediaset. Altro scontro fu con Roberto Castelli (Ministro della Giustizia che si rifiutò di consegnare gli incartamenti dell’istruttoria della grazia) in merito alla concessione della grazia a Ovidio Bompressi, che portò al conflitto di attribuzione che qualificò il potere di grazia come esclusivamente presidenziale. Oppure come poco prima dell’intervento militare italiano in Iraq nel 2003 Ciampi convocò d’urgenza il Consiglio Supremo di Difesa ricordando sibillinamente come l’art. 11 della Costituzione parlasse di “ripudio della guerra come strumento di offesa”. In tante altre occasioni non mancarono i litigi e i controlli severi di Ciampi su molti provvedimenti legislativi, ma Berlusconi mostrò, forse per la riservatezza e il garbo istituzionale del Presidente, un atteggiamento non ostile a una eventuale rielezione di Ciampi.
La seconda intuizione del Presidente-banchiere riguardò una diretta conseguenza del suo expertise nell’alta amministrazione economico-finanziaria: il processo di integrazione europea. Consapevole di dover mantenere unito un Paese molto divisivo, capì come nemico peggiore sarebbe stato un isolamento politico ed economico rispetto al resto del Continente. Per cui fu molto attivo nel promuovere nelle sue esternazioni di pari passi allo spirito patriottico anche la visione necessaria di un’Europa federale e, infine, il suo impegno politico, affinché si arrivasse nel marzo del 2004 alla firma della Costituzione europea a Roma nella sala degli Orazi e Curiazi. Anche lui come Segni per l’impegno sulla Costituzione europea e per essere uno dei padri fondatori della moneta unica ottenne nel 2005 il prestigioso Premio “Carlo Magno”.
L’unità nazionale/europea secondo Ciampi lo portò a un altissimo gradimento popolare ed è curioso notare come uno dei Presidenti più amati e ricordati non fu mai parlamentare se non senatore a vita di diritto: da semplice impiegato alla Banca d’Italia a Capo dello Stato, mettendo su un mattone dopo l’altro.