Ci sono parole che, loro malgrado e inconsapevolmente, portano significati grevi, raccolti nel corso del tempo e nell’evolversi della loro storia linguistica, strettamente legata a quella degli uomini. Prima però di parlarvi di quella di oggi citiamo, a buona ragione un omonimo poeta romano, che certo avrebbe trovato molta epigrammatica ispirazione nella situazione contemporanea.
“Questa è la legge
del poeta licenzioso:
non può piacere
se non è pruriginoso.”
E qui, più che di prurigini, si tratta di vere e proprie eruzioni di potere.
Parliamo del termine MARZIALE. Linguisticamente, occupa due pagine di vocabolario concetti che sfumano dal divino al guerresco, passando per l’astrologia e finendo con i trattamenti medici contro l’anemia.
Nell’ambito a noi carissimo del diritto, ovviamente, celeberrima è la legge marziale, il sistema applicato in tempo di guerra e solo dopo la dichiarazione della stessa, atto che porta con sé l’entrata in scena del diritto di guerra, a sostituzione di quelle in vigore al di fuori dello stato di emergenza, di eccezione.
Marziale è un perfetto Nomen Omen dal sapore pagano; deriva dal latino MARTIALIS, “marziale”, aggettivo derivato dal sostantivo MARS, “Marte” appunto: il dio della guerra per eccellenza. Un puntino rosso che già si presentava, regale, nel firmamento notturno dell’antica Roma. Rosso come il colore del sangue e della polvere delle battaglie, della rabbia, della fierezza del condottiero.
Marte però, all’interno del Pantheon romano, iniziò la sua carriera quale dio dell’agricoltura: questo lo lega probabilmente all’equivalente etrusco Maris, dio del raccolto (mar- infatti, in etrusco identificava l’atto di mietere). La radice è legata al Sanscrito Marutas e al Proto Indo Europeo *Mawort-, entrambi identificanti le divinità del vento e della guerra. Nulla si crea, tutto si trasforma, direbbe qualcuno.
Qualcuno si potrebbe chiedere cosa c’entri l’anemia con Marte: non si tratta di un tema agricolo e leguminoso, bensì alchemico. Nella scienza alchimistica, infatti, il ferro era identificato con Marte. Alla vostra prossima cura marziale, quindi, sentitevi un po’ degli apprendisti stregoni in cerca della Pietra Filosofale.
Ma torniamo alle leggi marziali: quando sono nate? Difficile è tracciarne una storia continuativa nel corso del tempo. Il termine è entrato in uso nel nostro italiano almeno dal XVI secolo, ma una tradizione giurisprudenziale esisteva almeno da un paio di secoli nell’Inghilterra del Court of the Constables and Marshals, stabilita nel 1521, e avente giurisdizione sopra fatti bellici, esecuzioni, prigionie e altre delizie guerresche.
I casi e le leggi discussi presso queste corti vennero definiti, già dal 1530 circa, come “marziali”, ma non per identità di etimologia con il termine marshal, di origine germanica, e afferente al campo semantico del cavallo.
Da qui in avanti la storia delle leggi marziali è arrivata fino ai secoli più recenti, con diverse caratteristiche e applicazioni, ma sempre con base scatenante comune: la guerra.
“Maledire la guerra come assassinio e poi pretendere dagli uomini che essi facciano la guerra e in guerra uccidano e si lascino uccidere, affinché “non vi sia mai più una guerra” è un inganno manifesto.”
Diceva Carl Schmitt, a descrivere un aspetto peculiare di uno stato di eccezione che, se guardiamo la storia dall’alto, sembra più permanente di una chimerica normalità.
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