I nobili hanno cercato di preservare il proprio buon nome non solo attraverso grandi opere ma anche punendo coloro che osavano farsi beffe dei lor signori: vi raccontiamo alcuni casi curiosi dal 1901 di sudditi dell’Impero imprigionati per le loro bizzarre offese o parole di troppo contro la nobiltà austriaca.
Che le famiglie reali siano da sempre maniacali quando si parla d’onor proprio è cosa nota, ma forse non sapete che ancora nel XX secolo molti sudditi impertinenti hanno pagato dietro le sbarre il prezzo di una lingua troppo lunga. La Rivista penale del 1901 cita infatti le leggi che furono varate dalla famiglia reale d’Austria contro le ingiurie sui propri membri, ma tali misure vennero intraprese un po’ ovunque dai reali nel mondo, e ancora oggi vigono nelle moderne monarchie.
Secondo quanto apprendiamo dalle fonti, il codice penale austriaco, varato il 27 maggio 1852 e in vigore dall’1 settembre dello stesso anno, puniva come crimini le offese che avevano per oggetto i membri della casa imperiale. La condanna, a seconda della gravità delle male parole, prevedeva da uno a cinque anni di carcere. Ma chi erano i soggetti tutelati dalla legge? Naturalmente, gli arciduchi e le arciduchesse d’Austria, nonché i parenti all’estero, e persino i principi estinti! La memoria di questi ultimi venne infatti tutelata per disposizione del Ministero della Giustizia 10 giugno 1854, n. 5887, poi ribadita dalla decisione suprema del 25 marzo 1885.
Il deputato socialista Pernerstorfer, con il favore dei radicali tedeschi, avanzò la proposta di abrogazione dell’articolo in questione, spesso usato come espediente politico o strumento di abuso di potere da parte dei nobili. La proposta venne prontamente respinta da un’apposita votazione, e il Capo del Governo fu chiaro: l’articolo apparteneva a quella cerchia di azioni legali che definivano i privilegi della casa regnante in quanto tale.
Dagli scritti dello stesso Pernerstorfer ci sono giunti comunque alcuni casi curiosi di condanne per offese ai nobili d’Austria: un suddito passò ben quattro mesi al fresco, in cella, dopo aver affermato nel mezzo di un’adunanza pubblica che il defunto arciduca Alberto fosse stato un “lattivendolo”, sebbene non sia chiaro né il significato di tale offesa né se questa possa considerarsi effettivamente tale.
Un tale, ubriaco, scontò poi cinque mesi di carcere dopo aver avvicinato una guardia e averle chiesto di arrestarlo, altrimenti avrebbe potuto pronunciare ingiurie contro la famiglia reale.
Ancora, un capitano di guarnizione della città di Graz, capoluogo del Land della Stiria, si ribellò a una stramba volontà dell’arciduca Ottone della famiglia degli Asburgo-Lorena, fratello dell’erede al trono, e venne severamente punito. Il principe aveva invitato il capitano assieme ad altri ufficiali nella camera da letto della proprie moglie, la principessa Maria Giuseppina di Sassonia, di nota bellezza, per ammirarne le fattezze. Il folle marito ricevette un solenne ceffone dall’augusto zio, ma il povero e pudico capitano non si risparmiò una punizione per insubordinazione al suo superiore. Chissà che la principessa Maria Giuseppina non abbia tenuto ben lontano il marito dalla propria camera da letto dopo l’inaudita richiesta.
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