Probabilmente i negoziatori americani si trovarono sbigottiti quando compresero che di poter acquistare un territorio come la Louisiana per un totale di quasi quindici milioni di dollari, ovvero tre centesimi ad acro. In realtà inizialmente tale trattativa aveva come scopo l’acquisto di un porto strategico come quello di New Orleans e di parte della Florida occidentale (che all’epoca comprendeva anche l’attuale Mississippi) e per i quali gli statunitensi erano disposti a sborsare quasi dieci milioni di dollari.
La Louisiana non era lo stato che si conosce oggi, ma quando si parlava di Louisiana tra il XVIII e il XIX secolo si intendeva un territorio enorme, che dal Golfo del Messico a sud arrivava fino all’attuale Canada a nord e che toccava ad ovest le Montagne Rocciose.
Negli anni ’60 del XVIII secolo il territorio della Louisiana francese cadde sotto il dominio spagnolo, che a tutti gli effetti era ancora una grande potenza sul continente americano, tralasciando le colonie Dell’America Latina, i suoi domini passavano dal Messico (Nuova Spagna) per arrivare fino a nord dell’attuale California, nonché la Florida e la zona costiera del Golfo del Messico. Quindi a livello geopolitico ciò rappresentava un duro scoglio per le ambizioni statunitensi, visto che proprio nella zona della Louisiana si trovava un fiume navigabile di fondamentale importanza per i commerci, il trasporto di merci agricole e non provenienti dall’ovest dei monti Appalachi, il fiume Mississippi. Fiume che sfociava proprio nel Golfo del Messico. Vi era quindi il rischio che gran parte del commercio statunitense sarebbe stato compromesso, sottomesso all’autorizzazione spagnola.
Le carte in tavola furono rimescolate dal fatto che all’alba del 1800 la Francia di Napoleone Bonaparte riuscì ad acquisire l’intero territorio dagli spagnoli con il trattato di San Ildefonso, trattato che però venne tenuto segreto per lungo tempo, quasi fino alla definitiva cessione agli Stati Uniti. Se comunque la Spagna poteva essere considerata una grande potenza, effettivamente si trattava di una potenza in declino sotto molti aspetti, lo stesso non si poté dire della Francia, che nel vecchio continente stava ormai inanellando una serie di vittorie contro qualsiasi nemico gli si parasse davanti. I francesi cercarono di sfruttare il territorio appena acquisito come una sorta di granaio per le loro isole dello zucchero nel Mar dei Caraibi. Ma ciò che successe ebbe degli incredibili risvolti in favore degli Stati Uniti. L’isola francese più importante era quella di Santo Domingo, nella quale la popolazione schiava ammontava a circa mezzo milione e nel 1802 una ribellione da parte della stessa popolazione nera riuscì ad avere la meglio sul locale governo francese rinforzato da truppe sotto il comando del generale Leclerc mandato da Napoleone. I progetti francesi per la Louisiana naufragarono.
Il progetto dell’allora presidente Thomas Jefferson partì nel 1801, quando, a seguito di voci non ufficiali, arrivò al suo orecchio la possibilità che effettivamente il controllo della Louisiana potesse essere passato in mano francese tramite una trattativa segreta con il governo di Madrid. In prima battuta venne mandato Jonathan Livingston in veste di ambasciatore per sondare il terreno a Parigi per una possibile acquisizione del porto di New Orleans, ma un secco rifiuto lo costrinse a rinunciare. Fu solo dopo le vicende Santo Domingo che la situazione cambiò e che nella trattativa si aprì uno spiraglio per un possibile acquisto della città. Fu allora che in aggiunta a Livingston, il terzo presidente statunitense mandò a trattare anche Monroe, il quale non fece in tempo a giungere in territorio francese che i diplomatici di Napoleone offrirono a Livingston e i suoi non soltanto l’intera città di New Orleans ed il controllo totale del Mississippi, ma il controllo dell’intero territorio della Louisiana. Presi in contropiede, i delegati statunitensi accettarono, anche se da dieci milioni di dollari (cifra per la quale erano disposti a pagare per l’acquisizione della sola città) si passò a quindici per l’intero territorio, anche per paura che l’imperatore potesse cambiare idea.
Come quasi tutte le decisioni e mosse di governo l’acquisizione della Louisiana non fu compiuta senza dissidi interni, in questo caso era l’ala federalista di Hamilton che si oppose all’incostituzionalità della manovra di Jefferson, e che tra l’altro avrebbe comportato un grande dispendio economico e l’inimicizia neanche troppo velata con gli spagnoli. In realtà il piano del presidente si fondava sul fatto che nella costituzione non vi era specificato nulla riguardo ad un eventuale acquisto di territorio da parte degli Stati Uniti. Alla fine, il 30 aprile del 1803 a Parigi venne firmato il trattato da Livingstone, Monroe e dal marchese Barbé-Marbois. Il senato statunitense ratificò il trattato il 20 ottobre dello stesso anno e finalmente il 20 dicembre venne completato l’acquisto dell’intera Louisiana.
Con questo acquisto gli Stati Uniti videro raddoppiare il loro territorio. La terra acquisita comprendeva gli odierni: Arkansas, Missouri, Iowa, Oklahoma, Kansas, Nebraska, Minnesota, Dakota del Nord, Dakota del Sud, parte del Nuovo Messico e del Texas, così come parte del Montana e del Colorado. A livello politico e strategico l’acquisizione rappresentò uno dei punti più alti dell’amministrazione Jefferson, una vittoria politica e geopolitica, era stato compiuto un altro passo verso il Pacifico.