Avevo un attico al Lido di Spina.
Lo avevo scelto di fronte al mare, al nono piano di un palazzo con vista totalmente libera da tutti i lati, per poter distinguere da lontano, nei giorni limpidi, buona parte della costa, le Prealpi e gli Appennini.
D’inverno il mare è un continuo spettacolo: a volte calmo, a volte rabbioso, a volte invadente a coprire tutta la spiaggia.
D’estate i rumori che fanno i bagnanti ti fanno sentire in piacevole compagnia e di notte, con le finestre aperte, ti senti immerso nell’ambiente naturale, in compagnia del rumore della risacca del mare e del richiamo di qualche animale notturno.
Avevo quindi un attico che, fino a qualche anno fa, rendeva la mia vita felice nonostante la invalidità che mi impedisce di scorrazzare libera fuori di casa. Poi, qualcosa è cambiato.
Nella settimana appena trascorsa i miei dirimpettai, dal bagno Malua al bagno Kursaal, come di abitudine, hanno utilizzato come discoteca all’aperto per tre giorni consecutivi il loro stabilimento, il primo fino alle tre e il secondo fino alle quattro del giorno successivo, aumentando gradatamente il volume delle loro prestazioni.
Poiché fanno a gara, l’uno per sovrastare l’altro, ne risulta una canea indistinguibile, sopra la quale si erge l’urlo continuo del vocalist che li pungola costantemente.
Alle tre di notte si sono ribellati i gabbiani che si sono esibiti nel buio più assoluto in un carosello con urla di protesta, ben diverso da quello abitualmente gioioso del tramonto.
Dopo le tre il Malua ha zittito la sua specialità musicale, una oratoria musicale rappata a tempo su una base dell’affannoso e ininterrotto ansimare di un moribondo, il tutto sovrastato dall’incitamento urlato e sguaiato del vocalist.
Si è così isolato e rivelato in tutto il suo splendore lo stile del Kursaal fatto di sonorità potenti e aggressive risultanti dal mixare anche tre o più dischi contemporaneamente e dalla produzione sintetica di suoni distorti, in parole povere di musicalità affine a quella delle unghiate su una lavagna.
Quando anche il Kursaal ha chiuso, la numerosa clientela delle due discoteche, con il cervello ben ben mixato, non è andata a casa, ma ha cominciato a fare protagonismo, suonando i claxon, lanciando e trascinando le attrezzature dei lavori stradali in corso, usando i cassonetti come arieti da corsa e, naturalmente, urlando ai quattro venti la sua euforia.
In casa mia è inutile illudersi di poter dormire, ma anche di poter sopravvivere. Il rumore e le luci invadenti, mobili e a colori intermittenti, impediscono di ripararsi.
La televisione si può guardare solo con il massimo del volume dentro alle cuffie, comunque sempre con il sottofondo esterno.
I tappi alle orecchie, estremamente fastidiosi, arginano una piccola parte del rumore, pur se aiutati da tutti i doppi vetri chiusi.
Si può un po’ sopravvivere quindi solo con le cuffie, i tappi nelle orecchie, i vetri chiusi e le tapparelle chiuse, affrontando il forte disagio della calura senz’aria. E questo per tre notti alla settimana per tutta l’estate.
Avevo una attico al Lido di Spina.
Ora ho una palestra adatta soltanto all’addestramento contro la claustrofobia di chi deve affrontare una risonanza magnetica in apparecchio chiuso.
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Resede Ferioli è ex notaio e vive in Emilia-Romagna. Ha già scritto per Massime dal Passato un’analisi sugli abusi delle concessioni balneari nell’articolo La direttiva Bolkestein: a cosa servono le concessioni balneari?, ma soprattutto nel libro Abbassate il volume, edito da Le Lucerne nel 2021. Tra serietà e ironia, con codici e leggi alla mano e la memoria sempre pronta a correre verso le più incredibili storie vissute, Resede Ferioli conduce la sua indagine per smascherare le illegalità da spiaggia su cui le istituzioni chiudono gli occhi.
Sempre per Le Lucerne, nel 2022 ha pubblicato Il condominio sul mare (ovvero di come nasce una dittatura), in cui racconta la storia di come, trasferitasi nel suo nuovo attico, presto scopre che a comandare su tutto il condominio è una persona sola. Così, tra episodi tragicomici di vita condominiale e assalti in punta di diritto, riflette su come in una comunità libera governata da leggi giuste possa insinuarsi il germe della dittatura.

