L’anno passato è stato l’anno che è stato. Mi sono reso conto di non avere scritto nel 2020 alcun articolo per questa rubrica. E quindi cerchiamo di cominciare quello nuovo con il piglio giusto e una determinazione forte. Una delle cose che più mi sono mancate in quello vecchio, da cittadino del popolino, e mi perdonerete la superficialità, sono state le Olimpiadi e i gli Europei di calcio. Sono due cose – direte – e avete ragione, ma l’assenza che ho sofferto è stata la stessa: non vedere quello sterminato sventolio, a festeggiare un gol o una medaglia in uno sport assurdo, dei vessilli tricolore.
Devo dire che non sono uno fissato con la sacralità di questi simboli, ma nemmeno posso fingere di non provare un certo moto di emozione, amor proprio e amor patrio quando la bandiera solenne si gonfia al vento. E abbiate pietà se questo mi accade più per gli eventi sportivi che per lo sventolio sui balconi come l’anno scorso, appunto.
Comunque, per dimostrare le mie buone intenzioni, ho pensato di dedicare questo primo post dell’anno proprio alla bandiera italiana, per celebrarne un po’ la storia e la simbologia, affinché possa essere un auspicio per gli sventolii che verranno.
Lo spunto è una sentenza degli anni Venti del secolo scorso. Non è purtroppo ben chiaro il fatto, ma certamente era avvenuto a Trento, annessa al Regno appena cinque anni prima. Pare che un bel giorno, un tale di nome Miori – forse un nostalgico austriaco ? – avesse deciso di abbattere una bandiera italiana. Pronti-via, fu accusato e condannato per violazione dell’art. 115 dell’allora vigente Codice Zanardelli, che prevedeva: “Chiunque, per fare atto di disprezzo, toglie, distrugge o sfregia in luogo pubblico o aperto al pubblico la bandiera o altro emblema dello Stato è punito con la detenzione da tre a venti mesi“
Il caso era poi giunto in Cassazione, dove il nostro bravo signore aveva sostenuto che il gesto non poteva davvero configurare il reato in questione, perché il vessillo che egli era stato accusato di avere sfregiato non era – sorpresa! – la bandiera italiana.
E quale bandiera era?, allora, vi starete chiedendo: quella dell’Austria, della Germania? tzè… era proprio un tricolore verde-bianco-rosso, solo mancava dello stemma sabaudo e delle cravatte azzurre che caratterizzavano il vessillo ufficiale del Regno d’Italia.
Ora mi si conceda un passo indietro e chiamo a testimoniare un’altra vecchia sentenza della Cassazione (13 marzo 1922) che fa una bella cronistoria della nostra bandiera ricordandoci che:
la tradizione ci insegna che il tricolore, proclamato bandiera nazionale fino dal Congresso di Reggio Emilia del 7 gennaio 1797, mantenuto dalla Repubblica Cispadana e da Napoleone pel Regno italico, fu il segnacolo del nostro risorgimento, dell’auspicata nostra unità e, questa ottenuta, ha continuato ad essere il simbolo della patria.
Ebbene, come vi abbiamo già raccontato, il primo tricolore risale al 1797 e lo si deve a Giuseppe Compagnoni di Lugo che lo propose al Congresso per la costituzione della Repubblica Cispadana. La bandiera aveva tra strisce orizzontali. In quella sede fu scelto, oltre al bianco e al rosso, mutuati dal tricolore francese, il verde come terzo colore.
Anche la bandiera della Repubblica Napoloenica e poi quella del Regno d’Italia(1805-1814) avevano gli stessi colori, ma disposti in una composizione diversa: formata da un quadrato a fondo rosso, in cui è inserito un rombo a fondo bianco, contenente un altro quadrato a fondo verde
Con la caduta di Napoleone e la Restaurazione, il tricolore fu bandito, e divenne il simbolo dei moti rivoluzionari: Mazzini lo scelse per la Giovane Italia e Garibaldi lo portò in Sud America.
L’art. 77 dello Statuto Albertino prevedeva quale vessillo ufficiale del Regno di Sardegna la coccarda azzura derivata dal blu Savoia (“Lo Stato conserva la sua bandiera e la coccarda azzurra è la sola nazionale“).
Carlo Alberto proclamò poi il 23 marzo 1848 che le truppe sabaude portassero la bandiera tricolore con sovrapposto lo scudo di Savoia: cioè la bandiera che poi sarebbe stata assunta come emblema nazionale anche dal Regno d’Italia dopo l’unità, la cui versione ufficiale fu stabilita dall’art. 1 del R.D. 24 settembre 1923, n. 2072: “la Bandiera nazionale, o di Stato, è formata da un drappo di verde, di bianco e di rosso, col bianco coronato dallo stemma Reale, e con le cravatte azzurre“.
E qui torniamo alla nostra storia. E sì perché il nostro caro signor Miori aveva avuto a che fare con una bandiera priva delle cravatte azzurre e dello stemma Reale e sosteneva dunque che non fosse quella ufficiale e dunque con potesse esistere alcuno sfregio.
La risposta della Cassazione fu tranchant:
il tricolore attraverso il periodo epico del patrio risorgimento è divenuto il simbolo della sovranità nazionale e chi lo sfregia offende il sentimento del popolo italiano
Insomma, il tricolore è tale, scudo, coccarde e cravatte sabaude o meno
Oggi il tricolore è bandiera ufficiale come previsto dall’art. 12 della costituzione. L’azzurro è rimasto nei colori delle cerimonie solenni, nello sfondo del vessillo del Presidente della Repubblica e quale simbolo delle nazionali sportive.
Si torna al punto di partenza. Come sempre, che sia in buon inizio.
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