Furono due i provvedimenti che decretarono quella che è conosciuta come eversione dell’asse ecclesiastico.
Il regio decreto del 7 luglio 1866 n. 3036 e la legge del 15 agosto 1867 n. 3848 sancirono rispettivamente la soppressione degli ordini e delle congregazioni religiose “i quali importino vita comune ed abbiano carattere ecclesiastico” e la confisca dei beni degli enti religiosi.
L’asse della Chiesa, e cioè un patrimonio da secoli gelosamente custodito, veniva abbattuto.
Sulla scia del giurisdizionalismo, secondo cui unico proprietario di tutti i beni, compresi quelli della Chiesa, doveva essere il sovrano, ormai da una decina d’anni dilagava una politica anticlericale, che già nel 1855 aveva portato all’abrogazione del riconoscimento civile a vari ordini religiosi con conseguente incameramento dei loro beni. Anche se, a dire il vero, quella legge piemontese del 1855 aveva conservato la personalità giuridica agli ordini religiosi dediti “alla predicazione, all’educazione e all’assistenza degli infermi”, mentre il regio decreto del 1866, senza distinzione alcuna, toglieva a tutti gli ordini personalità giuridica, e di conseguenza la proprietà dei beni.
Nel 1862 poi fu varata una legge che toglieva alla Cassa ecclesiastica il possesso materiale di tutti i beni in questione, che passarono così definitivamente al Demanio dello Stato, il quale in cambio riconosceva una rendita del 5% a favore del Fondo per il culto, che avrebbe dovuto provvedere alla pensioni dei membri degli ordini soppressi.
Nel 1866, dopo il regio decreto che, tra le altre cose, serviva a pagare molti dei debiti che la terza guerra di indipendenza aveva portato con sé, i rapporti con la Sete Sede subirono però un tracollo che si sarebbe ricomposto circa sessant’anni più tardi.
Lo Stato non incamerava solo beni immobili, ma anche libri, manoscritti, opere d’arte degli enti soppressi, destinandoli a biblioteche e musei pubblici.
La Chiesa veniva così privata dei suoi beni, del patrimonio culturale di cui si riteneva detentrice, del prestigio, del potere.
Le leggi di eversione dell’asse ecclesiastico sarebbero infatti state destinate a durare a lungo, almeno fino ai Patti Lateranensi del 1929.